Ricordo che sono stati da poco delegati a Buonfiglio i rapporti con la Commissione europea, con la FAO e il Consiglio Generale della pesca del Mediterraneo (CGPM) relativamente alla pesca, all’acquacoltura e alla tutela delle risorse marine viventi, nonché la disciplina della pesca marittima e le funzioni di controllo su di essa. L'augurio è che con questa importante delega, il Sottosegretario riesca a garantire la massima attenzione alle istanze del settore ittico italiano.
RESOCONTO AUDIZIONE
Così come è stato deciso nel corso dell’incontro romano con le marinerie calabresi, siciliane, pugliesi e laziali, avvenuto lo scorso 29 aprile con l’On. Paolo Scarpa Bonazza Buora, Presidente della 9ª Commissione permanente del Senato, da sempre sensibile alle problematiche del comparto pesca, al quale erano presenti, a rappresentare la marineria eoliana, il Sindaco Bruno, il Rag. Spinella oltre alla scrivente, per discutere delle principali difficoltà del settore, si è tenuta nel pomeriggio di ieri al Senato della Repubblica l’audizione davanti alla 9ª Commissione permanente Agricoltura e Produzione Agroalimentare sulle problematiche del comparto ittico. Per la Direzione generale per la pesca marittima e l'acquacoltura erano presenti il Direttore Generale Dott. Francesco Saverio Abate e il Dirigente Dott. Cesare Tabacchini. Al centro della discussione la crisi del comparto della piccola pesca costiera ed artigianale anche a seguito del divieto di origine comunitaria di utilizzo di reti da posta derivante di lunghezza superiore ai 2,5 chilometri per la cattura delle specie cui all'allegato VIII del Regolamento CE n. 1239/98 (tonno, ala lunga, pescespada, ecc.). Se è vero, infatti, che a seguito di tali restrizioni, i proprietari e i membri dell’equipaggio delle unità abilitate a questo sistema di pesca ricevettero cospicue indennità per la riconversione dell’attività, è altrettanto vero che tale denaro venne speso per l’acquisto di nuove attrezzature, in primis la ferrettara, concessa in sostituzione delle spadare, oltre che per adeguare le unità da pesca, in altri casi per acquistare beni di prima necessità (come la casa) o per ripianare debiti pregressi. Così gli operatori del comparto si trovano ancora oggi a dovere affrontare lo stesso ostacolo: a essere proibita, infatti, è proprio la pesca di quelle specie ittiche così preziose per la cucina mediterranea e di cui tutti siamo ghiotti. Se a ciò si aggiunge il fatto che la lunghezza di tale attrezzo si riduce notevolmente in mare dato che viene calato con una tipica disposizione a "zig-zag", si capisce come ormai tale sistema di pesca sia divenuto pressoché inutilizzabile. Il primo a prendere la parola è stato proprio il Sindaco Bruno il quale ha sottolineato come le rigide regolamentazioni comunitarie sulla pesca artigianale, abbiano aperto in Sicilia, e soprattutto nelle realtà insulari, un duplice problema: da un lato, infatti, hanno aggravato di molto il quadro economico-occupazionale, già critico nella Regione; da un altro, strettamente collegato al precedente, hanno aperto la strada a nuove emergenze, a carattere sociale, a danno di tutte le categorie di lavoratori coinvolti, armatori, proprietari e marittimi. Il Sindaco ha poi sottolineato come il problema sia comune a tutte le regioni e ha invocato misure urgenti mirate all’esercizio razionale della pesca artigianale nelle acque nazionali. A seguire, una serie di interventi da parte degli stessi operatori del comparto i quali hanno “gridato”, non nascondendo rabbia e disperazione, come i problemi della pesca siano numerosi e hanno chiesto solo di poter continuare la loro attività. A prendere la parola è stato anche il Presidente dell’Associazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori della Pesca, Dott. Ivan Corea, il quale ha affermato come l’A.N.A.P.I. continuerà nel suo impegno a difesa dei pescatori autonomi e a sostegno della categoria anche nella risoluzione di tale problematica. Nel corso della stessa audizione, i componenti della IX Commissione, al di là dei gruppi politici di appartenenza, hanno dimostrato grande attenzione e anche preoccupazione rispetto ai gravissimi problemi che stanno vivendo i pescatori. Tuttavia, al di là delle belle parole e a voler essere proprio sinceri, ciò che è emerso, soprattutto dal discorso del Direttore Generale Abate, è la difficoltà in ordine alla percorribilità di qualsiasi modifica alla normativa nazionale per quanto riguarda le problematiche dibattute. La tendenza verso la quale ormai si muovono le istituzioni comunitarie e verso cui il legislatore italiano si sta necessariamente orientando, infatti, va verso tutt’altra direzione ed è chiara e inequivocabile: quella di rafforzare la competitività del settore attraverso la diversificazione delle pratiche di pesca, la promozione della “pluriattività” dei pescatori e l’incentivazione di tutte quelle iniziative volte a favorire la riconversione, la valorizzazione dei prodotti ittici e l’integrazione produttiva. A questo punto sorge spontaneo un interrogativo: sono veramente pronti i nostri pescatori a cogliere la sfida della modernità che viene dall’Ue o rischiano di rimanere vittime delle solite situazioni di sfruttamento e strumentalizzazione, o peggio di processi di esclusione territoriale e sociale, oltre che economica?
DOCUMENTO PRESENTATO DALLA DOTTORESSA FRANCESCA BASILE AL SENATO DELLA REPUBBLICA DURANTE L'AUDIZIONE DAVANTI ALLA 9ª Commissione permanente Agricoltura e Produzione Agroalimentare
Roma 06-05-2009
Signor Presidente, illustri Senatori,
gli scriventi sono grati alla IX Commissione per la convocazione di questa audizione.
Il presente documento viene presentato allo scopo di fornire ai componenti della Commissione un quadro quanto più omogeneo e partecipato della problematica.
PREMESSA
E’ ormai noto a tutti che la normativa comunitaria ha bandito le famigerate spadare nei Paesi CE dal lontano 2002. Ora, il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, adottato il 24 maggio 2006 dopo un breve negoziato con l'Unione europea e con il parere favorevole della Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura, ha rivisto, compatibilmente con la normativa comunitaria, l'utilizzo in Italia dello strumento di pesca "ferrettara", piccola rete derivante e dunque non fissata al fondo marino, concessa come attrezzo sostituivo alla "spadara" nell’ambito del piano di riconversione obbligatorio imposto dalla Commissione europea. Con il predetto decreto, lunghezza della rete e dimensioni della maglia sono state ricondotte ai limiti imposti dalla disciplina comunitaria e precisamente dal regolamento CE 1239/1998.
Tuttavia, la ferrettara, così come disciplinata dallo Stato italiano conformemente alla normativa comunitaria, per la limitata lunghezza per imbarcazione (2,5 km) che tra l'altro si riduce notevolmente in mare dato che trattasi di un sistema che viene calato con una tipica disposizione a "zig-zag", è tale da non consentire alcuna redditività alle imprese di pesca che hanno effettuato la riconversione.
I pescatori, tra l’altro, in seguito alla riconversione, hanno contratto mutui per l’acquisto delle nuove attrezzature, hanno famiglie da mantenere e la loro è esclusivamente un’attività monoreddito, in mancanza della quale viene meno ogni tipo di sostentamento che possa garantire una vita dignitosa per sé ed i loro familiari, ma quel che è peggio che possa sopperire alle esigenze di primaria necessità.
Peraltro, tali limitazioni all’utilizzo dell’attrezzo in parola, più volte denunciate dalla categoria, appaiono ingiustificate in quanto il sistema di pesca di che trattasi è un attrezzo altamente selettivo, la cui utilizzazione è limitata nel tempo e nello spazio ed è effettuata da natanti di modeste dimensioni che formano la cosiddetta "piccola pesca" ed esclusivamente per la cattura delle specie denominate ricciola, occhiata, sgombro, salpa, boga, alaccia, sardina e acciuga, non a rischio di estinzione.
La dimensione della maglia, inoltre, è tale da concentrare la cattura sulle specie target e ridurre a zero quella accidentale su specie protette, come i cetacei.
Relativamente all'utilizzo dell’attrezzo all’interno delle 10 miglia, questo aumenta la pressione sulle risorse della fascia costiera, la più delicata dal punto di vista ambientale, determinando anche una conflittualità accesa tra le unità praticanti questo tipo di pesca: una vera e propria guerra fra poveri.
Ora, la problematica di cui si dibatte investe circa 500 imbarcazioni e 2000 pescatori italiani, specie del Mezzogiorno, con altrettante famiglie ridotte alla fame, che non hanno alternative occupazionali non solo perché spesso operano in un tessuto economico ad alta densità di disoccupazione dove spesso a lavorare è solo il capofamiglia, ma anche perché spesso incontrano insormontabili difficoltà a riconvertire la loro attività.
Vista, dunque, la situazione di forte crisi, non più sostenibile, in cui versa la piccola pesca artigianale e costiera, resa ancora più pesante da altri fattori, quali ad esempio l’aumento del costo del carburante;
Considerato che non esistono nel breve o medio termine condizioni alternative di riconversione delle maestranze praticanti la piccola pesca con l'attrezzo ferrettara in altri settori;
Considerate, peraltro, le condizioni particolarmente svantaggiate, nonché l'estrema fragilità del tessuto socio-economico delle popolazioni residenti nei territori in cui si pratica ancora la pesca tradizionale con attrezzi da posta e con la ferrettara;
Considerato in particolare il carattere artigianale della pesca costiera effettuata con l'attrezzo di cui sopra per la cattura di alcune specie ittiche alla base della cucina mediterranea per i quali non esiste un pericole di estinzione;
Considerato che il carattere di specialità di tale attività si connota per il fatto che la stessa ha carattere temporaneo e limitato;
Considerato che nella stagione estiva la pesca costiera effettuata con ferrettara e attrezzi da posta è resa assai difficile dal vertiginoso incremento del traffico nautico legato alle attività turistiche e del tempo libero in genere, che si registra nelle acque di interesse dei pescatori;
Allo Stato italiano si rivolgono i pescatori delle marinerie qui presenti e le loro famiglie, per ottenere un sostegno nella rivendicazione del sacrosanto diritto al lavoro contro il grave disagio economico ed esistenziale che li ha colpiti a seguito del divieto di origine europea, attraverso gli interventi normativi che si riterranno più opportuni, al fine di tutelare allo stesso tempo le risorse marine e il diritto al lavoro degli operatori del settore.
A poco servono le misure di sostegno di natura patrimoniale e finanziaria al settore ittico per fronteggiare l’aumento del prezzo del gasolio e la crisi che ne è derivata, se poi mentre si costruisce l'Europa, si negano nel nostro Paese ad onesti lavoratori del mare i diritti più elementari contenuti nella Carta Costituzionale, quale il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa, e per di più in un momento di recessione grave e profonda.
Non dando seguito a tali legittime richieste da parte del mondo della pesca, si proseguirà inoltre sulla strada preconcetta della sostanziale chiusura del comparto.
MISURE PROPOSTE
In riferimento all'audizione odierna, si formulano di seguito una serie di proposte tendenti a risolvere le problematiche sopra esposte. Tuttavia, ci si rende disponibili per un confronto serrato e continuativo, con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali (comunitari, nazionali, regionali e territoriali), allo scopo di pervenire a soluzioni idonee a porre fine all’attuale situazione di forte crisi delle marinerie praticanti la pesca costiera ed artigianale.
In assenza di interventi tempestivi e risolutivi, tutti i presenti concordano circa la necessità di dichiarare lo stato di agitazione permanente della categoria con la partecipazione delle rispettive comunità territoriali, che hanno dimostrato, in più occasioni, la vicinanza agli operatori del comparto.
In particolare, attraverso il presente documento, si chiede di verificare la percorribilità delle deroghe alla normativa comunitaria per il nostro Stato per quanto riguarda:
1) le specifiche dimensionali della reti da posta derivanti per la piccola pesca artigianale e costiera, per tutte le motivazioni esposte in premessa e soprattutto alla luce del carattere prettamente stagionale ed artigianale di tale attività da pesca praticata nelle acque nazionali;
2) la possibilità di catturare pescespada e tunnidi non a rischio di estinzione (possibilità vietata dall'allegato VIII del regolamento CE 1239/98) anche con le reti da posta derivanti, così come avviene per altri attrezzi, quali i palangari, dato che comunque queste specie vi possono incappare accidentalmente;
3) l’eliminazione, per la pesca del tonno rosso, degli obblighi di procedura di sbarco nei porti designati se tale cattura avviene accidentalemnte con attrezzi da posta, ed in particolare con rete da imbrocco e da posta impigliante di cui alla tabella 3 allegata al Reg. CE 1799/2006;
Verificare la percorribilità delle modifiche alla normativa nazionale per quanto riguarda:
1) la possibilità di modificare le specifiche tecniche dell’attrezzo ferrettara per tutte le motivazioni esposte in premessa, prevedendo che i 2,5 Km vanno intesi calati a mare dato che la rete di che trattasi, per la sua tipica disposizione a zig zag, una volta calata si riduce di oltre la metà, non consentendo agli operatori del settore una pesca moderatamente redditizia. Tale previsione, ad esempio, potrebbe essere concessa in via eccezionale per la situazione di forte crisi in cui versa il comparto della piccola pesca costiera e considerato il non rischio per le specie bersaglio (ricciola, occhiate, sgombri, sardine) così tanto abbondanti nei nostri mari, o in via asperimentale così come previsto dallo stesso Reg. (CE) N. 894/97 e successive modifiche ove in premessa recita "considerando che, per non ostacolare la ricerca scientifica, il presente regolamento non deve applicarsi alle azioni che possono risulatare necessarie, anche accidentalemnte, per lo svolgimento di tale ricerca";
2) l’estensione dell’utilizzo dell’attrezzo ferrettara a seconda del tipo di abilitazione, prevista dalla licenza di pesca: mantenendo il limite delle dieci miglia infatti si produrrebbero disagi con altri tipi di categorie di pesca, ma soprattutto si creerebbero gravi problemi alla navigazione commerciale, diportistica e turistica;
3) la non applicazione degli adempimenti previsti dal regolamento (CE) 1559/2007 ai pescherecci praticanti la piccola pesca costiera ed artigianale con l'attrezzo ferrettara che hanno accidentalmente effettuato catture del tonno rosso; l’abolizione del limite massimo di 750 Kg per unità da pesca, come previsto dall’art. 4 del D.M. 27/07/2000, e dell’8% del pescato giornaliero;
l’ eventuale possibilità di introdurre, per le imbarcazioni abilitate alla pesca con attrezzi da posta, anche per dare seguito alle legittime richieste da parte delle marinerie non abilitate all’utilizzo dell’attrezzo ferrettara, un nuovo attrezzo, in via sperimentale, avente caratteristiche compatibili con la normativa comunitaria, che possa consentire alle imbarcazioni abilitate alla pesca costiera, l’esercizio di un’attività redditizia.
CONCLUSIONI
Auspicando che si pervenga ad una soluzione adeguata alle problematiche discusse in tempi brevi, con la collaborazione di Governo e Parlamento, e che le osservazioni sopra esposte possano trovare accoglimento, si ringraziano il Presidente e la IX Commissione per l’attenzione.
Roma 06-05-2009
Signor Presidente, illustri Senatori,
gli scriventi sono grati alla IX Commissione per la convocazione di questa audizione.
Il presente documento viene presentato allo scopo di fornire ai componenti della Commissione un quadro quanto più omogeneo e partecipato della problematica.
PREMESSA
E’ ormai noto a tutti che la normativa comunitaria ha bandito le famigerate spadare nei Paesi CE dal lontano 2002. Ora, il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, adottato il 24 maggio 2006 dopo un breve negoziato con l'Unione europea e con il parere favorevole della Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura, ha rivisto, compatibilmente con la normativa comunitaria, l'utilizzo in Italia dello strumento di pesca "ferrettara", piccola rete derivante e dunque non fissata al fondo marino, concessa come attrezzo sostituivo alla "spadara" nell’ambito del piano di riconversione obbligatorio imposto dalla Commissione europea. Con il predetto decreto, lunghezza della rete e dimensioni della maglia sono state ricondotte ai limiti imposti dalla disciplina comunitaria e precisamente dal regolamento CE 1239/1998.
Tuttavia, la ferrettara, così come disciplinata dallo Stato italiano conformemente alla normativa comunitaria, per la limitata lunghezza per imbarcazione (2,5 km) che tra l'altro si riduce notevolmente in mare dato che trattasi di un sistema che viene calato con una tipica disposizione a "zig-zag", è tale da non consentire alcuna redditività alle imprese di pesca che hanno effettuato la riconversione.
I pescatori, tra l’altro, in seguito alla riconversione, hanno contratto mutui per l’acquisto delle nuove attrezzature, hanno famiglie da mantenere e la loro è esclusivamente un’attività monoreddito, in mancanza della quale viene meno ogni tipo di sostentamento che possa garantire una vita dignitosa per sé ed i loro familiari, ma quel che è peggio che possa sopperire alle esigenze di primaria necessità.
Peraltro, tali limitazioni all’utilizzo dell’attrezzo in parola, più volte denunciate dalla categoria, appaiono ingiustificate in quanto il sistema di pesca di che trattasi è un attrezzo altamente selettivo, la cui utilizzazione è limitata nel tempo e nello spazio ed è effettuata da natanti di modeste dimensioni che formano la cosiddetta "piccola pesca" ed esclusivamente per la cattura delle specie denominate ricciola, occhiata, sgombro, salpa, boga, alaccia, sardina e acciuga, non a rischio di estinzione.
La dimensione della maglia, inoltre, è tale da concentrare la cattura sulle specie target e ridurre a zero quella accidentale su specie protette, come i cetacei.
Relativamente all'utilizzo dell’attrezzo all’interno delle 10 miglia, questo aumenta la pressione sulle risorse della fascia costiera, la più delicata dal punto di vista ambientale, determinando anche una conflittualità accesa tra le unità praticanti questo tipo di pesca: una vera e propria guerra fra poveri.
Ora, la problematica di cui si dibatte investe circa 500 imbarcazioni e 2000 pescatori italiani, specie del Mezzogiorno, con altrettante famiglie ridotte alla fame, che non hanno alternative occupazionali non solo perché spesso operano in un tessuto economico ad alta densità di disoccupazione dove spesso a lavorare è solo il capofamiglia, ma anche perché spesso incontrano insormontabili difficoltà a riconvertire la loro attività.
Vista, dunque, la situazione di forte crisi, non più sostenibile, in cui versa la piccola pesca artigianale e costiera, resa ancora più pesante da altri fattori, quali ad esempio l’aumento del costo del carburante;
Considerato che non esistono nel breve o medio termine condizioni alternative di riconversione delle maestranze praticanti la piccola pesca con l'attrezzo ferrettara in altri settori;
Considerate, peraltro, le condizioni particolarmente svantaggiate, nonché l'estrema fragilità del tessuto socio-economico delle popolazioni residenti nei territori in cui si pratica ancora la pesca tradizionale con attrezzi da posta e con la ferrettara;
Considerato in particolare il carattere artigianale della pesca costiera effettuata con l'attrezzo di cui sopra per la cattura di alcune specie ittiche alla base della cucina mediterranea per i quali non esiste un pericole di estinzione;
Considerato che il carattere di specialità di tale attività si connota per il fatto che la stessa ha carattere temporaneo e limitato;
Considerato che nella stagione estiva la pesca costiera effettuata con ferrettara e attrezzi da posta è resa assai difficile dal vertiginoso incremento del traffico nautico legato alle attività turistiche e del tempo libero in genere, che si registra nelle acque di interesse dei pescatori;
Allo Stato italiano si rivolgono i pescatori delle marinerie qui presenti e le loro famiglie, per ottenere un sostegno nella rivendicazione del sacrosanto diritto al lavoro contro il grave disagio economico ed esistenziale che li ha colpiti a seguito del divieto di origine europea, attraverso gli interventi normativi che si riterranno più opportuni, al fine di tutelare allo stesso tempo le risorse marine e il diritto al lavoro degli operatori del settore.
A poco servono le misure di sostegno di natura patrimoniale e finanziaria al settore ittico per fronteggiare l’aumento del prezzo del gasolio e la crisi che ne è derivata, se poi mentre si costruisce l'Europa, si negano nel nostro Paese ad onesti lavoratori del mare i diritti più elementari contenuti nella Carta Costituzionale, quale il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa, e per di più in un momento di recessione grave e profonda.
Non dando seguito a tali legittime richieste da parte del mondo della pesca, si proseguirà inoltre sulla strada preconcetta della sostanziale chiusura del comparto.
MISURE PROPOSTE
In riferimento all'audizione odierna, si formulano di seguito una serie di proposte tendenti a risolvere le problematiche sopra esposte. Tuttavia, ci si rende disponibili per un confronto serrato e continuativo, con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali (comunitari, nazionali, regionali e territoriali), allo scopo di pervenire a soluzioni idonee a porre fine all’attuale situazione di forte crisi delle marinerie praticanti la pesca costiera ed artigianale.
In assenza di interventi tempestivi e risolutivi, tutti i presenti concordano circa la necessità di dichiarare lo stato di agitazione permanente della categoria con la partecipazione delle rispettive comunità territoriali, che hanno dimostrato, in più occasioni, la vicinanza agli operatori del comparto.
In particolare, attraverso il presente documento, si chiede di verificare la percorribilità delle deroghe alla normativa comunitaria per il nostro Stato per quanto riguarda:
1) le specifiche dimensionali della reti da posta derivanti per la piccola pesca artigianale e costiera, per tutte le motivazioni esposte in premessa e soprattutto alla luce del carattere prettamente stagionale ed artigianale di tale attività da pesca praticata nelle acque nazionali;
2) la possibilità di catturare pescespada e tunnidi non a rischio di estinzione (possibilità vietata dall'allegato VIII del regolamento CE 1239/98) anche con le reti da posta derivanti, così come avviene per altri attrezzi, quali i palangari, dato che comunque queste specie vi possono incappare accidentalmente;
3) l’eliminazione, per la pesca del tonno rosso, degli obblighi di procedura di sbarco nei porti designati se tale cattura avviene accidentalemnte con attrezzi da posta, ed in particolare con rete da imbrocco e da posta impigliante di cui alla tabella 3 allegata al Reg. CE 1799/2006;
Verificare la percorribilità delle modifiche alla normativa nazionale per quanto riguarda:
1) la possibilità di modificare le specifiche tecniche dell’attrezzo ferrettara per tutte le motivazioni esposte in premessa, prevedendo che i 2,5 Km vanno intesi calati a mare dato che la rete di che trattasi, per la sua tipica disposizione a zig zag, una volta calata si riduce di oltre la metà, non consentendo agli operatori del settore una pesca moderatamente redditizia. Tale previsione, ad esempio, potrebbe essere concessa in via eccezionale per la situazione di forte crisi in cui versa il comparto della piccola pesca costiera e considerato il non rischio per le specie bersaglio (ricciola, occhiate, sgombri, sardine) così tanto abbondanti nei nostri mari, o in via asperimentale così come previsto dallo stesso Reg. (CE) N. 894/97 e successive modifiche ove in premessa recita "considerando che, per non ostacolare la ricerca scientifica, il presente regolamento non deve applicarsi alle azioni che possono risulatare necessarie, anche accidentalemnte, per lo svolgimento di tale ricerca";
2) l’estensione dell’utilizzo dell’attrezzo ferrettara a seconda del tipo di abilitazione, prevista dalla licenza di pesca: mantenendo il limite delle dieci miglia infatti si produrrebbero disagi con altri tipi di categorie di pesca, ma soprattutto si creerebbero gravi problemi alla navigazione commerciale, diportistica e turistica;
3) la non applicazione degli adempimenti previsti dal regolamento (CE) 1559/2007 ai pescherecci praticanti la piccola pesca costiera ed artigianale con l'attrezzo ferrettara che hanno accidentalmente effettuato catture del tonno rosso; l’abolizione del limite massimo di 750 Kg per unità da pesca, come previsto dall’art. 4 del D.M. 27/07/2000, e dell’8% del pescato giornaliero;
l’ eventuale possibilità di introdurre, per le imbarcazioni abilitate alla pesca con attrezzi da posta, anche per dare seguito alle legittime richieste da parte delle marinerie non abilitate all’utilizzo dell’attrezzo ferrettara, un nuovo attrezzo, in via sperimentale, avente caratteristiche compatibili con la normativa comunitaria, che possa consentire alle imbarcazioni abilitate alla pesca costiera, l’esercizio di un’attività redditizia.
CONCLUSIONI
Auspicando che si pervenga ad una soluzione adeguata alle problematiche discusse in tempi brevi, con la collaborazione di Governo e Parlamento, e che le osservazioni sopra esposte possano trovare accoglimento, si ringraziano il Presidente e la IX Commissione per l’attenzione.