Lettera aperta sulla annosa questione di Marina Corta di Pietro Lo Cascio
Dopo avere letto del degrado che caratterizza in modo “scientifico” l’area di Marina Corta illustrato da Mimmo Ziino in una lettera inviata alla stampa locale, credo non sia supefluo manifestare solidarietà nei confronti di chi si è assunto l’impegno di una denuncia lucida e onesta, dote rara in una cultura personalistica e vendicativa come la nostra, e lo fa con il coraggio della propria firma.
Ma alla dovuta solidarietà vorrei aggiungere qualche breve considerazione. Non credo che Marina Corta sia il bersaglio di una deliberata strategia distruttiva, magari maturata sul rancore di qualche fischio ricevuto in campagna elettorale che, del resto, rappresentava il giudizio popolare sulla politica della amministrazione uscente (e poi rientrante) verso quella piazza, quei luoghi. Forse il suo attuale stato di abbandono rappresenta, semplicemente, il massimo che questa amministrazione comunale può dare. Per questo tralascio l’elenco delle cose mai fatte, anche se più volte promesse, già illustrato puntualmente da Mimmo Ziino. Vorrei parlare, piuttosto, dei metodi ormai divenuti sistema nella gestione della cosa pubblica e nel rapporto con le legittime istanze dei cittadini, dei quali certamente Marina Corta costituisce un esempio eloquente. I principi fondamentali che regolano questo rapporto sembrano divenuti quattro: divisione, sospetto, assenza, assuefazione.
La cultura del dividere porta a una frammentazione fratricida tra potenziali portatori di interessi comuni, che dovrebbero agire uniti a sostegno delle proprie istanze, ma che invece si escludono pregiudizialmente a vicenda. Così accade che se si chiede o si ottiene un incontro, è meglio che qualcuno poco gradito non sia presente, perché potrebbe pregiudicarne l’esito; se un gruppo di esercenti raccoglie firme, altri gruppi si ritirano in buon ordine, come se la cosa non li riguardasse più, sebbene lamentino il medesimo problema; e se per esempio un’iniziativa parte dagli esercenti, è quasi scontato che tra i pescatori circoli subito la voce di una qualche trama ordita a loro danno. Questo non si può ovviamente imputare a chi amministra, poiché è evidente come il difetto stia alla base, ma certamente chi amministra uno scontento generale ne può soltanto beneficiare, perché la divisione aiuta a frammentare e insonorizzare il dissenso.
La cultura del sospetto è spesso funzionale a quella della divisione. Siamo al paradosso che, se un magistrato sequestra dei cassoni per verificare il loro contenuto, il problema non è il rischio del futuro cedimento di una banchina portuale, ma il fatto che in questo paese si aggirino ancora dei pericolosi comunisti e ambientalisti, peraltro amici dei magistrati: una vera jattura per la nostra società contemporanea. Per diffondere il sospetto, basta alterare la realtà dei fatti, magari con due chiacchere informali, senza lasciare tracce.
Poi, la strategia dell’assenza. Assenza fisica dai luoghi direttamente interessati, come lamenta giustamente Ziino, ma anche da quelli deputati alla discussione e alla soluzione dei problemi. Sottrarsi a un confronto è più facile che affrontarlo, e se questo è rappresentato da ottanta firme di cittadini che chiedono di trattare prioritariamente l’argomento Marina Corta, beh, è molto meglio non presentarsi (come è accaduto nel consiglio comunale del 29 aprile). Potrei elencare decine tra appelli, lettere, interrogazioni e autoconvocazioni presentate durante gli ultimi due anni dai colleghi della minoranza e dal sottoscritto sulla questione di Marina Corta; nessuna ha mai ricevuto risposte concrete e, peggio ancora, nessuna è stata seguita da fatti.
Infine, l’assuefazione. Se un “decoro” urbano squalificante, se i cumuli di spazzatura seminascosti sulla banchina, se le migliaia di euro di spurgo pressoché quotidiano spesi per la fogna che zampilla, se la promessa e mancata realizzazione di una qualsiasi struttura di richiamo turistico e sociale a Marina Corta sono costantemente sotto gli occhi di tutti, prima o poi ci si abitua. Finiremo per pensare che non può esserci altro che questo, un paesaggio post-atomico, e attrezzarci di conseguenza. In questo senso, l’interventismo concretizzatosi prima di Pasqua con il pavimento di marmo spazzolato e le fioriere ordinate in fila crea un pericoloso effetto “boomerang”, quasi un segno di bonaria attenzione che rischia di destare speranze sopite. O forse, si tratta solo di un momento di distrazione.
Pietro Lo Cascio
consigliere comunale di Sinistra Democratica
gruppo consiliare “Eolie nel Cuore”