Chissà quanti ragazzi in età scolare, se domandassimo quale festa sia il 2 Giugno e perché si celebri, saprebbero rispondere. Chissà se qualche insegnante ha loro spiegato che le loro bisnonne, allora, andarono a votare per la prima volta, forse subendo umiliazioni, maltrattamenti o percosse da parte degli uomini. Chissà se comprenderebbero, pur sapendo, che il 2 Giugno del 1946 è una delle date più importanti della nostra travagliata storia.
Quel referendum che scelse fra monarchia e repubblica ha cambiato radicalmente il nostro percorso e il nostro presente. L’Italia usciva da una guerra, non voluta dal popolo, che lasciava occhi senza lacrime e famiglie senza pane. Eppure, in quella catastrofe, nessuno ebbe dubbi sull’andare o meno alle urne. Nessuno schieramento esortava a scegliere di restare a casa. Tutti conoscevano bene l’impossibilità di votare, di parlare, di scrivere, di leggere. Tutti risentivano, o conoscevano per la prima volta, il sapore meraviglioso della parola LIBERTÀ dopo ventiquattro anni di fascismo.
I superficiali potrebbero obiettare che i referendum dell’otto Giugno non hanno la stessa importanza. Niente di più sbagliato. In ogni votazione democratica, di qualunque natura sia – politica, amministrativa o referendaria – il segno sulla scheda si traccia ricordando e onorando coloro che per questa libertà hanno dato la vita. Qualunque sia la vostra scelta non importa, ma scegliete; non delegate altri a farlo per voi. La democrazia, come la Fede, non si ottiene una volta per tutte: si alimenta e si difende ogni giorno e non è affatto scontata.Dante, nella sua “Comedia”, colloca i pavidi nell’Antinferno e li definisce “coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”, che in vita non hanno mai preso posizione, che l’Apocalisse chiama tiepidi, né caldi né freddi. Questa società totalmente deresponsabilizzata cerca proprio questo: normalizzare tutto, renderci insensibili e capaci di fagocitare ogni cibo, per quanto tossico. La vera rivoluzione civile avviene nel seggio elettorale con la più forte arma della democrazia: il voto.
Francesco Coscione