L’isola di Salina è elegante, ma senza sfarzi. Verde e rigogliosa come nessun’altra. Il suo nome deriva dal laghetto salato in località Lingua dal quale si estraeva il sale per la conservazione del cibo. I greci la chiamavano Didyme, “gemelle”, per via delle sue due montagne. Un attrezzato porto turistico, a Santa Marina, accoglie yacht di varie dimensioni, mentre ad un centinaio di metri il molo degli aliscafi garantisce i collegamenti turistici. Raggiungere l’isola è abbastanza semplice. Vi consigliamo di partire con l’aliscafo da Palermo o Reggio Calabria (città facilmente raggiungibili con l’aereo), oppure da Milazzo e Messina. Se decidete di alloggiare a Malfa o a Santa Marina, scegliete hotel o bed & breakfast nella parte più alta. La fatica delle salite a piedi sarà certamente ripagata da una vista unica su Lipari, Panarea e Stromboli, tra filari di malvasia e coltivazioni di capperi
Sulle orme del Postino. Quando si esce dall’aliscafo, refrigerato con l’aria condizionata, si viene subito avvolti dal vento fresco che stempera i raggi del sole sulla pelle. Santa Marina è un paese semplice dove si percepisce la sua anima marinara. Eppure non mancano eleganti e costosi negozi dove acquistare le ceramiche artistiche, drappi orientali e oggetti fatti a mano da artigiani locali. Via Risorgimento non è un vero e proprio corso, ma è qui che si trovano i negozi e buona parte dei servizi, compreso l’ufficio postale, aperto solo tre giorni a settimana. Non è lo stesso in cui fu girato il Postino, ultima commuovente pellicola di Massimo Troisi, che ha avuto Salina come principale set. In un angolo del porto una bicicletta d’epoca, incastonata in una parete di cartongesso che riproduce la locandina del film, ce lo ricorda. Un piccolo memoriale istallato per i 20 anni dalla scomparsa dell’attore. In località Pollara sono state girate le scene nella casa di Neruda, edificio privato che «si può visitare solo se il cancello è aperto», come spiegano nel bar vicino. Poco più in là c’è la costiera con la famosa spiaggia, oggi soprannominata “Cala Troisi”, raggiungibile solo via mare. Nel piazzale della chiesa di Pollara ci sono Massimo Troisi e Neruda – alias Philippe Noiret – intenti a guardarsi, seduti su una panchina di pietra, quasi a rappresentare due mondi lontani che solo davanti a questo mare potevano incontrarsi. Per raggiungere Pollara da Santa Marina e Malfa è necessario affittare un’auto, un motorino o strani tricicli con due ruote davanti e una dietro. Si sale da Malfa fin dentro i parco naturale, lungo il fianco del Monte dei Porri, poi si ridiscende verso Pollara. Qui fermatevi un attimo a respirare il vento e a godere di un magnifico paesaggio (soprattutto al tramonto) sul faraglione dalla cima dell’anfiteatro di quella che fu una bocca vulcanica, collassata nel mare.
Dal mare blu. Per vivere il mare a Salina ed evitare piccole spiagge di scomodi ciottoli, vi consigliamo di trasformarvi in provetti marinai e affittare un piccolo motoscafo. I prezzi vanno dagli 80 euro in su per una giornata (carburante escluso, e qui la benzina costa). Ma se timonare non fa per voi, potrete comunque salire sulle varie imbarcazioni che ogni giorno organizzano tour dell’isola della durata di circa tre ore, con tanto di soste per un bagno nelle calette più belle, compresa quella di Pollara. Il costo è di 25 euro a persona. Nella gita mattutina è possibile – sulla maggior parte delle barche – anche pranzare con l’aggiunta di 10 euro. Un piatto di pasta all’ “eoliana” (pesce azzurro, capperi e profumi) e un caffè. Non dimenticate maschera e boccaglio.
A spasso tra montagne e musei. Anche gli appassionati di trekking saranno accontentati. Vari itinerari escursionistici permettono di addentrarsi, senza non poche difficoltà, all’interno dell’isola. Il percorso più affascinante è certamente quello che sale da Santa Marina al Monte Fossa delle Felci. Non perdetevi, infine, un giro nei tre musei dell’isola. Il più importante è quello di Lingua, dove è possibile scoprire la storia dell’isola, gli elementi vulcanici del territorio e i resti preistorici rinvenuti. A Santa Marina, invece, è possibile ammirare, nell’edificio del Municipio, il piccolo museo del vino, dove scoprire i segreti della produzione della Malvasia. A Malfa, invece, c’è il Museo dell’Emigrazione, con testimonianze cartacee e visive del processo migratorio dalle Eolie verso le Americhe e l’Australia.
Metti una sera a cena… Mangiare male a Salina è praticamente impossibile. A pranzo non può mancare il pane “cunzato”, la tipica focaccia farcita. Si può condire con qualsiasi cosa, l’importante è che non manchi il pomodoro schiacciato. Ottima se farcita con alici, capperi e un goccio d’olio d’oliva. La migliore è quella preparata dalla bottega senza insegne a ridosso della chiesa all’inizio del lungomare. La sera, invece, sono vari i ristoranti dove gustare i piatti della tradizione eoliana, talvolta rivisitati. Il miglior ristorante è certamente “Mamma Santina”. Dalla terrazza si possono godere i colori del tramonto mentre si gustano i piatti a base di pesce. Specialità della casa, però, sono gli spaghetti alle 14 erbe, un pesto che racchiude tutti i sapori dell’isola e del Mediterraneo. Prezzi un po’ alti. Altro ristorante degno di nota è il “Tinkitè”, sempre a Santa Marina. Il ristorante – il cui nome evoca l’abbondanza – si snoda tra gli spazi aperti di un hotel. Se prenotate qui e viaggiate in coppia, chiedete di poter mangiare sulla terrazza. Niente luci e solo lume di candela. La vista su Lipari è mozzafiato. Il ristorante propone i piatti della cucina eoliana, rivisitati abilmente dallo chef. Imperdibile, come dolce, il semifreddo ai capperi. Una prelibatezza. Il servizio, però, non è risultato sempre all’altezza.
Stromboli, il vulcano e la sua Sciara
Arrivare a Stromboli è un po’ come immergersi in un’altra dimensione. L’impatto può essere violento per chi non conosce l’isola. Stretta tra il vulcano e il mare in un rapporto ancestrale, la cittadina non ha strade dove corrono le auto, ma piccoli e stretti vicoli dove possono camminare solo le Ape della Piaggio, i motorini, le bici e i veicoli elettrici normalmente utilizzati sui campi da golf del continente (anche i carabinieri ne hanno uno). Rispetto a Salina, a Stromboli tutto è molto più spartano. Ad angoli ben curati, si alternano zone trascurate (soprattutto sul lungomare nei pressi del molo). E poi ovunque cartelli che avvisano popolazione e turisti dei pericoli del maremoto. Qui, nel 2002 un’onda di più di 10 metri, provocata dalla frana in mare della sciara del vulcano, si è abbattuta sul lungomare di Stromboli. Nessuna vittima, fortunatamente, ma molti danni. Dopo quasi 14 anni da quell’evento segni non ne sono rimasti, se non la tendenziale diffidenza a costruire abitazioni davanti alle spiagge e quei cartelli che indicano, in caso di terremoto o suono delle sirene, di fuggire lungo appositi percorsi verso i centri di raccolta. Ma se non fosse per i cartelli e per la cima fumante del vulcano, segni della viva terra in questo periodo non sono percettibili.
Le nere spiagge dell’isola. A Stromboli non mancano le spiagge, nere come la pece. Alcune sono attrezzate ma senza pretese. Più raffinati i locali intorno alla spiaggia di Ficogrande. Qui c’è anche un piccolo circolo velico dove è possibile affittare derive di varie dimensioni, per navigare senza il rumore del motore nelle acque turchesi, fino a raggiungere le rocce di Strombolicchio. Se cercate, invece, più riservatezza, potete camminare verso nord-ovest lungo via Regina Elena. Qui, sulla destra, troverete – un po’ nascoste – varie piccole calette. Alla fine dell’abitato c’è, invece, la Spiaggia Lunga, poco frequentata.
Il vulcano, dal mare. Per capire Stromboli è necessario concedersi un giro in barca accompagnati da marinai del posto. Su piccoli gozzi in cinque o dieci persone si possono scoprire i segreti di un’isola unica. Ad iniziare da Punta del Monaco, zona relativamente pianeggiante un tempo regno della Malvasia. «Oggi la vedete così, brulla e con sterpaglie. Prima del 1930 era ricca di ulivi e vigneti», spiega un pescatore del posto. «Qui si faceva la migliore Malvasia, poi il vulcano e i parassiti hanno distrutto tutto e molti sono andati via». In barca è possibile raggiungere Ginostra, il piccolo borgo marinaro di 30 anime. Ci sono solo case bianche, drappi candidi e bouganville. E, immancabile una leggera brezza che spezza il silenzio. Un piccolo spaccio vende quello che serve per mangiare e beni di prima necessità. Tutto il resto è superfluo. Sempre in banca, si raggiunge la sciara attiva che scivola lentamente in mare verso nord-ovest. Qui l’acqua turchese e il paesaggio lunare valgono l’intera vacanza. Dall’acqua si possono ammirare le varie esplosioni che avvengono in cima o sui fianchi. In genere sabbia, soffiata in cielo. E le rocce che precipitano dall’alto fino in mare, con grandi spruzzi. Non rimane che tuffarsi in acqua nei pressi delle rocce di Strombolicchio, dopo aver ammirato il “guardiano” dello scoglio, il profilo di un uomo disegnato dal vento e dal mare sulla roccia, quasi a voler indicare che lì non si può salire. Tornando verso l’isola da Strombolichio si percepisce meglio la forma dell’isola, quasi circolare. E proprio dalla sua forma che deriva il suo nome. I greci lo chiamavano Strongyl, cioè “rotondo”.
Strombolicchio
Stromboli e le tenebre. Di sera Stromboli è avvolta dalla tenebre. L’illuminazione pubblica non esiste e il buio è interrotto solo dalle luci delle verande delle case private o dei locali. «L’elettricità, qui, è arrivata solo 15 anni fa», spiega una commerciante. «Abbiamo una centrale elettrica e siamo autonomi. Ma quando l’Enel ha iniziato a realizzare l’impianto di illuminazione pubblica, ci sono state molte proteste. Gli abitanti vogliono conservare l’aspetto autentico dell’isola». Così si gira con le torce anche nel paese. Oppure si cammina nel buio sotto un tetto di stelle incredibilmente luminose. Anche senza la luna, forniscono quel poco di chiarore che basta per orientarsi. È sufficiente far abituare un po’ gli occhi.
Mangiare, all’insegna della tradizione. Anche a Stromboli la cucina non delude. Molti ristoranti sono curati e presentano piatti gustosi. I menu sono più semplici rispetto a Salina, più legati alla tradizione marinara. Vi consigliamo il Ristorante Punta Lena, non lontano dalla spiaggia di Ficogrande, su una terrazza in riva al mare, che guarda verso lo Strombolicchio. I piatti sono quelli della tradizione eoliana e siciliana. Ottimi gli spaghetti alla Strombolana con capperi, acciughe e tonno, ricoperti da una favolosa “mollica”. Il servizio è impeccabile e un’atmosfera decisamente rilassata, anche quando non rimangono tavoli vuoti.