(DA OSSERVATORIO SICILIA) Le nostre più fosche previsioni sulla vicenda Tirrenia/Siremar si stanno rilevando esatte e la fumata nera di ieri in Prefettura a Palermo sembra proprio un fil letto e riletto dal titolo eloquente: “Alitalia”.
Prima di entrare nel merito della questione trattata, si fa per dire, in Prefettura (chissà poi perché politica e società civile si rivolge al prefetto quando è notorio che questi è una figura incostituzionale in Sicilia), cerchiamo di capire il crac Tirrenia.
Che la società statale sia stata utilizzata come ammortizzatore sociale da tutti i governi italiani senza distinzioni di colore politico è cosa risaputa, così come è risaputa e certificata da relazioni ministeriali e della Corte dei Conti, la storia di una gestione “allegra” e feudale di quanti fin qui guidata …
Il Gruppo Societario Tirrenia è gravato da debiti per circa Euro 900 milioni ma quello che tutti i responsabili politici fanno finta di ignorare è che circa 750 milioni sono dovuti essenzialmente alla deleteria politica dei ritardi nei trasferimenti dello stato a Tirrenia.
Un andazzo che dura da decenni al quale Tirrenia ha dovuto trovare rimedio per il “vivere quotidiano” e continuare a svolgere i servizi di collegamento a carattere sociale,che non avrebbe potuto garantire senza i trasferimenti dello stato attraverso mutui e fidi bancari perché appariva ovvio che non poteva assolutamente gestire i servizi a pareggio di bilancio attraverso i soli proventi.
Ecco quindi che alle colpe dello stato si aggiungono quelle della dirigenza Tirrenia che invece di pretendere dallo stato il rispetto di accordi economici e regolarità nei trasferimenti economici, ha chiuso gli occhi e acceso mutui bancari che, è ipotizzabile, hanno creato la sofferenza a 750 milioni di euro mentre il rimanente importo di 150 milioni può essere riferito all’ammortamento pluriennale del costo delle nuove costruzioni.
Importi così considerevoli lasciano intuire che il Gruppo abbia offerto in garanzie i propri beni (navi, aliscafi e immobili di proprietà quale potrebbe essere il Palazzo di Via Rione Sirignano a Napoli).
Va da se quindi che il Ministro Tremonti avrebbe l‘obbligo di coprire tale gap economico con un apposito titolo di spesa da inserire nella finanziaria.
Sembra invece che il governo si stia orientando verso una soluzione Alitalia perché in fin dei conti Tirrenia per la politica, è stata come l’Alitalia, un feudo.
Avanti quindi con la bad company e con la creazione di un good company per gli amici del quartierino che da tempo sembra stiano intorno alla seconda grande torta italiana.
La storia è maestra di insegnamenti, anche quella recente di Alitalia – CAI, ma ha anche corsi e ricorsi. Il tanto opinabile scudo fiscale sta producendo entrate insperate da cui potere trarre le risorse, sanare il Gruppo e indire poi la gara d’appalto. C’è anche il tempo per tale percorso perché la chiusura del cerchio, ovvero la privatizzazione del gruppo, dovrà entro il mese di settembre 2010.
In tale maniera si otterrebbe il massimo ricavo attraverso gara d’appalto
Ci vorrebbe l’onestà intellettuale e la volontà di operare le scelte coraggiose che il popolo si attende, ma siamo in Italia, uno stato governato dalle lobbie delle banche, dai finanzieri, dalle assicurazioni, dagli industriali del nord (vedi FIAT) e i furbetti del quartierino sono molto sentiti dalla politica che dipende ciecamente da loro.
Il torrente Tirrenia non può non travolgere anche Siremar ed il suo futuro assetto. Sembra infatti che ci sia l’intenzione di alienare il Mt Simone Martini, impiegato nella linea Trapani – I. Egadi. Questa vendita dovrebbe, se confermata, far quadrare i conti per la gestione operativa Siremar 2010.
Infatti, l’art. 3, titolato “Convenzione”, punto 2, dell’Accordo di Programma del 03 novembre 2009 tra il Governo e la Regione Sicilia si prevede uno stanziamento annuo pari a 55.694.895,00 euro, a fronte di un preventivo di costi di gestione di circa settanta milioni.
L’importo di cui all’art. 3 viene riproposto all’art. 4 sotto il titolo “fondi per l’esercizio”.
Ciò dimostrerebbe l’incapacità della politica di dimostrare lungimiranza e competenza ma soprattutto dimostrerebbe come la politica quando si trova davanti a problemi di grande importanza trovi sempre scappatoie per favorire i soliti furbi.
Per sopperire all’esigenza di fa quadrare i conti visto che lo stato dopo aver dissestato il Gruppo pretende tratte sociali senza pagare il dazio, cioè senza fornire adeguate contropartite economiche, bisognerebbe operare in modo fare economia con il buon senso.
Si dovrebbe quindi pensare ad un serio utilizzo dei mezzi riducendo nel periodo invernale le corse settimanali al numero oggettivamente e realmente necessario con la reintroduzione delle soste tecniche infrasettimanali, così come ad inizio anni ‘80 (Trapani – Pantelleria e Porto Empedocle – I. Pelagie 4 corse settimanali), ipotizzare di ridurre le corse del traghetto anche da Palermo per Ustica da 7 a 4 la settimane, e in ogni caso assicurare il collegamento nei casi in cui quello con aliscafo venisse a mancare.
Lo stesso discorso vale per le Isole Egadi, dove si potrebbe ridurre a 2 le corse settimanali per Marettimo e introdurre la sosta domenicale del traghetto, garantendole in caso di fermo aliscafo. Identica valutazione per i collegamenti con le Isole Eolie.
Ed ancora, ridisegnare il collegamento di linea con Pantelleria, spostando tutto l’anno il capolinea da Trapani a Mazara del Vallo, con itinerari orari e intermodalità di trasporto pubblico da e per Trapani ad hoc per i Panteschi.
In questo caso i costi di gestione della linea si ridurrebbero di circa un terzo.
Questa ipotesi sicuramente incontrerebbe l’opposizione di qualche politico poco accorto e sensibile al proprio feudo ma a questi bisognerebbe ricordare la scelta oculata di circa vent’anni fa di spostare su Milazzo il capolinea dei traghetti con le Isole Eolie.
Mazara, come Milazzo per le Eolie, è l’approdo più vicino da raggiungere da Pantelleria. Ecco quindi che spostare la Linea Trapani/Pantelleria su Mazara comporterebbe la riduzione dei costi e un beneficio per l’economia derivante dall’indotto.
Ciò eviterebbe la ventilata cessione del Simone Martini che dovrà essere soggetto ad adeguamento della doppia carena (adeguamento dovuto alla tutela ambientale), con una spesa stimabile intorno ad Euro 900.000 ovviamente a carico Siremar.
E se la vendita è in previsione sarà effettuata prima di tale ingente spesa oppure prima ? Questa ventilata vendita della nave Simone Martini può essere un mezzo per allarmare il governo regionale così da convincerlo a finanziare con proprie risorse la differenza tra quanto mette a disposizione Roma e quanto effettivamente serve per la gestione di Siremar nel 2010?
Misteri.
Rimane comunque incomprensibile come mai fino ad oggi non si è pensato ad un utilizzo diverso dell’attuale di quelle unità che invece si pensa di alienare.
Ed infine. L’orizzonte si fa scuro anche per le vertenze con il personale che è in procinto di adire per le vie legali per il riconoscimento dei proprio diritti.
Anche a questo si potrebbe dare una soluzione dando corso alle promozioni per cui la stragrande maggioranza dei dipendenti Siremar ha protestato.
Anche nella questione Siremar necessiterebbe che introno al tavolo si sedessero persone competenti in finanza ed amministrazione di società e non solo politici che di finanza ed amministrazione e gestione societaria non ne capiscono nulla.
Sarebbe necessario in definitiva che nella soluzione della questione Tirrenia si mettessero in campo competenza della politica ed indipendenza di questa rispetto ai furbetti del quartierino, competenza amministrativa, finanziaria e gestionale e, cosa non di poco conto, umiltà e buon senso.