c) Attesa non è fare la spesa Avvento è il tempo di attesa, che noi abbiamo ridotto solo a preparazione al Natale, ed è diventato così il tempo dei regali, degli ingorghi di traffico nelle città, spesso degli scioperi, sicuramente dei mercatini e dei consumi.
Complice la fine dell’anno, il freddo inverno, la vacanza dalla scuola, la necessità di fare l’inventario in ogni luogo di stoccaggio delle merci, la riscossione della tredicesima, laddove ancora non è scomparsa a causa della precarietà. Complice anche una serie di sentimenti tenui che si sviluppano per tradizione verso i bambini che diventano oggetto di regali, di giocattoli, che assumono il senso spesso del potersi far perdonare la trascuratezza abituale nei loro confronti o verso i genitori o i nonni per cancellare qualche cattiva coscienza di abbandono o per significare un minimo di gratitudine.
Per rispondere a queste complicità l’industria del consumo si è attrezzata al massimo. Non c’è un altro momento di origine religiosa che sia stato così ben sfruttato ai livelli commerciali quanto il Natale. Molte produzioni vivono quasi esclusivamente solo per questa stagione: le fabbriche di panettoni, tutta l’arte statuaria dei presepi, le ditte di addobbi soft, la produzione di piante e fiori ornamentali, come le stelle di Natale…
Le tradizioni nate da significati religiosi profondi sono a poco a poco diventate vere e proprie operazioni commerciali, tanto che oggi l’unico che viene dimenticato in questo incrocio di regali è proprio il festeggiato. E’ il classico caso in cui il consumo ha scippato il significato fondamentale della festa. Non saremmo corretti se non registrassimo anche una compattazione della famiglia, una ritrovata gioia di state insieme, lo notano gli stessi giovani che forse percepiscono solo questo momento di spiritualità; lo chiedevo al liceo scientifico in questi giorni; per altri è la partecipazione molto sentita alle pratiche religiose.
La notte di Natale vede spesso il massimo di partecipazione della gente a una azione liturgica e di visitatori alle sacre rappresentazioni del Natale. Tutto però sembra inscrivibile in un atteggiamento più da consumo che da conversione. L’attesa allora diventa soltanto fare la spesa: di regali, di emozioni, di buoni sentimenti.
Complice la fine dell’anno, il freddo inverno, la vacanza dalla scuola, la necessità di fare l’inventario in ogni luogo di stoccaggio delle merci, la riscossione della tredicesima, laddove ancora non è scomparsa a causa della precarietà. Complice anche una serie di sentimenti tenui che si sviluppano per tradizione verso i bambini che diventano oggetto di regali, di giocattoli, che assumono il senso spesso del potersi far perdonare la trascuratezza abituale nei loro confronti o verso i genitori o i nonni per cancellare qualche cattiva coscienza di abbandono o per significare un minimo di gratitudine.
Per rispondere a queste complicità l’industria del consumo si è attrezzata al massimo. Non c’è un altro momento di origine religiosa che sia stato così ben sfruttato ai livelli commerciali quanto il Natale. Molte produzioni vivono quasi esclusivamente solo per questa stagione: le fabbriche di panettoni, tutta l’arte statuaria dei presepi, le ditte di addobbi soft, la produzione di piante e fiori ornamentali, come le stelle di Natale…
Le tradizioni nate da significati religiosi profondi sono a poco a poco diventate vere e proprie operazioni commerciali, tanto che oggi l’unico che viene dimenticato in questo incrocio di regali è proprio il festeggiato. E’ il classico caso in cui il consumo ha scippato il significato fondamentale della festa. Non saremmo corretti se non registrassimo anche una compattazione della famiglia, una ritrovata gioia di state insieme, lo notano gli stessi giovani che forse percepiscono solo questo momento di spiritualità; lo chiedevo al liceo scientifico in questi giorni; per altri è la partecipazione molto sentita alle pratiche religiose.
La notte di Natale vede spesso il massimo di partecipazione della gente a una azione liturgica e di visitatori alle sacre rappresentazioni del Natale. Tutto però sembra inscrivibile in un atteggiamento più da consumo che da conversione. L’attesa allora diventa soltanto fare la spesa: di regali, di emozioni, di buoni sentimenti.
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