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domenica 28 agosto 2022

Accadde oggi alle Eolie... nel 1926. Ricostruzione dello storico Pino La Greca.

28 agosto 1926
Lipari si ribella contro ripristino confino coatto 
Nella giornata del 28 agosto 1926 i liparoti si ribellarono alla decisione del Governo Mussolini di ripristinare nell'isola di Lipari il confino coatto. Fu una decisione estrema, presa dopo mesi di agitazione e di speranze deluse.
Nel corso della primavera del 1926, subito dopo l'insediamento del Podestà si cominciarono ad elaborare i progetti per la sistemazione degli edifici presenti all'interno del Castello tali da condurre alla costituzione di un comitato spontaneo di cittadini. Il progetto prevedeva la demolizione delle case medievali sul lato orientale del Castello per fare spazio a due nuovi grandi padiglioni proprio sulla via della Cattedrale e ad altri padiglioni minori intorno alla Chiesa delle Grazie, sul versante sud; si volevano riattivate anche le vecchie case esistenti sul lato nord occidentale e le case di proprietà privata sul versante sud occidentale.
Nel mese di luglio le indiscrezioni diventano certezze con l'invio a Lipari di un ispettore, il Comm. Marroni, per esaminare alcuni edifici all'interno del castello.
Venne costituito un comitato cittadino presieduto dall'autorevole Cavaliere Giuseppe Franza, già sindaco di Lipari e che rappresentava, in qualche modo, la vecchia classe politica pre-fascista.
Quali erano i sentimenti dei liparesi? quali erano le considerazioni che circolavano per le vie e le piazze dell'isola? La risposta è ovvia, nessuno voleva più i coatti a Lipari.
Nel corso del mese di agosto si susseguirono numerose riunioni del comitato, delle logge massoniche allora esistenti a Lipari, con il sostegno del vescovo Ballo e da alcune organizzazioni religiose come l'associazione delle Dame cattoliche; il prof. Pino Paino, riferisce di un incontro in Cattedrale e di numerosi incontri in Casa De Mauro.
La situazione precipitò la mattina del 28 agosto 1926 con l'arrivo del commissario di P.S. Attilio Stagni per provvedere alla vigilanza dei lavori. Un gruppo di donne del comitato chiese un incontro durante il quale fu comunicato che la volontà era quella di sgomberare i locali occupati dall'ospedale civile per adibirli a dormitorio. Era l'occasione attesa? Non lo sappiamo, tuttavia, subito dopo, le signore, in corteo, chiesero di poter accedere all'interno del castello, al rifiuto opposto dalle forze dell'ordine i liparoti risposero occupando l'acropoli “ in seguito l'esiguo cordone non poté resistere alla marea di popolo che nel frattempo si era raccolto.
Vennero suonate a distesa tutte le campane delle chiese ed un continuo accorrere di gente era verso il Castello. (...) Il suono delle campane chiamò a raccolta i contadini e i cittadini di Lipari. E tutti accorsero, dalle campagne e dal Paese, e per le strade, si vide popolo, popolo, e poi popolo. Sbucare da tutte le parti: fremente, sconvolto, furente. Convergere tutto in un sol posto, al Castello. Urlando una sola voce “i coatti! I coatti!”
Il castello fu assalito da una folla armati di picconi, zappe, badili, vanghe e da ogni arnese possibile atto a potere distruggere. Uomini e donne, al giro di “non vogliamo più coatti” invasero i cameroni e le casette; tutto fu abbattuto al suolo e ridotto in macerie dalla folla infuriata dando vita all’unica insurrezione armata di un intero popolo contro un regime che teneva già in catene tutta una nazione, mentr’era ancora vivo nell’aria l’ultimo gemito di Matteotti.
Sette ore durò la distruzione del Castello (foto a sinistra) e quando l’ultimo degli insorti si ritirò, sembrava che fosse passato di nuovo Barbarossa. Solo che questa volta nessuno piangeva come allora, chè anzi ognuno felice di sentirsi nato.

***
Il commissario Stagni non esitò ad avvertire la Prefettura di Messina comunicando l'esito della sommossa e richiedendo rinforzi, nonostante che poco dopo il clima tra la popolazione si fosse rasserenato. Così, per presidiare il paese, a Lipari giunse una torpediniera carica di militari e, a quel punto, scattarono i primi arresti: quelli del dott. Francesco De Mauro (foto a destra) e di Salvatore Paternò. Moltissimi giovani riuscirono a trovare rifugio nella vicina isola di Vulcano, utilizzando barche da pesca prendendo il mare della spiaggia di Valle Muria.
(...) La notte dal 29 al 30 vennero arrestati 18 persone che furono con un rimorchiatore trasportati al carcere di Milazzo. La mattina del 30 venne tratto in arresto il Dott. De Mauro per istigazione a delinquere. Non è possibile neppure brevemente, raccontare le manifestazioni di simpatia tributate dal popolo di Lipari al Dott. De Mauro ed agli altri arrestati.
Sappiamo che il vescovo Ballo presentò una petizione della popolazione all'Arcivescovo di Messina, mons. Paino, e questi si attivò, ancora una volta, presso la Prefettura e il governo affinché fosse trovata una pronta risposta alle pressanti richieste dei liparesi. Così fu, dato che la colonia di coatti comuni non se parlò più.
La sollevazione popolare del 28 agosto 1926 non rappresenta un semplice episodio nell'intera vicenda confinaria, anzi ne costituisce un'importante cesura rispetto al passato, una discriminante che, con l'istituzione del confino di polizia connoterà Lipari – a differenza di altre isole – come colonia di confinati politici evitando “un ritorno” disastroso e disumano per l'intera comunità eoliana.
La sollevazione fu capeggiata da quella che si può considerare l'elitè di una comunità, la classe dirigente pre-fascista proveniente dai due ex partiti, popolare e democratico.
Ma è indubbio che, a dar valore alla sommossa, contribuirono i contadini insieme ad alcuni giovani isolani, perché, evidentemente, la riattivazione della colonia di relegati comuni avrebbe leso interessi che abbracciavano un po' tutti gli strati sociali. Si avvertiva, poi, il bisogno di preservare la comunità da una cattiva reputazione. L'intervento repressivo delle forze dell'ordine contribuì notevolmente a consolidare l'atteggiamento di diffidenza dei liparesi verso i vari corpi addetti alla sorveglianza dei confinati politici nel decennio successivo.
N:B: la foto dell'interno del castello dopo i moti del 1926 è stata concessa al dottor Giuseppe La Greca dall'avv. Giuseppe Cincotta
L'articolo è tratto dall'archivio di Eolienews

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