Cerca nel blog

domenica 4 febbraio 2018

Crisi idrica, a Lipari lo scandalo del dissalatore.

3 febbraio 2018


La soluzione doveva essere il dissalatore. Ma gli abitanti di Lipari sono arrivati a rimpiangere i serbatoi di accumulo collocati a Monte Sant’Angelo che hanno lasciato il posto a circa 4.200 pannelli fotovoltaici installati proprio per il dissalatore ma mai attivati. Un appalto di circa 31 milioni che non ha dato stabilità all’erogazione idrica nell’isola dove le navi cisterna continuano ad intervenire per riempire le vasche comunali, in nome dell’emergenza idrica.
A fare emergere alcune criticità nella gestione dell’Impianto ad osmosi inversa di via Canneto Dentro è stato l’Ispettorato territoriale del lavoro di Messina, partendo da una denuncia fatta da quattro lavoratori dipendenti della Ge Dis scrl, licenziati e non riassunti dalla Sopes srl subentrata nella gestione, in violazione dell’articolo 20 del capitolato d’oneri e del contratto d’appalto.
A conclusione dei rilievi e sopralluoghi effettuati dagli ispettori per oltre un anno, è stata inviata alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Barcellona e alla Procura generale della Corte dei Conti, una corposa documentazione dove vengono descritte una serie di irregolarità sul numero delle maestranze occupate, sul loro impiego e criticità nel funzionamento dello stesso impianto. Nella relazione, oltre i presunti responsabili aziendali delle violazione, vengono indicati dirigenti e funzionari regionali che non avrebbero vigilato e contestato le inadempienze.
A novembre 2017, l’Ispettorato aveva invitato l’Assessorato dell’Energia e dei servizi di pubblica Utilità ad intervenire sulla Sopes per accertare eventuali violazioni ed operare una ritenuta dell’importo contrattuale. Il Dipartimento regionale competente ha risposto il 15 gennaio 2018 ammettendo che nella gestione del dissalatore di Lipari esistevano problematiche da risolvere e per questo era stato invitato il Prefetto di Messina ad indire un apposita riunione. A Novembre da Palermo era stato disposto un sopralluogo e a dicembre i funzionari regionali avevano impartito alla ditta precise direttive per sanare le inadempienze, riservandosi di quantificare le penali. Penali che sembra arrivaranno alla Sopes srl nel Sal (stato avanzamento lavori) di marzo 2018, così com’è arrivata dall’azienda, dopo le risultanze dell’Ispettorato, la richiesta di assunzione per uno dei 4 dipendenti esclusi nel 2015 dal cambio contratto. Dal 15 ottobre 2015 e almeno fino a novembre 2017, secondo l’Ispettorato, il Dipartimento regionale acqua e rifiuti non avrebbe effettuato approfonditi controlli sul rispetto delle norme contrattuali se non sopralluoghi superficiali che non hanno consentito l’emersione di inadempienze del capitolato.
La burocrazia fa sempre la sua parte e il periodo è veramente lungo quello intercorso dall’aggiudicazione definitiva del nuovo appalto all’Ati, composta dalla capogruppo mandataria Sopes srl insieme alla Di Vincenzo srl e So Fi P spa, risalente a maggio 2014 e la firma del contratto con la Regione per l’affidamento del servizio che è datato aprile 2015 fino al passaggio di consegne ufficiale tra vecchia e nuova gestione del 15 ottobre 2015. In questi mesi,” per garantire un fondamentale pubblico servizio” si è andati avanti con le proroghe del vecchio appalto e di conseguenza del rapporto di lavoro con i dipendenti che si sono visti recapitare ben 16 comunicazioni in cui si rinviava la cessazione del rapporto di lavoro. Notevole nel frattempo per la Regione il dispendio di risorse visto che con il vecchio contratto la dissalazione veniva pagata euro 4,20 a mc mentre con il nuovo a 1,74. Il 15 ottobre viene riassunto parte del personale ma 4 dipendenti rimangono fuori e iniziano una battaglia legale seguita dalle denunce che hanno mosso l’Ispettorato e la Regione
Secondo il Capitolato d’oneri l’organico minimo addetto al servizio doveva essere composto da 4 operai generici, 2 specializzati, un perito chimico addetto al controllo e un ingegnere chimico responsabile di gestione e del contratto tecnico e operativo; durante le ore notturne e nei giorni festivi si prevedeva una squadra di pronta reperibilità, composta da almeno due unità. Ma l’Ispettorato evidenzia altro. Intanto se di notte l’impianto va in tilt non c’è nessun intervento immediato e dall’elenco ufficiale dell’organico presentato dalla Sopes srl mancano alcune figure tra gli operai e l’ingegnere chimico indicato è risultato assunto nella sede di Palermo e non è mai stato visto prestare attività nel dissalatore di Lipari; un dipendente inoltre, indicato come operaio specializzato, è stato assunto come impiegato con mansione di coordinatore tecnico e il chimico sarebbe presente saltuariamente mentre i prelievi per le analisi li effettua solo mensilmente la Tetralab, e niente analisi “sull’acqua grezza in ingresso, acqua potabile in uscita, effluente concentrato allo scarico..” come previsto. Dall’esame degli ordini d’acquisto della Sopes srl, dalla documentazione della Tetralab srl e dalla dichiarazione dei lavoratori, emergerebbe infatti che nel dissalatore di Lipari non vengono effettuati settimanalmente le analisi di routine (D.Lgs 31/2001), più durezza, cloruri, solfati, residuo fisso in violazione dell’art. 23 capitolato d’oneri, determinando una situazione di rischio per la salute pubblica, oltre il danno per l’erario.
L’importo complessivo annuale dell’appalto è di circa 3milioni 200mila euro con un costo della dissalazione per mc di euro 1,74, di cui 0,24 euro/mc individuati come costo del personale. Una cifra, secondo gli accertamenti dell’Ispettorato, non congrua, perché riferita alla manodopera dichiarata e non a quella realmente impiegata. La Sopes dovrebbe garantire da contratto un milione 850mila mc di acqua trattata l’anno, ma la punta massima che si raggiunge sono i circa settemila mc al giorno di agosto, per il resto dell’anno la quantità si attesta ad una media di 3/4mila mc. Eppure il nuovo impianto di dissalazione era stato progettato per una portata ben più consistente (9mila mc) che avrebbe chiuso il capitolo dell’emergenza e del ricorso all’acqua a 14 euro al metro cubo trasportata dalle navi. Nella relazione che la Sopes srl ha inviato all’Assessorato regionale dell’Energia, che a gennaio 2017 aveva sollecitato chiarimenti dopo l’arrivo della denuncia dei 4 lavoratori esclusi, l’azienda addebita all’organo regionale la responsabilità del mancato funzionamento a pieno regime del dissalatore. Nel documento si evidenziano difformità, inadempienze ed impegni assunti e non mantenuti da parte dell’Amministrazione regionale e legate ad un impianto sostanzialmente mai messo in condizione di raggiungere quelle prestazioni per cui era stato progettato.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.