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sabato 8 giugno 2019

"Alla contessa Pallavicini caduta da cavallo". Riflessione di Lino Natoli sull'incidente occorso ad una ciclista e sulle strade (?) di Lipari


(di Lino Natoli) Un ciclista amatoriale, che un pomeriggio decide di fare un giro per Pianoconte, sulla strada del ritorno, infila una ruota dentro una buca profonda venti centimetri ed ampia almeno settanta, cade e si sfracella scapola e costole. Cadere dalla bici rientra nel novero delle possibilità. Capita. Chiunque pratichi questo sport sa che cadere è una evenienza di cui tenere conto. Normalmente si cade e ci si rialza, sono cose a cui ci si abitua. Finire in una buca di quelle dimensioni, proprio sulla carreggiata, nascosta da pezzi d’asfalto sconnesso, non è una fatalità, è un incidente che prevede delle responsabilità. Perché è vero che le buche non si riparano da sole, ma è anche vero che non si producono spontaneamente, soprattutto di quelle dimensioni.
Ogni giorno sbarcano sul molo di Sottomonastero almeno dieci mezzi pesanti di oltre quindici metri che trasportano merci diverse, dagli alimentari ai carburanti, dall’acqua minerale ai prodotti per l’edilizia, che pesano ciascuno non meno di trentacinque tonnellate e che si dirigono nelle diverse zone dell’isola.
Tutto questo peso deve essere sopportato da strade la cui costruzione risale agli anni cinquanta e che, ho il sospetto, non possono per natura e per legge (sarebbe interessante conoscere i limiti di collaudo) recepire transiti di quelle dimensioni.
I fatti sono che la strada di Pignataro collassa periodicamente, la provinciale che porta ad Acquacalda è transennata in più parti per il pericolo di crolli e nonostante questo viene quotidianamente attraversata da mezzi pesanti e bus da gran turismo. La provinciale per Pianoconte e Quattropani sembra reduce da bombardamenti a bassa quota. A ciò si aggiunga che non è esperienza inconsueta imbattersi in mezzi di natura diversa non autorizzati a percorrere strade pubbliche se non caricati su mezzi gommati idonei.
Tutela del territorio non significa soltanto invocare istericamente inutili riserve marine con compendio di enti gestori, mecenati disinteressati di origine esotica o più incidentalmente britannica, associazioni attente all’ambiente eoliano solo durante le ferie estive, acuti censori che considerano la “fauna” locale immeritevole di ciò che hanno costruito, protetto ed offerto al mondo. Tutelare il territorio significa anche sottrarlo a queste quotidiane prove ristabilendo il principio ragionevole della misura. Non esiste interesse economico che possa giustificare questa situazione, tanto più che se i benefici ricadono in capo a qualcuno, i costi al resto della comunità. In questo caso la spesa più onerosa ad un semplice abitante dell’isola che un pomeriggio, pensando di guadagnarne in salute, aveva deciso di fare un giro in bici.
(foto d'archivio)

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