L’incidente che ha coinvolto il serbatoio 513 della Raffineria Mediterranea di Milazzo, dove 1000 tonnellate di benzina non raffinata sono andate in fumo in una sola notte, ripropone con urgenza il problema dell’impatto ambientale del polo industriale della Valle del Mela – che, oltre alla raffineria, comprende una centrale elettrica a olio combustibile, un’acciaieria, un elettrodotto da 380 KV (un altro è in costruzione) e una fabbrica di amianto dismessa in attesa di una bonifica – non soltanto sulle aree immediatamente circostanti, ma anche sull’arcipelago delle Eolie.
Soltanto per fortuite circostanze meteorologiche – i venti spiravano da Nord – le isole non sono state infatti avvolte da una nube di polveri sottili, metalli pesanti, diossine e biossido di carbonio, e tuttavia non si può escludere che nei giorni successivi parte di questi residui tossici e fortemente inquinanti abbia comunque raggiunto anche il nostro territorio.
È dunque evidente che questione ci riguarda da vicino, e sorprende pertanto il silenzio dei sindaci dei comuni eoliani – in primo luogo quello di Lipari, che rappresenta il maggiore comune del comprensorio – su un argomento che investe direttamente la tutela della salute dei cittadini e l’integrità del mare e delle coste dell’arcipelago.
I sindaci eoliani non possono e non devono ignorare che la Valle del Mela, già nel 2002, sia stata dichiarata “area ad elevato rischio di crisi ambientale”; che la Regione non abbia ancora installato un sufficiente numero di centraline per rilevare le emissioni provenienti dalla raffineria e monitorare l’inquinamento atmosferico (a Milazzo quelle dell’ARPA sono soltanto due, alle Eolie non ce n’è nemmeno una); che numerosi abitanti della cittadina mamertina abbiano avviato una class-action per ottenere il risarcimento dei danni legati all’inquinamento; che la rivista “Epigenomics” abbia pubblicato uno studio, realizzato su un campione di 200 bambini della zona, nel quale si dimostra l’allarmante presenza di alterazioni e metilazioni del DNA; che la Procura di Barcellona-Pozzo di Gotto abbia avviato un’inchiesta sul malfunzionamento degli impianti di trattamento delle acque reflue della raffineria, in parte oggi sotto sequestro, a seguito dello sversamento in mare di ingenti quantitativi di idrocarburi.
Non è possibile continuare a tacere sui rischi concreti di un disastro ambientale, sulla presenza di scarichi industriali in mare, sulla violazione delle prescrizioni dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) relative ai controlli e alla conservazione dei dati (si veda il rapporto pubblicato sul sito di Legambiente Sicilia), ed ancora sui rischi connessi al transito e alle operazioni di carico e scarico di un esorbitante numero di petroliere, che si verificano a poche miglia di distanza dalle isole.
Non è possibile, soprattutto, alla luce dell’orientamento che i governi nazionali e regionali hanno assunto negli ultimi decenni in materia di tutela delle risorse naturali e ambientali delle Eolie, concretizzatesi attraverso la designazione di una ZPS (Zona a protezione speciale) che comprende interamente il mare e le coste dell’arcipelago, la proposta di istituzione di un’area marina protetta e di un parco nazionale e, non ultimo, lo stesso riconoscimento delle isole come Patrimonio dell’Umanità nella World Heritage List dell’Unesco.
Per queste ragioni, sono convinto che i sindaci eoliani debbano fare la loro parte, assumendo una dura presa di posizione e intervenendo presso gli organi competenti, con l’autorevolezza che deriva dal loro ruolo, allo scopo di ottenere concrete garanzie di tutela per le comunità che rappresentano e per l’economia che le sostiene; ma, soprattutto, perché venga finalmente avviato un processo di riconversione del polo industriale della Valle del Mela che, anche per il nostro territorio, rappresenta una “bomba ad orologeria” di portata catastrofica.
Pietro Lo Cascio (consigliere comunale de “La Sinistra”, Lipari)
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