In
occasione della giornata della memoria, il 27 gennaio, abbiamo
organizzato, insieme alla nostra insegnante di Lettere, la prof.ssa
Carmelita Merlino, “La
Settimana della Shoah”, un
itinerario didattico
articolato da lunedì a sabato e che ha previsto diversi momenti di
riflessione e di approfondimento di quella che è stata una delle
pagine più tragiche della storia dell’umanità.
Gli obiettivi formativi
di questa attività sono stati i seguenti:
- Tenere viva nella memoria la Shoah con tutte le sue tragiche specificità e come lato buio della nostra storia;
- Promuovere la consapevolezza della molteplicità delle culture e la disponibilità al confronto con l’altro;
- Individuare nel presente i legami con il passato e ricercare le radici storiche dei fenomeni presi in esame;
- Promuovere personalità coerenti ed equilibrate, aperte a nuove esperienze e capaci di collaborare con gli altri.
Il nostro punto
di partenza è stato quello di approfondire ulteriormente il
significato della parola Shoah:
è un termine ebraico (che significa “catastrofe”) con il quale
si indica lo sterminio di sei milioni di ebrei europei ad opera dei
nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Sebbene i tedeschi
avessero come bersaglio zingari, slavi e altri gruppi considerati
“nemici dello Stato”, l’obiettivo primario di questa campagna
razziale di stermini fu la popolazione ebraica dell’Europa.
Uomini, donne,
bambini – circa un terzo degli ebrei del mondo – furono uccisi,
in una delle più sistematiche campagne di odio della storia.
Abbiamo poi
analizzato brani antologici e poesie, effettuato delle ricerche su
internet e abbiamo rintracciato delle testimonianze, consultando siti
dedicati alla memoria di questo particolare momento storico, o
giornali sia on line che cartacei.
Di tutto il
materiale rintracciato ed esaminato, particolarmente ci hanno colpito
i versi della poesia “Se questo è un uomo” di Primo Levi:
(…)
“Considerate
se questo è un uomo
che
lavora nel fango
che
non conosce pace
che
lotta per mezzo pane
che
muore per un sì o per un no.
(…)
Meditate
che questo è stato:
vi
comando queste parole.
Scolpitele
nel vostro cuore
stando
in casa andando per via,
coricandovi
alzandovi;
ripetetele
ai vostri figli. (…)”
Inoltre dello
stesso autore abbiamo analizzato un brano tratto dal capitolo secondo
del libro “Se questo è un uomo”, intitolato “Sul
fondo”, ad indicare
come tutti quegli uomini, annullati nella loro personalità,
precipitarono nel fondo dell’esistenza: <<Questo
è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno deve essere così,
una camera grande e vuota, e noi stanchi di stare in piedi, e c’è
un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi
aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e
continua a non succedere niente. Come pensare? Non si può più
pensare, è come già essere morti. Qualcuno si siede per terra. Il
tempo passa goccia a goccia.(…)
Allora per la prima volta
ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere
questa offesa, la demolizione di un uomo>>.
Anche le parole
di un altro testo poetico, “C’è un paio di scarpette rosse” di
Joyce Lussu, hanno suscitato
in noi tanta commozione:
(…)
C’è
un paio di scarpette rosse
in
cima a un mucchio di scarpette infantili
a
Buchenwald
più
in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di
ciocche castane e nere
a
Buchenwald
servivano
a far coperte per i soldati
non
si sprecava nulla
e
i bimbi li spogliavano e li radevano
prima
di spingerli nelle camere a gas
c’è
un paio di scarpette rosse
di
scarpette rosse per la domenica
a
Buchenwald (…)
I campi di
concentramento nazisti sono quanto di più sconvolgente gli uomini
abbiano prodotto, per i milioni di persone che vi morirono e per i
presupposti teorici su cui essi si basavano: il loro scopo, infatti
era quello di sterminare gli ebrei in quanto tali e altre categorie
di persone considerate inferiori.
Le due poesie che
abbiamo citato sono un invito a non dimenticare, poiché questo
“mostro” è ancora vivo e talvolta assume ora l’aspetto
dell’intolleranza, ora quello del razzismo, ora quello della
negazione dei diritti fondamentali.
Lo scrittore
Primo Levi, attraverso i suoi scritti, ha voluto portare a conoscenza
di tutti la propria drammatica esperienza, affinché gli uomini non
dimentichino ciò che è successo e non ripetano gli stessi errori
commessi dalle generazioni passate. Le parole di Levi ci mettono in
guardia: il disprezzo nei confronti di chi è straniero, e più in
generale di chi è “diverso” da noi, è il primo anello di una
catena che, in tempi non lontani, ha condotto ai capi di sterminio.
E’ necessario
vigilare affinché, anche nel segreto dei nostri pensieri, non
vediamo mai lo straniero o il diverso come un “nemico”, ma lo
riconosciamo come uno di noi, degno di rispetto e di amicizia.
Dalla lettura
della poesia di Joyce Lussu emerge un’atroce realtà: gli esseri
umani erano trattati come una qualsiasi merce o meglio come un
“prodotto” da utilizzare in ogni sua parte.
(Fonti
consultate: Testi di antologia “L’avventura del lettore” S.
Beccarla, I. Bosio, E. Schiapparelli – casa editrice Il Capitello /
“Progetti, Modelli e attività” di M. Carlà – Palombo
editore).
L'accostamento e
il confronto delle diverse tipologie testuali e delle diverse
situazioni ci hanno consentito di passare dalla soggettività dei
racconti alla comprensione di un complesso fenomeno storico, e di
soffermarci su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati
militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare
la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia del nostro
Paese e dell’ Europa, affinché il ricordo funga da monito e che
simili eventi non possano mai più accadere.
Inoltre giovedì
pomeriggio, nell’ambito dell’ attività didattica “Andiamo al
cinema”, abbiamo assistito alla visione del film
“Arrivederci ragazzi”
di Louis Malle. Un film francese del 1987, vincitore del Leone d’Oro
al Festival di Venezia.
<< Gennaio
1944: nella Francia occupata dai nazisti, Julien studia in un
collegio di padri carmelitani assieme ad altri ragazzi di famiglia
benestante. Al ritorno delle vacanze di natale, trascorse a casa, la
vita di collegio riprende con le sue scansioni quotidiane e le sue
consuetudini. E’ però arrivato un nuovo compagno, è ebreo: un
ragazzo serio e riservato, che suscita in Julien un interesse che va
oltre la semplice curiosità. La storia nasce da un ricordo
d’infanzia del regista. Sarebbe una storia di ragazzi come tante,
se su di essa non incombesse l’orrore di una delle più folli
tragedie che hanno travolto l’umanità>>.
Questo film è
una sofferta testimonianza delle persecuzioni razziali, ma è nel
contempo anche la storia di un’amicizia tra adolescenti, nata nel
difficile contesto della guerra e dell’occupazione nazista.
Le attività su
menzionate sono state corredate anche dalla produzione di alcuni
disegni sulla SHOAH realizzati con la nostra insegnante di Arte e
Immagine, la prof.ssa Provvy Munafò.
Desideriamo
concludere questa nostra esperienza didattica rivolgendo un sincero
grazie alle nostre insegnanti e al Dirigente Scolastico prof. Renato
Candia, per le grandi opportunità di crescita formativa e culturale
che questa Scuola ci offre quotidianamente, per il supporto,
l’incoraggiamento e le valide motivazioni che puntualmente ci
vengono fornite per uno studio approfondito delle varie discipline
scolastiche.
E suggelliamo
questo nostro breve resoconto con un messaggio di speranza scaturito
dai versi del poeta turco Nazim Hikmet, che ha conosciuto la
sofferenza del carcere e della discriminazione per essersi opposto al
regime autoritario che governava il suo paese.
Egli tuttavia non
ha mai rinunciato a credere nell’uomo e a sperare che un mondo
migliore, di pace e di fratellanza fosse possibile:
“Nasceranno
da noi uomini migliori: La generazione che dovrà venire sarà
migliore di chi è nato dalla terra, dal ferro, dal fuoco. Senza
paura e senza troppo riflettere i nostri nipoti si daranno la mano e
rimirando le stelle del cielo diranno: Com’è
bella la vita!”.
Francesca Aiello,
Giulio Biviano, Angelo Cannistrà, Eric Mollica, Sergio Mollica, Patrick Oriti,
Giulia Rotilio, Marco Spartà, Andrea Travaglia, Giulia Ziino.
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