(Antonio Brundu)
L’antichissima tradizione di portare Gesù Bambino per le case si svolgeva, nel periodo dell’Epifania, in tutte le contrade dell’Arcipelago Eoliano. Oggi, invece, questa usanza ultrasecolare si ripete in alcune località delle Eolie e, in modo particolare, a Malfa, nell’isola di Salina.
Di buon mattino, infatti, gruppi di giovani (più che altro appartenenti alla Confraternita di San Lorenzo, patrono del paese ) iniziano il lungo giro fra le abitazioni del paese partendo dalla chiesa parrocchiale, dove uno scampanìo festoso annuncia l’uscita di Gesù Bambino, che viene portato dentro una culla ricoperta da un tessuto bianco e celeste, con rifiniture merlettate di cotone ricamato e con un addobbo di fiori dai colori svariati.
Una orchestrina, formata da chitarre e fisarmonica, (una volta c’erano anche il violino e il mandolino) allieta con motivi musicali, popolari e religiosi il passaggio in tutte le abitazioni, dove le famiglie accolgono, con devozione e sentimento, il simulacro del Bambinello, portatore di pace, serenità, gioia e benessere per gli animi e di protezione per la famiglia e per la casa.
Dopo una breve pausa, caratterizzata da momenti di raccoglimento e di preghiera, i componenti della famiglia baciano “U Bambinieddu” e, di solito, il più anziano e il più piccolo pongono, nella culla, una offerta; mentre ai presenti e ai suonatori vengono dati i dolci tipici delle festività natalizie, il rosolio e la rinomata malvasia.
E così il gruppo che, mano a mano, si va sempre più ingrossando, si porta di casa in casa accompagnato dal ritmo musicale dell’orchestrina, i cui motivi e gli echi si spandono tutt’intorno e creano una atmosfera di allegria e di festa. Vi è anche la consuetudine che un componente della famiglia porta Gesù Bambino nell’abitazione del proprio vicino.
Verso sera i numerosi accompagnatori di Gesù Bambino, stanchi ma soddisfatti, concludono il loro girovagare fra le abitazioni, nelle strade e nei vicoli del paese; quindi si recano in chiesa per assistere alla celebrazione eucaristica (sia il giorno dell’Epifania che la domenica successiva), durante la quale l’orchestrina esegue motivi musicali antichi e natalizi. Una volta, prima di entrare in chiesa, il gruppo sostava nella casa più vicina alla chiesa stessa e venivano sparati mortaretti e fuochi d’artificio.
Quindi si rimaneva in attesa che suonasse la campana: “U signu sonò” – dicevano. Si trattava di tre colpi di campana che servivano come segnale per far sapere che il parroco era pronto per iniziare il sacro rito della Messa.
Attualmente questa usanza, che risale al 1600, si ripete con grande fervore ed entusiasmo. Una consuetudine che è rimasta quasi intatta nel tempo e che si tramanda, di generazione in generazione, con lo stesso spirito spontaneo e devozionale che ha animato, nelle varie epoche, gli antenati
Una orchestrina, formata da chitarre e fisarmonica, (una volta c’erano anche il violino e il mandolino) allieta con motivi musicali, popolari e religiosi il passaggio in tutte le abitazioni, dove le famiglie accolgono, con devozione e sentimento, il simulacro del Bambinello, portatore di pace, serenità, gioia e benessere per gli animi e di protezione per la famiglia e per la casa.
Dopo una breve pausa, caratterizzata da momenti di raccoglimento e di preghiera, i componenti della famiglia baciano “U Bambinieddu” e, di solito, il più anziano e il più piccolo pongono, nella culla, una offerta; mentre ai presenti e ai suonatori vengono dati i dolci tipici delle festività natalizie, il rosolio e la rinomata malvasia.
E così il gruppo che, mano a mano, si va sempre più ingrossando, si porta di casa in casa accompagnato dal ritmo musicale dell’orchestrina, i cui motivi e gli echi si spandono tutt’intorno e creano una atmosfera di allegria e di festa. Vi è anche la consuetudine che un componente della famiglia porta Gesù Bambino nell’abitazione del proprio vicino.
Verso sera i numerosi accompagnatori di Gesù Bambino, stanchi ma soddisfatti, concludono il loro girovagare fra le abitazioni, nelle strade e nei vicoli del paese; quindi si recano in chiesa per assistere alla celebrazione eucaristica (sia il giorno dell’Epifania che la domenica successiva), durante la quale l’orchestrina esegue motivi musicali antichi e natalizi. Una volta, prima di entrare in chiesa, il gruppo sostava nella casa più vicina alla chiesa stessa e venivano sparati mortaretti e fuochi d’artificio.
Quindi si rimaneva in attesa che suonasse la campana: “U signu sonò” – dicevano. Si trattava di tre colpi di campana che servivano come segnale per far sapere che il parroco era pronto per iniziare il sacro rito della Messa.
Attualmente questa usanza, che risale al 1600, si ripete con grande fervore ed entusiasmo. Una consuetudine che è rimasta quasi intatta nel tempo e che si tramanda, di generazione in generazione, con lo stesso spirito spontaneo e devozionale che ha animato, nelle varie epoche, gli antenati
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