(estratto da: La Storia della Pomice di Lipari, Dalla controversia con il Vescovo Natoli all’avvio della legge sulla pomice, 2008)
Le prime testimonianze dirette sulle condizioni economiche e sociali dei lavoratori della pomice, riscontrabili a Lipari, sono contenute nelle condizioni stabilite per la concessione dei demani sin dal 1881.
Un articolo specifico era rivolto al mondo del lavoro. La lettura dello stesso ci dà uno spaccato dell’attività lavorativa.
Ai lavoratori, individuati come “naturali dell’isola” era riconosciuta, anche in presenza del Concessionario, la possibilità di poter far uso di alcune delle qualità di pomice che si estraevano dalle cave per l’esclusivo uso interno (realizzazione di fabbricati a Lipari), con preventiva autorizzazione da parte del Comune di Lipari.
Con il contratto il concessionario si obbligava ad ammettere allo scavo della pietra pomice tutti i naturali, previo permesso scritto (che non poteva essere negato). Gli operai, di contro, dovevano cedere al concessionario tutto il materiale cavato secondo gli usi e le consuetudini locali, e con i prezzi stabiliti nel capitolato.
Alla lavorazione della pietra pomice dovevano essere ammessi soltanto lavoranti ed operai del Comune di Lipari con l’esclusione di ogni macchinario. Unica eccezione: lo sciopero, in questi casi, e nei casi in cui la produzione era al di sotto della quantità ritenuta minima dal concessionario, potevano essere utilizzati sia le macchine, sia operai esterni al territorio comunale.
La norma fissava, anche, un tetto massimo di produttività ed una forma di contingentamento. Dalla lettura dei diversi contratti di concessione apprendiamo che gli operai lavoravano in piccole squadre, quasi sempre a carattere familiare, senza una organizzazione precisa, sottoposti a qualsiasi tipo di rischio, senza alcuna garanzia di un reddito anche minimo. Sconosciuti sono anche i riferimenti ad Autorità di controllo minerario come il Distretto di Caltanissetta. I rischi legati ai lavori in galleria erano tanti e in molti casi mortali. Ma cosa succedeva alle famiglie? quali risorse avevano per sopravvivere alla perdita dell’unico produttore di reddito del nucleo familiare?
I casi di morte
Riportiamo la domanda della signora Portelli Antonia per il condono del pagamento del diritto di percezione sulla Pomice.
(…) Il presidente fa dare lettura dal segretario della seguente domanda all’On.le consiglio comunale di Lipari.
E’ troppo recente l’immane sventura toccata alla supplicante, perché non occorra di ricordarla a questo onorevole consiglio comunale. La vedova, che ora ricorre alla pietà di questa rappresentanza, era la moglie di Portelli Giovanni di Nicolò Antonino, escavatore di pomice, ed oggi, dopo che l’abisso inghiottì tanto immaturamente il suo povero consorte, dopo quest’altra vittima del sudato lavoro, essa è rimasta sola a piangere e pregare sul capo del suoi quattro orfanelli, di cui il quarto porta ancora in seno, ed il secondo è cretino.
Resto sola ed afflitta, ed anche povera, e dovrà sopperire agli imprescindibili bisogni della sua famiglia, al pane dei suoi figliuoli. Nulla tenente com’è essa sentiva ancora più amaramente il disastro del quale è stata colpita; ed è in tanto lutto che ella si augura di non ricorrere invano a questo on.le consenso, al quale chiede solamente il condono di quelle lire 137,73 che il disgraziato suo marito dovea al Comune per diritto di percezione sull’escavazione di pietra pomice, cioè per i mesi di novembre e dicembre 1898 lire 37,73 e da gennaio fino al 21 marzo 1899 lire 100. Questa sventurata che in nessun caso potrebbe pagare il debito del povero morto, benedirà la santa opera del consiglio comunale ed instillerà nel cuore dei suoi orfanelli quella riconoscenza di cui esso certamente vorrà rendersi meritevole. Lipari, 28 marzo 1899. Antonia Portelli di Gaetano.
Il consiglio, naturalmente, approvo la domanda all’unanimità. La somma fu trasferita tra le quote inesigibili.
Un ulteriore caso molto simile si trova nella seduta del consiglio comunale del 13 marzo 1906, avente per oggetto: esonero del diritto di percezione sulla pomice dovuta dal fu Villanti Gaetano. Il sindaco riferisce che la Giunta con deliberazione del 14 dicembre ultimo scorso aveva esonerata, la vedova del fu Villanti Gaetano, dal pagamento di lire 114 e 99 centesimi, che il defunto di lei marito doveva al Comune, per diritto di percezione sulla pietra pomice da lui escavata nei demani comunali. La Giunta si era determinata a concedere tale esonero in considerazione che il povero Villanti era rimasto vittima di una frana prodotta dal terremoto dell’8 settembre ultimo, lasciando la moglie con sei figli minorenni, in cattivissime condizione economica. L’Ill.mo Signor Prefetto della Provincia ha restituito la deliberazione della Giunta osservando che trattandosi di un atto di liberalità, spettava al Consiglio deliberare in proposito.
Il consigliere Amendola Vincenzo propone omologare la cennata deliberazione della Giunta Municipale del 14 dicembre 1905 e conseguentemente concedere l’esonero del pagamento del diritto di percezione in lire 114 e 99 centesimi a Maria Villanti vedova di Villanti Gaetano.
Messa ai voti la proposta del Consigliere Amendola è approvata ad unanimità.
Ulteriore caso, infine, il 7 maggio 1907, durante la gestione del R. Commissario avv. Eugenio De Carlo “Il regio commissario, vista la domanda della vedova dell’operaio Spinella Francesco, Merlino Caterina, morto nell’aprile u.s. nel momento che estraeva dalle cave comunali la pietra pomice, onde venisse condonato di quanto doveva al Comune per diritto di escavazione; considerato che il pietoso caso e la miserrima condizione in cui vive la vedova ed i figli dell’estinto ed i precedenti consimili autorizzano ad accogliere l’istanza, determina, bonificarsi agli eredi del defunto operaio Spinella Francesco la somma di lire 69 e centesimi 94.
Questi i soli casi individuati nelle delibere del Consiglio Comunale, e riferiti a capo grotte, ma non vi sono possibilità di ulteriori riscontri per i secoli precedenti, tali da consentire una visione complessiva né per poter stabilire una qualche statistica.
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Una descrizione dell’attività estrattiva in cava era contenuta in un rapporto di Norman Douglass al Foreign Office del 1895.
(…) Le cave sono scavate dentro strati di lapillo e cenere che hanno gradualmente coperto la pomice. Ogni tanto loro scoprono il minerale in superficie, altre volte occorre traversare lo spesso strato di tufo bianco prima di arrivare al minerale. Scavare in queste circostanze non è facile. Queste cave sono illuminate ogni tanto da piccole lampade di terracotta in stile antico, e sono così strette che due uomini passano per poco, la deficienza di aria è presto sentita. Alcune volte, quando uno strato di pomice è stato ritrovato, vengono realizzate gallerie a raggiera per ottenere il maggior prodotto possibile, “sometimes, when a stratum of pumice has been reached, radiating galleries are constructed to gain a larger supply of pumice out of the soft material in which it lies imbeddied”.
(…) Il numero di cave attuali che lavorano è stato stimato in 250, però questo non indica la quantità di lavoratori, in alcune possono trovare posto 3 o 4 addetti, in altre sino a 15 uomini. Il numero dei “cave-workmen” poi oscilla a seconda delle esigenze e delle stagioni dell’anno.
Douglass stima circa 1.000 addetti nell’industria della pomice di cui 600 almeno destinati all’attività estrattiva. Il numero dei capi grotta e degli addetti è corretto, come abbiamo visto nel corso dell’inchiesta del 1893 sul diritto di percezione.
Prosegue con la descrizione del ruolo e delle funzioni del Capo grotta, che aveva la responsabilità di scegliere il sito dove scavare la grotta e predisporre i sostegni per i lati della stessa per evitare il crollo e la morte degli operai sotto il suo comando: The workmen are under a “capo” or head, who selects a site for digging and is responsible for sustaining the sides and roof of the cave with wood, faggots, & c, in case of necessity.
Continua con la descrizione degli orari di lavoro e dei giorni in cui veniva sospesa l’attività di estrazione. Si limita ad indicare l’orario di sospensione giornaliero, intorno alle 15,00 ma non da alcuna indicazione dell’inizio degli stessi, conclude confermando la sosta per i mesi della vendemmia. Douglass afferma che gli incidenti erano rari e generalmente dovuti al collasso delle gallerie. Accidents are rare and generally due to the collapse of a tunnel. Niente era fatto per assicurare da tali incidenti. Nothing is done in the nature of insurance.
Douglass condanna senza mezzi termini l’utilizzazione dei bambini nell’attività pomicifera. “A discreditable feature is the employment of child labour.”, egli ritiene che le violazioni erano dovute all’assenza di controlli. Bambini di ambo i sessi erano inviati dai loro genitori al lavoro, con stipendi ridicoli, nella raccolta del pezzame, o nel trasporto sulle spalle delle pesanti ceste lungo la rapida discesa per Canneto, sotto un sole abbagliante, per due volte al giorno.
Douglass riteneva il lavoro di trasporto molto più severo dello scavo in grotta, e che gli effetti erano fortemente dannosi soprattutto nello sviluppo dei giovani ragazzi nella fascia di età tra 5 e 14 anni, “This is for adults a more continuous and severe strain than the work in the tunnels, and cannot fail to have an injurious effect on the development of young children of 5-14 years of age”.
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