Così scrive Luigi Bernabò Brea, in premessa, nel corposo
volume (pubblicato nel 1981) dal titolo “MENANDRO E IL TEATRO GRECO NELLE
TERRECOTTE LIPARESI”:
“Negli scavi della necropoli dell’antica Lipàra è stata
rinvenuta una ingente massa di piccole terracotte di argomento teatrale. Si
tratta di modellini fittili di maschere e di statuette di attori. Ai pezzi
provenienti da scavi e da rinvenimenti fortuiti del secolo scorso, ora
conservati nei musei di Glasgow, di Cefalù e di Palermo e a quelli, assai
numerosi, raccolti nelle prime campagne di scavo eseguite dal museo Eoliano di
Lipari fra il 1948 e il 1978, soprattutto nei terreni della mensa vescovile e
zone adiacenti della contrada Diana di Lipari e di scoperte recenti nell’isola
di Stromboli. Sono ormai, fra interi e frammentari, un migliaio di pezzi che
riguardano tutti i generi della produzione teatrale greca vera e propria, come
la tragedia, il dramma satiresco e la commedia, ma comprendono anche generi
letterari e cioè figure di auletrie, di danzatori e danzatrici, di acrobati, di
giocolieri ecc.; insomma tutto il mondo del teatro nella sua più vasta
eccezione.
Il complesso delle terracotte teatrali liparesi è di gran
lunga il più cospicuo, il più vasto, il più completo che sia finora venuto in
luce in una sola località dal mondo greco, ma anche uno dei più omogenei e dei
più antichi. Esso si scagliona infatti attraverso poco più di un secolo dalla
prima metà del IV alla metà del III secolo a.C.. Si tratta cioè di una
produzione artigianale a cui ha posto improvvisa e drastica fine la distruzione
di Lipari da parte dei romani nel 252 a. C.. Ed è una produzione questa, che,
come quella della contemporanea ceramica dipinta, si connette essenzialmente al
culto dei defunti.
Lo dimostra la provenienza pressochè esclusiva di queste
piccole terracotte dall’area della necropoli, ove le troviamo frequentemente
sparse intorno alle tombe, a cui dovevano essere portate come offerta, o
raccolte in fosse sacrali, che erano
forse discariche dei resti di scarifici o di ustrini. Molteplici sono dunque
gli interessi che la scoperta di questo complesso di terracotte può suscitare.
Esse sono innanzi tutto una chiara testimonianza della larga diffusione che
nella Lipari di questa età aveva avuto la religione dionisiaca e dimostrano la
connessione, più intima ed evidente che , in qualsiasi altro centro della
Grecia di Occidente, fra i vari aspetti della complessa personalità di
Dionisio, quale dio che offre le eterne beatitudini del mondo ultraterreno e quale dio del teatro.
Ma queste piccole terracotte, proprio grazie al loro numero,
alla loro grande varietà e ai limiti cronologici ben definiti della loro produzione,
sono un documento di eccezionale interesse per la conoscenza del costume
scenico della loro età, del periodo cioè che va da qualche decennio dopo la
morte di Sofocle, di Euripide e di Aristofane, all’età in cui la commedia di
Menandro aveva conquistato tutti i teatri del mondo greco.
I documenti contemporanei del costume scenico di questa età
erano finora scarsissimi, almeno in alcuni settori, come quello della tragedia.
Le nostre terracotte aprono dunque un nuovo ampio campo alla ricerca e portano
un sostanziale contributo alla storia del teatro greco nel suo insieme. Ma le
terracotte figurate sono anche l’espressione di un artigianato di notevolissimo
livello, fiorito nella Lipari di questa età, che si ispira senza dubbio a
prototipi creati ad Atene e forse diffusi per tutto il mondo greco, ma che si
sviluppa peraltro secondo tradizioni proprie e secondo i gusti della clientela
a cui era rivolto. Esse sono quindi di per se stesse una forma d’arte che ha
una sua propria originalità, ma che soprattutto riflette, sia pure in un campo
particolarissimo, i movimenti e le tendenze della grande arte contemporanea.
Esse pongono interessanti quesiti sui rapporti, senza dubbio
assai stretti, intercorsi fra le arti maggiori, quali la scultura monumentale e
la pittura, e l’arte specializzatissima degli skeuopoiòi, degli artisti cioè
che creavano le maschere teatrali e le altre attrezzature sceniche, di coloro
che oggi chiameremmo gli scenografi e i costumisti. Intimamente connessi con le
terracotte teatrali sono i minuscoli ritratti usciti dalle mani degli stessi
maestri, prodotti dallo tesso artigianato anch’essi nel duplice aspetto di
statuette e di maschere ritratto.
Pur nella modesta e popolarissima forma della coroplastica
essi ci offrono una documentazione contemporanea di eccezionale interesse sulla
ritrattistica del primo ellenismo, precedendo di oltre due secoli le ritrattistica
marmorea diffusa in età romana. Gli scavi sistematici della necropoli di Lipari
iniziati nel 1948, quando io reggevo - continua Luigi Bernabò Brea nella sua
descrizione introduttiva- la
Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, e continuati poi, dopo
il mio collocamento a riposo, sotto la reggenza dei miei successori, sono stati
diretti sul terreno, a partire dal 1951, da Madeleine Cavalier, «chargèe de recherche» al Centre National de la Recherche
Scientifique e conservatrice del Museo Eoliano di Lipari, ove tutto il
materiale rinvenuto è oggi archiviato.
Alla attiva e costante collaborazione della Cavalier sono
dovuti non solo lo scavo, ma anche la classificazione, l’inventario e la
documentazione del materiale. Il presente studio è quindi per larga parte
frutto del nostro lavoro comune di un trentennio e ad essa è dovuto
l’approfondimento di un particolare aspetto di questa ricerca, quello dei
rapporti fra le terracotte teatrali e la ceramica, che forma l’argomento
dell’Appendice II.
Devo gratitudine ai miei successori Paola Pelagatti e
Giuseppe Voza per avermi reso possibile la continuazione degli scavi e lo
studio dei materiali, dandomi a questo fine tutte le possibili agevolazioni.
Ringrazio la direzione del Museo Mandralisca di Cefalù e del Museo del Parco di
Kelvingrove di Glasgow per avermi consentito lo studio dei materiali liparesi
in essi conservati e i colleghi Vincenzo Tusa, Alfonso De Franciscis e Gino
Felice Lo Porto per quanto riguarda lo studio dei materiali di confronto nei
musei di Palermo, di Napoli e di Taranto; l’Ecole Francaise de Rome e
l’Istituto Archeologico Germanico di Roma, l’Istituto di Archeologia
dell’Università di Catania, gli Istituti di Archeologia, di Letteratura greca e
di Filologia classica dell’Università di Genova per la liberalità con cui mi
hanno accolto, facilitando in ogni modo le mie ricerche. Il Dott. Horst Blanck
e la direzione dell’Antikensammlung di Munchen per le belle fotografie
procuratemi. Importantissimi sono i consigli che ci ha dato il prof. A. D.
Trendall dell’Università australiana di Melbourne per quanto riguarda la
ceramica figurata con cui le terracotte teatrali sono associate nella necropoli
liparese.
Le fotografie dei materiali liparesi
sono dovute a M. Cavalier, a Salvatore Fontana e a Oreste Ragusi; mentre il
restauro dei materiali degli scavi successivi a quelli pubblicati in Meligunìs-Lipàra
II è dovuto a Bartolo Mandarano, a Filippo Famularo e a Rosario Giardina. Alla
presentazione museografica dei pezzi hanno collaborato Ignazio Travia e Pippo
Betta”.
Il prezioso volume è arricchito da numerose tavole con
disegni, foto in bianco e nero ed a colori.
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