“LUCI DEL MEDITERRANEO-
I FARI DI CALABRIA E SICILIA “ di Francesca FATTA con
disegni, rilievi e
carte storiche.
“L’estensione dello spazio, la
peculiarità del paesaggio, la compattezza d’assieme creano l’impressione che il
Mediterraneo sia ad un tempo un mondo a sé e il centro del mondo: un mare
circondato da terre, una terra bagnata dal mare.” Così Predrag Matvejevic
descrive il nostro mare, luogo della ricerca entro il quale questo volume si muove. L’argomento dei fari
è di grande attualità oggi, sia per il rinnovato dibattito sulla
salvaguardia ambientale delle coste, che
per il rischio di perdere gran parte delle strutture oramai abbandonate, dopo
che, per esse, è venuta meno la figura del farista che le utilizzava anche come
abitazione. I fari del Mediterraneo, tranne poche eccezione, non hanno
l’imponenza monumentale di quelli atlantici, proprio perché la caratteristica
delle coste e i movimenti di questo mare non sono quelli dell’oceano. Essi sono
stati definiti in molti modi: le sentinelle del mare, i templi del mare, i
luoghi del silenzio, a testimoniare l’indubbio fascino che esprimono sia visti
da terra che dal mare. Eppure questi manufatti sono reali, misurabili nella
loro estensione, fatti di pietre e intonaci e, proprio per questo , vanno
documentati, analizzati, confrontati e compresi nella loro dimensione
architettonica e paesaggistica, per essere conosciuti e tutelati meglio. L'autrice
indica un percorso di lettura, tra storia e mito, del paesaggio delle coste
calabresi e siciliane, seguendo la presenza dei fari che ne segnano la rotta.
Fari storici e fari moderni, in tutto sessanta manufatti, rappresentati nelle
carte d'archivio, nei profili letti dal mare, nelle foto e nei rilievi a scala
architettonica, fino alla decostruzione e all'analisi di una decina di
esemplari campione dei quali è stato realizzato il modello informatizzato. Il
Gruppo di lavoro è formato da Sebastiano Nucifora (Dottore di ricerca in
Rilievo e rappresentazione dell'architettura e dell'ambiente) che ha svolto
anche il ruolo di coordinamento; Gabriella Curti (Assegnista di Ricerca, già
Dottore di Ricerca in Rilievo e rappresentazione dell'architettura e
dell'ambiente); Anna Petino (Dottoranda di Ricerca in Rilievo e
rappresentazione dell'architettura e dell'ambiente); Agostino Urso (Assegnista
di Ricerca, esperto in architettura digitale), Maria Calandra (Architetto
presso la Soprintendenza BB. CC. AA. di Catania). La presentazione del volume è
di Massimo Giovannini, Preside della Facoltà di Architettura di Reggio
Calabria, già Direttore del Dipartimento di Architettura e Analisi della Città
Mediterranea, dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria. L'introduzione è
di Predrag Matvejeviè, (ripresa da: Mediterraneo. Un nuovo breviario, Garzanti,
Milano, 1996). Professore all'Università di Zagabria e poi alla Sorbona a
Parigi, insegna attualmente letterature slave all'Università "La
Sapienza" di Roma.
FRANCESCA FATTA (Palermo 1955).
Architetto, Professore Straordinario di Disegno
dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, insegna Disegno
dell'Architettura presso la Facoltà di Architettura e svolge attività di ricerca
nel Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea. Da anni si
occupa dello studio degli insediamenti urbani e dei complessi architettonici in
area mediterranea ed in particolare dei sistemi di relazione dei luoghi di
mercato nei tessuti storici. Appassionata di mare, ha anche frequentato la
scuola velica di Caprera negli anni '74, '75 e '76.
SEGNI DI MEDIAZIONE
Stralcio presentazione di Massimo Giovannini
I fari sono segni di mediazione. Sono fatti di terra e
di mare. Lumi pieni di significato. Architetture speciali. Architetture tese.
In cui la funzione determina la forma. Progettate per indicare il segno. Semafori
per accompagnare la rotta delle navi. I pensieri del farista sono fatti di mare
e di terra. Sono segnati dall'immanenza del mare e si nutrono dell'immanenza
della terra. Grazie a questo bel libro, anche i nostri pensieri oggi sono un pò
più felicemente pieni di mare e di terra.
MEDITERRANEO :
ETERNO E QUOTIDIANO
Stralcio introduzione di Predrag Matvejevic
Anche i fari sono simili ai templi del Mediterraneo, e
non si può lasciarli solo ai servizi costieri o a quelli della navigazione.
Solitamente vengono classificati in rapporto all'età e alle dimensioni, al modo
in cui sono stati costruiti e ai luoghi su cui sono stati innalzati, promontori
o isole da cui fanno luce: è bene prendere altresì in considerazione la maniera
in cui il mare li circonda, di quale specie è il loro isolamento o il distacco, in quali rapporti si trovano
con i porti più vicini, l'eventuale intenzione che hanno di diventare porti
essi stessi. E, da ultimo a chi fanno luce e su quali percorsi (sul piano
sentimentale si continua a dire che la loro luce è nostalgica, intermittente,
vibrante e così via). Sulle ragioni per le quali alcuni singoli lanternisti e
guardiani di fari abbiano deciso di vivere in solitudine distribuendo luce
intorno non è il caso di discutere. I fari ricevono un posto di tutto rispetto
sulle carte nautiche di grandi dimensioni, ma anche nei ricordi dei naufraghi
non vengono tralasciati. Ad essi sono dedicate talvolta delle immagini nelle
case di coloro che hanno perduto i loro congiunti in mare: l'ex voto è testimonianza
popolare e pagana al tempo stesso, i cui santuari sono i più numerosi sul
Mediterraneo. I fari hanno tratti comuni con i monasteri che, da laici colti,
non si dovrebbero sottovalutare. La riva, il porto, il molo e il ponte della
nave, la piazza cittadina e il mercato, la pescheria, lo spazio vicino alla
fontana o al faro, accanto alla chiesa o al monastero, il cimitero e il mare
stesso diventano dunque di tanto in tanto palcoscenici aperti. Sui quali
vengono giocati ruoli diversi, insignificanti e fatali, sui quali si svolgono
rituali quotidiani ed eterni. Di simili
scene e avvenimenti sono pieni i secoli: il passato e il presente del
Mediterraneo, la storia del teatro mediterraneo.
LUCI DEL MEDITERRANEO
di Francesca FATTA
Questo libro vuol essere la testimonianza di un
interesse per delle architetture soggette al rischio di non sopravvivere ancora
a lungo. Da quando la figura del farista è stata sostituita dai radiocomandi le
strutture architettoniche, in gran parte, versano in stato di abbandono. I
satelliti e i GPS, grazie all'altissima precisione dei rilevamenti e alla
semplicità di uso della strumentazione, hanno reso la navigazione sicura al
punto che la presenza del faro si è tradotta, da punto di avvistamento
fondamentale, a punto di riconoscimento paesaggistico. Una sorta di archeologia
industriale della navigazione che va riconosciuta e valorizzata. Da tali
presupposti è nata la ricerca documentata nelle pagine che seguono. Un lavoro
che ha visto impegnato un gruppo di lavoro costituito da Gabriella Curti, Anna
Petino, Agostino Urso, Maria Calandra e, soprattutto, Sebastiano Nucifora che,
con la sua capacità di ricercare su questi temi, ha contribuito in modo
determinante alla organizzazione del volume. Esso si struttura in due parti: la
prima affronta il tema del faro secondo un’ottica complessiva che tocca la
storia, il mito, la tecnica, l’architettura. La seconda parte è un “atlante” in
cui sono presenti sessanta fari delle coste della Calabria e della Sicilia, e
si conclude con una “appendice” che riguarda le tavole grafiche dei progetti di
alcuni fari siciliani della metà del XIX secolo, custoditi presso l’Archivio di
Stato di Palermo. Sebastiano Nucifora inquadra il tema in una dimensione
storica e paesaggistica in cui si pongono in evidenza i riferimenti tipologici
e concettuali che legano la torre d’avvistamento e il faro come “nodi di un
sistema reticolare capace di riconnettere, fisicamente e concettualmente,
l’intero territorio costiero”. Il ruolo e la presenza dei fari si sovrappone al
sistema dei segni naturali scegliendone alcuni e scartandone altri per generare
un nuovo sistema semiotico che, da un lato, serve a spiegare il territorio e,
dall’altro, dà vita a una rete invisibile di segni che richiede a sua volta di
essere decodificata. Se le condizioni di accoglienza, controllo, pericolo
costituiscono le coordinate del viaggio tra i segnali di avvistamento, è
comunque interessante anche l’aspetto configurativo del faro in sé che
Gabriella Curti analizza grazie ad alcuni esempi campione tratti dall’Album dei
Fari del Regno d’Italia del 1873, il primo lavoro di riordino post-unitario che
raccoglie i progetti per potenziare l’assetto per l’illuminazione e
segnalazione dei punti cospicui e dei capi costieri. Piante e prospetti dei progetti
architettonici mostrano un nuovo Stato, forte e moderno, teso a organizzarsi in
un Mediterraneo complesso e trafficato. Altro aspetto che determina il fascino
del faro riguarda la tecnologia degli apparati illuminanti e – contrariamente a
quanto spesso descritto a proposito dei silenzi che circondano il faro – spesso
assordanti nella notte a causa dei loro meccanismi rotanti azionati da gruppi
elettrogeni rumorosissimi. Anna Petino mette in evidenza il processo evolutivo
dei sistemi di segnalazione luminosa, dai fuochi notturni, alle lenti rotanti
azionate dal farista, ai radiocomandi, ai rilevamenti GPS. Agostino Urso
sviluppa il progetto di rappresentazione del faro secondo la costruzione di un
modello digitale, frutto della combinazione di più piani di proiezione e,
infine, Maria Calandra inquadra i fari della Calabria e della Sicilia secondo
una lettura per differenze ovvero per tipologie insediative, rappresentate in
una grande tavola grafica che mostra il quadro sinottico dei fari. “Se però la
lanterna può dirsi l’anima del faro, e in definitiva la sua ragion d’essere,
essa è nella sostanza solo uno degli elementi che lo compongono, sotto la
quale, fisicamente, si propone il corpo del faro con la sua torre e, spesso, il
suo caseggiato dalle forme e dimensioni più svariate.
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