(di Gianni Iacolino) È d’uso da sempre, nelle nostre comunità, affibbiare ‘u ‘nciuriu, soprannomi espressione di attitudini o di mestieri di singoli o di famiglie. Nelle Eolie, è dal mondo ittico che si usa prendere in prestito la maggior parte dei nomignoli con cui marchiare a vita il fortunato o più spesso il malcapitato, a seconda della scelta del pesce destinato a caratterizzarlo per tutta la vita. ” Mettiri ‘u ‘ nciuriu ” corrisponde al battesimo nelle piccole comunità ed è una consuetudine che, a volte, risulta necessaria anche a causa dell’omonimia che creerebbe confusione senza l’aiuto del soprannome.
E così nel corso degli anni fiorivano i vari mazzuni, bavusa, cefalu, saragu, saragu ‘i portu, sparagghiuni, tri pisci, scorfanu, buddacia, totanu, occhi ‘i totani, calamaru, piscicani .
Ovviamente alcuni erano anche orgogliosi del proprio soprannome: tutto dipendeva dalla scelta del nome del pesce.
Poteva sentirsi orgoglioso chi si sentiva chiamare totanu o bavusa? Poteva finire a rissa. Ma sapere di essere un sarago, un cefalo, pesci furbissimi, era certamente motivo di vanto. La sardina non era in auge. Non ricordo mai qualcuno soprannominato così. La sardina non appartiene né alla categoria dei furbi, né a quella dei fessi.
È un pesce azzurro ricco di buona chimica, non è prepotente, non fa male a nessuno. Ottima scelta, azzeccata in pieno , quella fatta dai promotori del movimento nato a Bologna. A Lipari , da parecchi anni , erano in bella mostra “Alici attonite” , ma questa è un’altra storia.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.