Gentile Direttore,
come probabilmente ricorderà, per un paio di mandati ho ricoperto la carica di consigliere del Comune di Lipari. Erano gli anni della chiusura definitiva delle cave di pomice, dopo la quale è sorto un ovvio interrogativo sul futuro delle stesse; il Piano di Gestione del sito UNESCO auspicava la sua trasformazione in un parco geo-minerario, un’opzione solidamente motivata dall’importanza dei luoghi e del ruolo che la pomice ha avuto nella storia di quest’isola, ma anche straordinariamente dispendiosa, perché si trattava di affrontare complessi interventi di messa in sicurezza e rifunzionalizzazione delle cave e degli edifici industriali. Nel 2021, quasi inaspettatamente, la Regione ha imposto un vincolo e offerto una somma per l’acquisto dell’area, ma soprattutto ha individuato un asse finanziario e delineato un progetto per il suo recupero, con una spesa stimata di 29 milioni di euro. Il vincolo è stato però bocciato da un ricorso al TAR, al quale stranamente nessuno si è opposto in successivo grado di giudizio, e anche l’offerta economica è stata rigettata dal curatore fallimentare. Va da sé che anche i 29 milioni, una cifra mai investita sul territorio, si siano volatilizzati. Il risultato è che oggi si paventa l’acquisto delle ex cave da parte di un privato che, certamente, non vorrà farci amene passeggiate o fiere di beneficenza per il paese. Meglio che lasciarle così? Possiamo avere opinioni diverse sul quesito, ma non è questo il punto.
Ho iniziato questa lettera con un riferimento al passato ruolo di consigliere. Ciò non mi autorizza a insegnare nulla a nessuno, ma sicuramente mi ha permesso di imparare una cosa fondamentale: il consiglio comunale è il massimo organo rappresentativo della comunità locale e ha competenze ineludibili in materia di pianificazione e programmazione territoriale.
Mi sarei dunque atteso che dopo i recenti interventi apparsi su quotidiani nazionali, come l’articolo di Gian Antonio Stella su “Corriere della Sera”, e l’ultima dettagliata lettera del presidente della sezione eoliana di Italia Nostra, che spiega molto bene come una serie di allarmanti conflitti di interesse potrebbero avere viziato la vicenda, il Consiglio Comunale si decidesse ad affrontare l’argomento e, magari, ad esprimere un indirizzo rappresentativo della volontà della comunità. Invece, il Consiglio tace.
Non credo che il motivo siano problemi più urgenti o importanti, e se qualcuno dovesse pensarlo, farebbe bene a rivedere le proprie convinzioni, perché sulla pomice si gioca una parte del futuro dell’isola: se negli anni Cinquanta qualcuno avesse voluto trasformare il Castello in un resort, oggi non esisterebbe uno dei più celebri musei archeologici del Mediterraneo.
E allora, perché non accade nulla? Un dibattito, una mozione, un atto di indirizzo? Perché i consiglieri di maggioranza e di minoranza stanno abdicando al ruolo che gli è stato assegnato dai loro elettori?
Lasciare una questione che riguarda chilometri quadrati di ex cave, migliaia di metri cubi di edifici e secoli di storia a immiserire il dibattito sui social e le chiacchiere al bar, è un atto di feroce irresponsabilità che – indipendentemente dalle diverse sensibilità – credo che i cittadini non meritino.
Mi auguro che questa breve riflessione, piuttosto che alimentare nuove polemiche, possa essere accolta in maniera costruttiva dai nostri rappresentanti consiliari e li spinga a rimediare a un silenzio che oggi può sembrare preoccupante, ma domani sarà certamente colpevole.
E voglio loro ricordare un episodio del 2021, una passeggiata tra gli stabilimenti della Pumex fatta insieme a Giovanni Portelli, purtroppo recentemente scomparso, con il quale avevo condiviso un mandato in consiglio. Giovanni possedeva un carattere forte e modi a volte bruschi, ma davanti ai capannoni svuotati frettolosamente dei macchinari dalla curatela fallimentare, davanti alla scomparsa di tutto ciò che raccontava la sua e mille altre esistenze, non riuscì a trattenere le lacrime. Ecco, credo che quelle lacrime avrebbero saputo spiegare tutto questo molto più e molto meglio delle poche righe che state leggendo.
Pietro Lo Cascio
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