Da un lato, la pesca intensiva e pratiche illegali hanno impoverito i fondali e messo in pericolo la biodiversità marina, minacciando non solo le specie più fragili ma anche la sopravvivenza dei pescatori tradizionali. Dall’altro, un turismo mordi e fuggi, poco rispettoso della capacità di carico delle isole, genera un impatto insostenibile: sovraffollamento, crisi idrica, aumento dei rifiuti, degrado delle risorse naturali e inquinamento.
Un’Area Marina Protetta non significherebbe chiusura, ma gestione consapevole. Essa permetterebbe di salvaguardare habitat preziosi, contrastare la perdita di specie, promuovere una pesca sostenibile e, allo stesso tempo, attrarre un turismo di qualità, più rispettoso e duraturo. Inoltre, rafforzerebbe il controllo sul territorio e renderebbe le isole più resilienti di fronte agli effetti della crisi climatica e delle emergenze ambientali.
In questo senso, la protezione dell’arcipelago non è un ostacolo allo sviluppo, ma un investimento sul futuro: preservare il mare e le sue risorse significa assicurare prosperità economica, equilibrio ecologico e dignità sociale alle generazioni presenti e future.
Ci arriveremo mai...?
Samuele Amendola
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