da www.messinatoday.it - Articolo di Andrea Castorina
A tu per tu con l'autrice di "Finis Terrae" il reportage dedicato al più affascinante centro delle Eolie. La decisione di partire dopo il lockdown e il difficile ambientamento: "Mi hanno accolto quasi con ostilità ma poi ho saputo ascoltare e capire una terra dove non scappi neanche da te stesso"
“Dopo il lockdown cercavo un posto dove non c'era nessuno, dove non prendeva il telefono”. Così la documentarista Marzia Rumi risponde all'inevitabile domanda sul perché una ragazza romana abbia scelto di vivere ad Alicudi per alcuni mesi. Da qui inizia il suo racconto, da qui inizia “Finis Terrae”, il documentario con cui Rumi narra la più “sperduta” isola delle Eolie. Un lavoro curato in ogni dettaglio che recentemente si è aggiudicato anche l'ambito premio durante il Festival del Cinema di Cefalù.
“Durante la pandemia - racconta Marzia Rumi - abbiamo rimesso in discussione il nostro modo di vivere e quando le restrizioni si sono allentate ho sentito il bisogno di raggiungere un luogo che potesse darmi l'ispirazione che cercavo per il mio lavoro. Sono legata alla Sicilia che amo in tutti i suoi aspetti anche grazie a un'amica di Torre Faro con cui ho trascorso tante vacanze guardando lo Stretto. È stata proprio lei a parlarmi per la prima volta di Alicudi”.
E così si arriva al maggio 2020. “Ho messo piede ad Alicudi per la prima volta - racconta la reporter - e ho dovuto subito fare i conti con un'accoglienza molto diversa da quella che mi aspettavo conoscendo i siciliani. Ho trovato un atteggiamento quasi respingente da parte degli isolani ma ho immediatamente capito che dovevo solo avere fiducia per costruire piano piano un rapporto e un dialogo che mi permettesse di raccontare l'isola. Da qui la decisione di creare la colonna sonora di ‘Finis Terrae’ con il prezioso contributo della compositrice Sofia Albanese che ha registrato in presa diretta i suoni dell'isola".
Marzia inizia un percorso durato cinque anni. Un'esperienza di vita finita dentro un documentario in cui a raccontare non è solo quella trentina di persone che sfidano ogni ostilità e abitano l'isola tutto l'anno. Parlano gli animali, i paesaggi, i silenzi dell'isola. “Alicudi lentamente è diventato il mio rifugio - racconta Rumi - passati i primi giorni dettati dall'entusiasmo della novità mi sono però resa conto di quanto quest'isola fosse forte. Ricordo i mille gradini per raggiungere Pianicello e la prima casa che avevo affittato”. Ho vissuto con la sensazione di non poter scappare da nulla, neanche da te stesso. Questo è il vero aspetto dell'isolamento. Alicudi detta i tempi, impone uno stile di vita che non puoi ignorare. Se capisci questi inizi ad apprezzare anche i difetti del posto”.
Pazienza, dedizione e un'infinita attrazione per un luogo magico. “Alicudi ha tanto da raccontare - precisa l'autrice - anche dall'atteggiamento di chi ci è nato e ci vive, un modo di ragionare che a volte si fatica a decifrare. Lì ognuno fa la sua vita, il pescatore, il contadino e nient'altro sembra di loro interesse. Ma alla fine si aprono e hanno accolto il film come un grande gesto d'amore nei miei confronti”.
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