In queste settimane dopo Pasqua fino all’Ascensione
che si celebrerà domenica prossima, la Chiesa ci propone nei Vangeli delle
domeniche, facendo riferimento soprattutto all’evangelista Giovanni, quella che
definirei “la Grande Missione” che il Signore affida ai credenti cioè a tutti
quelli che si dichiarano cristiani. Penso che valga la pena riassumere e
riproporre i tratti di essa.
Nello stesso giorno in cui risorge, i Vangeli ci
parlano di tre incontri di Gesù, con Maria di Magdala (Gv 20,11-15), con i
discepoli di Emmaus ((Luca 24, 13-35) e infine,
ancora in Giovanni con tutti gli apostoli meno Tommaso e molti discepoli in una
casa a porte chiuse “ per paura dei capi ebrei” (20, 19-23). E proprio
quest’ultimo incontro, avvenuto la sera dello stesso giorno della Resurrezione,
assume in Giovanni un significato speciale diverso dagli altri. L’incontro con
Maria di Magdala è caratterizzato dai sentimenti, quello con i discepoli di
Emmaus dalla rilettura della propria missione terrena alla luce delle Scritture. L’incontro
nella casa dalle porte chiuse ha invece un carattere più istituzionale,
potremmo dire che è il primo Concilio della nuova Chiesa in cui Gesù lancia la
“Grande missione” : ”Come il Padre ha
mandato me anche io mando voi” , parla del perdono dei peccati e soffiando dona
la forza dello Spirito Santo.
A chi è rivolta la Grande Missione ?
Agli Apostoli cioè ai 12 anzi agli 11 senza Giuda? No, a tutti i discepoli,
Giovanni è chiaro in questo: la Grande missione, compresa la remissione dei
peccati, è per tutta la comunità. I presbiteri che rappresentano gli Apostoli
hanno il compito di guidare la comunità, non di sostituirsi ad essa.
Il mandato enunciato nel primo giorno
della Resurrezione va ulteriormente approfondito e questo avviene grazie alla
incredulità di Tommaso. E’ in risposta ai suoi dubbi che Gesù afferma : ”
perché hai veduto hai creduto? Beati quelli che non hanno visto e hanno
creduto.
Rispondendo a Tommaso Gesù chiama “beati” quelli che non hanno visto ed hanno creduto. Perché “beati” ? Perché chi pratica un amore che si fa servizio per gli altri incontra in sé una qualità di vita che è la stessa di Dio e quindi può sperimentare la presenza di Cristo vivo e vivificante. Chi crede vede è la sfida che Gesù ci rivolge.
La missione di Pietro
Dopo l’incontro nella casa a porte chiuse dove Gesù
lancia la “Grande missione” gli apostoli ed i discepoli che l’avevano seguito a
Gerusalemme tornano in Galilea ma più che alla missione promossa da Gesù
sembrano dedicarsi a riprendere le ordinarie attività a cominciare dalla pesca
su iniziativa di Pietro. Ma senza successo. Forse perché sfortunati ma forse
perché non si impegnano con convinzione. Sono disorientati, non sanno abituarsi
alla assenza di Gesù. E Gesù viene da loro. È sulla spiaggia al loro ritorno.
Subito i discepoli non riconoscono il Maestro. E’
Giovanni, l’apostolo che Gesù amava, che capisce chi é l’uomo sulla spiaggia e
lo dice a Pietro che subito si getta in mare per raggiungerlo. Pietro che più
degli altri ha bisogno di rincontrare il Maestro dopo che lo ha rinnegato di
fronte ad una cameriera malgrado Gesù l’avesse definito “la roccia” su
cui edificava la sua chiesa.
Su suggerimento di Gesù i discepoli prendono con la
barca nuovamente il largo e gettano le reti e queta volta il successo non
manca. Possono tornare a riva con le reti stracariche di pesce dove Gesù li
aspetta intorno un fuoco acceso col pane ed alcuni pesci ad abbrustolire. Così
Gesù è venuto a rincuorarli perché comprende che il loro disorientamento è
forte.
Ma non è solo per dare loro conforto che Gesù è
venuto sul Lago di Tiberiade, lì dove la loro avventura ha avuto inizio. C’è
un’altra ragione ed è Pietro. Gesù sa che può fare sempre conto su di lui ma ha
bisogno di un chiarimento. Pietro corrisponde alla fiducia piena e personale
che Gesù gli ha dato? Lo ama lui più degli altri? Quanto è grande la sua
dedizione? Non è facile per Pietro rispondere, se ripensa al canto del gallo
subito dopo il rinnegamento.
Gesù chiede a Pietro se lo ama più degli altri, poi non insiste nel sollecitare un confronto, poi si contenta dell’amicizia. Gesù comprende l’imbarazzo di Pietro dopo quanto è avvenuto e non insiste. Pietro sa che Gesù legge nel suo cuore e si affida a lui e Gesù lo perdona e gli chiede di occuparsi dei nuovi fedeli e cioè di “pascere le sue pecore”.
I contenuti della “grande Missione”
Con questo interrogatorio di Pietro si chiude il
Vangelo di Giovanni che non ci parla dell’Ascensione ma nelle domeniche che prolungano il tempo
pasquale fino all’Ascensione, VIII domenica dopo Pasqua, la Chiesa ci ripropone
nei Vangeli gli insegnamenti essenziali che il Risorto consegna ai suoi fedeli
e su cui fonda la sua Chiesa: insegnamenti che sostanziano la Grande Missione. Essi
sono innanzitutto la rivelazione del vero progetto di Dio sull’umanità: tutti
siamo chiamati ad essere, per tramite dl
Cristo, una sola cosa col Padre e quindi parte della sua divinità; quindi la
consegna di un comandamento nuovo ultimo e definitivo; infine, con l’ascesa al
Padre, il dono dello Spirito consolatore e infine la rivelazione sensazionale: ”Se
uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui
e prenderemo dimora presso di lui”.
Si tratta di brevi richiami tratti dalla conclusione
di una discussione di Gesù con la folla di ebrei avvenuta nel portico del
tempio di Gerusalemme nella festa della riconsacrazione e dal discorso
dell’ultima cena. La prima è una
dichiarazione che racchiude tutta l’esperienza cristiana e qualifica il
legame profondo fra il Cristo e coloro che credono in lui e costituiscono la
Chiesa.
E’ Gesù stesso che riassume questa relazione con tre
verbi: ascoltare, seguire, conoscere.
“Ascoltare”
è molto di più del semplice sentire. Per aver fede n Gesù occorre ascoltarlo
creando una comunicazione profonda che giorno dopo giorno da vita alla
comunione. Questo tipo di colto caratterizza la fede ebraico-cristiana a
partire da Mosé che comunica le disposizioni di Dio sul monte Oreb.
Il secondo verbo dopo l’ascoltare è il “seguire”
che vuol dire il conformare la nostra vita alla sua, come lui la conforma al
Padre, senza correre avanti o attardarci nelle retrovie perché rischieremmo di
smarrirci e di perdere l’appartenenza alla comunità. Ed il terzo verbo è “conoscere”.
Una conoscenza dinamica, capace di penetrare nel profondo, da cui nasce
l’amore. L’amore fra il Padre e il Figlio che genera l’amore di Gesù verso di noi e di noi verso Gesù che
diventa per ciascuno di noi l’amico e l’amante fedele.
Se noi lo ascoltiamo, lo seguiamo, lo conosciamo e
l’amiamo, siamo nella sua mano e nessuno potrà strapparci via. Perché la mano
di Gesù Cristo è la mano di Dio. “Io e il Padre – ha detto Gesù – siamo una cosa
sola”: cioè letteralmente Gesù afferma “io sono uno con il Padre”. E siccome
l’uno nella simbologia biblica è il numero che indica la divinità questa
dichiarazione è insopportabile per i farisei. Una bestemmia che merita la morte.
Quella che per i capi religiosi di Israele è una bestemmia, per noi invece è garanzia di vita eterna. Ed è il vero progetto di Dio sull’umanità. Cioè, è volontà di Dio, che ogni creatura diventi suo figlio ed abbia la sua stessa vita divina.
Il comandamento nuovo
Il comandamento nuovo ha una premessa ed un contenuto. La premessa è la glorificazione del Figlio e del Padre in lui, il contenuto è l’amore reciproco. Gesù annunzia la glorificazione quando Giuda esce dal cenacolo per andarlo a denunziare al Sinedrio e dare inizio così alla Passione. Nell’amore incondizionato senza limiti, anche nei confronti del nemico, infatti si manifesta la gloria di Dio perché Dio è amore infinito. Queta glorificazione anche se passa per la morte in croce non è una fine ma un inizio, non produce lutto ma gioia, perché grazie alla morte di Gesù si effonde lo Spirito sulla sua comunità.
Il comandamento nuovo
non è un nuovo comandamento che sostituisce quelli di Mosé ma li qualifica e li
esalta dando vita ad una nuova alleanza fondata non sulla forza della legge ma
sulla grazia e la verità. L’amore vero si trasforma in servizio verso gli
altri. Da qui il segno della lavanda dei piedi che Gesù ha realizzato
nell’ultima cena.
Ed ecco quindi il
contenuto del comandamento nuovo: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi
gli uni gli altri”. E tutti sapranno che
siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri.
Non esiste altro distintivo per il cristiano e per la
comunità cristiana se non l’amore reciproco, un amore che si mette al servizio
degli altri, un amore che crea la comunità prima che le leggi e i regolamenti.
Si Padre, aiutaci ad amare il nostro prossimo anche se non è amabile, anche se
non è credente, anche se ha costumi e tradizioni lontano dalle nostre.
Un altro passo del discorso di Gesù nell’ultima cena annunzia la sua partenza ed avvertendo la preoccupazione dei discepoli di rimanere privi della sua presenza, li rincuora: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore”. Parole che scavalcano i secoli e sembrano rivolte anche a noi in un tempo in cui siamo ogni giorno agiati da mille paure: la guerra, la pandemia, le difficoltà economiche, i problemi sociali. Ed è anche a noi che sono rivolte le sue parole di rassicurazione: non rimarremo soli se sapremo corrispondere al suo amore.
Un nuovo Esodo
Il primo frutto di questo amore è il dono dello
Spirito Santo che il Padre manderà nel nome del Figlio col compito di
difenderci e di sostenerci. Lo Spirito ci insegnerà ogni cosa, ci ricorderà
quello che il Maestro ci ha detto ed anche quello che ha taciuto perché temeva
che non le comprendessimo. Lo Spirito trasforma in memoria creativa
l’insegnamento di Gesù, riproduce la sua carità, la sua capacità di offrirsi in
dono agli altri.
Il dono dello Spirito Santo nasce dal rapporto del
Figlio asceso al Padre e ricongiuntosi a lui. Dice Gesù in una dichiarazione sensazionale : ”Se uno mi ama osserverà la mia parola e il
Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Ecco
l’Emanuele il Dio con noi anzi il Dio in noi. Quindi non c’è più un Tempio dove
risiede il Signore ma ogni creatura è il tempio dove Dio si manifesta. Dio
diviene intimo all’uomo e si manifesta quando l’uomo sa esprimere la sua
umanità. Tanto più l'uomo è umano tanto più manifesta il divino che è in lui.
Con Gesù Dio
ha posto la sua tenda in mezzo a noi. E’ iniziato con Lui un nuovo Esodo, cioè
un cammino nuovo di liberazione dove ogni discepolo del Cristo diventa la sua
dimora divina. L’uomo aveva sacralizzato Dio chiudendolo nel Tempio e ponendo
limiti alla sua accessibilità, Dio ora sacralizza l’uomo e desacralizza tutto
quello che prima veniva concepito come sacro.
Il Dio di Gesù chiede dei figli non dei sudditi. E’ un Dio che non diminuisce l’uomo ma lo potenzia e soprattutto non chiede che l’uomo viva per lui, ma che viva di lui e sia con lui e come lui portatore di un’onda crescente di vita e di amore per tutta l’umanità. Questo ti chiediamo Padre che sappiamo farci portatori di questa consapevolezza nella Chiesa e nella società.
Michele Giacomantonio
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