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sabato 3 dicembre 2022

Corte dei Conti sul bilancio della regione Sicilia, contestati 866 milioni

La Sezioni riunite della Corte dei Conti ha sospeso il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione per il 2020 contestando numerose irregolarità nel conto economico e nel conto patrimoniale oltre che il risultato di amministrazione e ha deciso di sollevare la questione di legittimità costituzionale del ripiano del disavanzo di 2,2 miliardi che era stato spalmato in dieci esercizi finanziari mentre per i giudici andava fatto in tre anni.

Il governo Schifani, in sostanza, dovrebbe accantonare già nel prossimo bilancio 866 milioni di euro in attesa del pronunciamento della Consulta.

L'assessore all'Economia, Marco Falcone però al momento lo esclude: "Tratteremo subito col governo Meloni, basta una norma interpretativa che dia ragione alla Regione siciliana e che faccia decadere il motivo del contendere".

«Abbiamo ascoltato il pronunciamento della Corte e la questione della legittimità costituzionale che è stata sollevata a proposito del decreto legislativo firmato dal presidente del Cdm e dal Capo dello Stato, che consentiva alla Regione di spalmare il proprio debito in dieci anni. Pur non condividendo tale iniziativa che, a onor del vero, avrebbe potuto essere portata avanti un anno fa e non lo è stata, ci attiveremo perché il Governo e il Parlamento nazionali possano confermare tale facoltà. Riguardo alle altre partite che sono state contestate, le valuteremo per apportare i dovuti correttivi». Lo ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, al termine dell'udienza pubblica della Corte dei Conti per la parificazione del rendiconto generale della Regione per l'esercizio finanziario 2020.

Il pronunciamento dei giudici è più pesante rispetto alla richiesta che aveva fatto la Procura della Corte dei conti, che aveva proposto il via libera al bilancio consolidato 2020 senza le parti che riguardavano il ripianamento del disavanzo, il conto economico e quello patrimoniale oltre a una trentina di partite contabili contestate nei capitoli di entrata, di spesa e dei residui attivi e passivi. La partita più consistente riguarda il deficit. Per i giudici la Regione doveva spalmare il disavanzo in tre anni e non in dieci, come ha fatto, per due motivi: non si poteva fare con un decreto legislativo ma serviva una legge e comunque il provvedimento è stato fatto prima che fosse approvato lo stesso decreto legislativo. Sulla questione la palla passa alla Corte Costituzionale.

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