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sabato 5 marzo 2016

Terza tappa ieri sera in Cattedrale della Via Crucis biblica (di Michele Giacomantonio)

Ieri sera in Cattedrale la via Crucis biblica è giunta alla sua terza tappa: la settima, l’ottava e la nona stazione. Nelle prime due tappe ci sono stati il Getsemani, l’arresto, il processo e la condanna con la flagellazione. Protagonisti oltre a Gesù e l’Avversario: Giuda, Pietro, Caifa e Pilato. Nella terza tappa Gesù percorre il cammino verso il Calvario: dalla Torre Antonia dove era il Pretorio al Golgota, seicento metri o poco più, quanto il corso di Lipari. Ma sono i 600 metri più importanti della storia dell’umanità e della creazione.
Lungo la strada del Calvario Gesù fa due incontri importanti: Simone il Cireneo e un gruppo di donne di Gerusalemme. Chi è Simone? Perché è importante questo incontro? Che cosa vuol dire l’incontro con le donne? Perché Gesù tace per tutto il percorso verso, come concentrato nello sforzo di arrivare in cima, ma fa una eccezione per le donne e si ferma a parlare con loro?
Come le altre volte presiede la liturgia mons. Gaetano Sardella che introduce le stazioni leggendo i riferimenti biblici quindi i commenti tratti dal libretto: “Una Via Crucis per pregare e meditare”.
La prima a commentare è Gisella Baiamonte a cui è affidatala settima stazione: “Gesù è caricato della croce (Marco 15,20)”.
“Quelle poche centinaia di metri divengono l’epicentro del mondo, lo scenario in cui si gioca non solo il destino dell’umanità ma dell’intero universo creato. Per questo la passione, è così singolarmente cruenta. D’altronde ai lati del Padre e del Figlio non c’è solo il diavolo con i suoi sodali che cercano di rendere più gravoso il cammino verso la croce. Ci sono anche tutti coloro che, con lo sguardo fisso alla Passione, hanno offerto, nel tempo, le loro sofferenze a sostegno della missione di Cristo.
E’ la grande partita ma essa non la si gioca realmente fra il Cristo e l’Avversario. La si gioca fra il Padre ed il Figlio, un padre amorevole ed un figlio obbediente, e l’amore del Padre non è solo rivolto al Figlio ma a tutti gli uomini che vuole amare e da cui vuole essere amato liberamente e per questo ha consentito a questo progetto. Ma anche se il Padre è un Padre amorevole ed il Figlio è un figlio obbediente non per questo si tratta di una partita meno tragica. Il cammino della croce è il cammino per liberare il mondo dalla schiavitù del peccato e dalla morte e per rendere l’uomo libero, capace di redenzione e di vita eterna”.
Lungo questo cammino Gesù incontra – ottava stazione - un Cireneo che viene precettato per aiutarlo a portare la croce. Ne parla Guglielmo Sardella: “Passava di là un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna dove era stato a lavorare. I soldati lo fermarono e “lo costrinsero” a prendere la croce di Gesù e a portarla dietro di lui . Non fu quella di Simone una libera scelta, non lo fece volentieri, fu costretto. Probabilmente era un pagano visto che aveva dato ai suoi figli nomi pagani: Rufo e Alessandro. Comunque uno straniero che proveniva da Cirene una città sul litorale librico e certamente non amava impicciarsi nelle faccende ebraiche soprattutto quando c’erano di mezzo i romani. La decisione di dare un aiuto al condannato non dovette dispiacere all’Avversario perché avrebbe prolungato il supplizio di Gesù ed ampliato il tempo a disposizione per cercare di piegarlo, ma singolarmente dovette incontrare anche il favore di Gesù che voleva realizzare la sua missione fino in fondo. Niente ci dicono i Vangeli di uno scambio di parole o di sguardi fra Gesù e Simone ma qualcosa dovette avvenire se si sa di un Simone di Cirene che fu consacrato vescovo da san Pietro, predicò nella Spagna, e, ritornato a Gerusalemme, dopo una santa vita, si spense placidamente. Possiamo pensare che costretto ad aiutare Gesù contro la propria volontà, lungo il tragitto la sua contrarietà si muta in adesione, l’indifferenza in partecipazione alle sofferenze del Cristo. Questo vuol dire che anche per questo Simone c’è stato uno sguardo di Gesù che è sceso nell’animo in profondità perché non c’era nessun impedimento a contrastarlo”.
Infine l’incontro, nona stazione, con le donne di Gerusalemme. Ne parla Maria Rosa Moscato.
“Sulla via del Calvario impegnato in questo scontro frontale con l’Avversario, Gesù non parla con nessuno. E’ significativo che faccia un’eccezione rivolgendosi ad un gruppo di donne.
La condizione delle donne in Palestina al tempo di Gesù era di completa subordinazione agli uomini, e venivano considerate degli esseri inferiori. Un rabbino considerava il parlare con una donna in pubblico come una perdita della propria dignità.
Gesù rompe questa odiosa discriminazione contro di loro. Le donne divengono discepoli di Gesù, lo seguono nei suoi viaggi e nel suo ministero. Un certo numero di donne, sposate e non, sono state regolarmente sue seguaci. In Luca molte sono menzionate nella stessa frase con i Dodici.
Alle donne che per quanto emarginate sono le più sensibili riguardo alle ripercussioni soprattutto sulle loro famiglie, Gesù parla di un agire così sconsiderato dei loro capi che perseguitano chi predica l’amore e la pace e forniscono alibi ai dominatori per la repressione. Così egli annunzia le sofferenze che si abbatteranno su Gerusalemme in futuro e di cui soffriranno insieme ai loro figli”.
Dopo la Cattedrale, per gli ultimi due venerdì (l’11 ed il 18 di marzo), la Via Crucis biblica si sposterà all’Addolorata, alle 17.30.

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