Era un giorno di tempesta, il mare
batteva furioso la testa ricciuta di capelli bianchi; una dura testa
dalla fronte nera, contro gli scogli dell’isola del Purgatorio e
del porticciolo di Marina Corta. Il piccolo piroscafo che fa servizio
tra Milazzo e Lipari ballava sulle onde. Prima scese mia madre, nella
barca di Giuseppe Valastro. Poi il toro incappucciato, imbracato; poi
il prete nero, poi il dottor Fenech che veniva da Messina, poi
l’avvocato Franza, il mio padrone di casa, che veniva anch’egli
da Messina, poi i due carabinieri, col moschetto a tracolla, poi il
morto che avevano imbarcato a Vulcano, tutto avvolto in un lenzuolo
stretto da funi. Poi i sacchi di farina.
I primi giorni sull’isola sono narrati, da Malaparte, nel racconto “Paese antico” dove Lipari viene chiamato con il suo antico nome di Meligunis: (…) se non erro, il nome di quel paese, non segnato sulle carte, è Meligunis: e mi sembra che ricorra per la prima volta nell’Inno a Diana di Callimaco. Quando vi giungemmo in barca, dopo una lunga traversata su un mare liscio come una lastra di marmo, era già sera. Il borgo, con le sue casette basse di pietra pomice, a terrazze, bianchissime di calce, mi apparve deserto, abbandonato dagli abitanti. Le strade erano vuote e tristi, le case chiuse e silenziose. Passammo la notte in una locanda davanti al piccolo porto: e la mattina presto si levò un vento di scirocco pesante e sudaticcio, che metteva in bocca uno strano gusto di sale, uno scricchiolio di sabbia fra i denti. Era una giornata di dicembre umida e calda, il cielo era livido, nuvole gonfie di inchiostro di seppia pendevano sul mare.
Caro Esilio
Come azzurri stasera
sorgon dal mare in fondo all’orizzonte.
Disteso sulla neratiepida sabbia ascolto i pescatori
parlar sommessi della nuova luna
di primavera, e lieti
auspici trarre dal color dell’aria.
La verde alba lunare
m’invade, e in cuor m’annega ogni rimpianto.
Lieve mi freme accanto
l’onda e mi parla dolce nell’orecchio.
sorgon dal mare in fondo all’orizzonte.
Disteso sulla neratiepida sabbia ascolto i pescatori
parlar sommessi della nuova luna
di primavera, e lieti
auspici trarre dal color dell’aria.
La verde alba lunare
m’invade, e in cuor m’annega ogni rimpianto.
Lieve mi freme accanto
l’onda e mi parla dolce nell’orecchio.
M’è caro ormai l’esilio, mi son care
ormai quest’alte rupi e queste rive
gialle di zolfo e di ginestre: e solo
questo deserto mare
m’ode talvolta mormorar parole
dove non trema il pianto, ma un segreto
riso felice che nel cuor mi duole.
ormai quest’alte rupi e queste rive
gialle di zolfo e di ginestre: e solo
questo deserto mare
m’ode talvolta mormorar parole
dove non trema il pianto, ma un segreto
riso felice che nel cuor mi duole.
Curzio Malaparte
Lipari, 28 aprile 1934
Malaparte lascia Lipari il 27 giugno del 1934.
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