Perpetua nacque in Cartagine da nobile casato sulla fine del secondo secolo. Nel 203, giovane sposa di ventidue anni e madre di un bambino ancora lattante, fu arrestata con altri quattro compagni dal proconsole Minucio Firminiano, perché cristiana. Rinchiusa in una orrida prigione ebbe a sostenere le più dure lotte contro il padre prima, contro le bestie feroci poi, fino a che la spada le troncò il capo.
Il padre, uomo attaccato alla religione dell'impero, l'amava di un tenero amore; venuto a trovarla in prigione, mise in opera tutto il suo amore per indurre la figlia a rinnegare la fede ed esser così liberata.
Ecco come Perpetua racconta queste lotte con il genitore: « ...Se è vero ch'io t'abbia educata fino a questa età e che tu abbia avuto il primo luogo nell'amor mio innanzi ai tuoi fratelli, deh, non fare che per te io sia svergognato. Getta uno sguardo sui tuoi fratelli, sulla madre, sul tuo figlioletto che non potrà vivere senza di te. Deponi ormai questa tua durezza che sarebbe l'eccidio di tutti noi, perchè nessuno di noi oserà mostrarsi in pubblico se tu sarai condannata come donna rea. Dicendo queste cose egli mi baciava le mani; poi mi si gettava ai piedi e mi chiamava non più figlia, ma signora... ».
Qual sia stato il dolore che trafisse la coraggiosa martire in questi colloqui, ce lo dice ancora ella stessa: « Confesso ch'io, provava un'estrema pena, quando mi faceva a considerare mio padre ».
Ma fu forte. Superò il sentimento della natura, e ascoltò impavida, lieta di offrire la sua vita per l'amore di Gesù Cristo, la condanna alle bestie feroci. Il Signore in premio di questa sua fortezza la consolò con sublimi visioni.
Con S. Perpetua, si trovava pure nel carcere S. Felicita. giovane sposa anch'essa, prossima a divenire madre.
Essendo legge romana che le donne gravide non venissero condannate avanti il parto, Felicita con insistenti orazioni ottenne da Dio di poter partorire avanti la data prefissa per il martirio. Fu nell'anfiteatro accanto a Perpetua, lieta di potere raccogliere insieme ad essa la palma del martirio.
Al giorno stabilito l'anfiteatro è gremito di popolo avido di truci spettacoli. Le due eroine. esultanti, lasciano la prigione in cui avevano già tanto sofferto e si portano nel circo. Un toro furioso le attende. Non appena sono poste in balia della belva, sono assalite e straziate dalle acute corna dell'animale. Le candide carni delle intrepidi martiri si squarciano e stillano copioso sangue. Il popolo però riconoscendo le giovani madri ha un senso di compassione per esse e domanda che la spada ponga termine a quella scena selvaggia.
Così fu fatto. Rinchiusa la fiera scesero i carnefici e le colpirono col ferro. Il loro martirio si scolpì profondo nelle menti dei Cristiani, i quali ogni anno ne celebrarono con grande solennità la fausta data. I nomi delle due sante sono stati inseriti nel canone della S. Messa.
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