Giacche, cravatte, camicie, pantaloni, scarpe , accessori vari, tutto quello che indossiamo risponde al nostro sentire in quel momento , alla nostra voglia di apparire in un determinato modo che ci mostri come vogliamo essere percepiti .
Ed allora ci serviamo , dalla notte dei tempi, anche di quello che il nostro corpo ci mette a disposizione per rafforzare il nostro modo di presentarci. Oltre ai muscoli mimici del volto , ci vengono in aiuto gli annessi cutanei ( capelli, baffi, barba, peli ed anche unghie ) che vengono sfruttati a fini estetici nei modi sempre più vari e fantasiosi ,con il ritorno ,anche a secoli di distanza, di vecchie mode ormai dismesse.
Basta pensare al fiorire di barbe hipster tipiche dei primi anni del Novecento e che oggi fanno bella mostra rendendo interessanti anche volti altrimenti insignificanti. Capelloni negli anni ’60 e ’70 , teste lisce ben rasate, negli ultimi venti anni, chieriche sulle teste dei preti , oggi scomparse, baffoni e barbe alla Mazzini, alla Saffi o alla Crispi , depilazioni totalbody che contrastano con le pelurie ostentate dagli hippy pochi anni orsono, maschi palestrati con l’orrore del pelo superfluo rappresentano tutte le variabili dell’uso del pelo.
Il pelo come emblema dei tempi. Non a caso ” ‘cchiù pilu pi tutti ” l’azzeccato slogan di Albanese.
Ma barba e baffi non hanno avuto sempre vita facile da poter essere mostrate senza incorrere in rischi ed in sanzioni penali sino a metá del XIX secolo. I Sanfedisti che proteggevano lo Stato Pontificio avevano il compito di ” battere o ammazzare chi era gabellato per liberale, framassone o carbonaro ” fino al punto che bastava mancare di assiduità alla messa o lasciarsi crescere la barba per rischiare. La barba era indizio di princìpi spinti, era proibita in Sicilia ancora al tempo della guerra in Crimea, tanto che il Console sardo a Trapani dovette far ricorso ai suoi diritti consolari per non essere raso a forza dalla polizia ( Trevelyan ). Quindi anche barba e baffi utili a discriminare.
Con l’aria che tira si rischia di incappare in possibili nuove norme di un prossimo decreto sicurezza.
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