COMUNICATO STAMPA
SPETTACOLO TEATRALE “IPPOLITO” – TEATRO
CASTELLO DI LIPARI
Lunedì 19
agosto, alle ore 21.30, al Castello di
Lipari, per la XVIII rassegna teatrale “Le maschere di Dioniso”,
va in scena la tragedia “Ippolito” di Euripide, regia di Nicola Alberto Orofino e con Egle Doria, Silvio Laviano, Luana Toscano e Gianmarco Arcadipane, produzione Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con l’associazione
culturale Madè.
Ippolito di Euripide è tragedia di
passioni estreme.
Quella di
Fedra, febbre d’amore altissima, senza nessuna possibilità di guarigione;
quella di Ippolito che è fanatismo ed esaltazione per se stesso; quella di
Teseo, che è ira funesta e distruttrice in cui la grazia non trova dimora.
Personaggi estremi, e con un’anima grande.
Alla
tragedia concorrono poi due divinità che colpiscono senza soccorrere: Afrodite
colpisce Ippolito, che non sa sottomettersi; Artemide sul finale si dichiara
pronta a vendicare il suo protetto. Un dramma pieno di opposizioni,
parallelismi e duplicazioni. Ippolito è per questo una tragedia simmetrica, in
cui si fronteggiano personaggi tormentati generati dall'incapacità di
comprendere le origini dei disagi degli altri protagonisti.
In scena (un
piccolo scorcio di un giardino primaverile, una panchina, due ritratti di
Afrodite e Artemide) quattro attori che come in un gioco di richiami ed
evocazioni affronteranno tutti i 9 personaggi della tragedia di Euripide.
Afrodite si trasforma nella nutrice, quasi un suo braccio operativo; Fedra in
Artemide, testimone dell’onorabilità della scelta “virtuosa” del suicidio; il
Coro (che qui è un uomo testimone e forza emotiva della vicenda) diventerà
Teseo, personaggio dalla sensibilità che sconfina il perimetro del pensiero
classico e arriva quasi a rivelarsi personaggio ''contemporaneissimo''. A
sottrarsi al gioco delle trasformazione è Ippolito, immobile nelle sue scelte,
rifiuta la contaminazione perché casto. Ippolito è incapace di desiderare:
virtù e giustizia le sue uniche direttrici di vita. Un’icona compiuta di autosufficienza
che non può essere profanata ma solo distrutta.
Il tempo
scelto per questa tragedia è l’America della fine degli anni ’50, l’America di
Eisenhower, bigotta e omertosa, razzista e maschilista. E’ l’America di Fedra
in continuo conflitto tra immobilità e movimento, tra bigottismo religioso e
libertarismo, tra corpo e lavorio interiore. Paradigma della donna perduta,
Fedra vive una continua tensione fra la sua esteriorità (immagine sociale di
donna perfetta) e la sua interiorità (divorata dal male che la corrode). Fedra
tace, si nasconde, non vuole essere vista, non vuole avere testimoni, conosce
il bene sociale ma è incapace di attuarlo. Questa incapacità la porterà al
suicidio: la soppressione del desiderio finirà per sopprimere la sua soggettività.
Nell'ottica
di uno spettacolo veloce e intenso, emotivo e diretto, ho tentato un lavoro di
traduzione e parziale riscrittura del testo di Euripide. Non per negarne i
contenuti o stravolgerne le tematiche, ma per avvicinare questi alla
sensibilità dello spettatore contemporaneo. Ippolito è una storia “antica” ma
parla agli uomini e alle donne di oggi.
Ippolito di Euripide
con
Egle Doria,
Silvio Laviano, Luana Toscano e Gianmarco Arcadipane
Regia di
Nicola Alberto Orofino
Scene e
costumi Vincenzo la Mendola
Assistente
alla regia Gabriella Caltabiano
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