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giovedì 30 ottobre 2025

La "Pagina culturale": Monsignor Bernardino Re

Ci sono uomini che lasciano il segno con i gesti e le parole. E poi ci sono pastori come Monsignor Bernardino Re, che lasciano il segno anche con il silenzio, con la costanza, con una presenza che diventa famigliare, come una campana che ogni giorno suona alla stessa ora.

Ecco chi è stato Mons. Bernardino Re: il vescovo delle Eolie, che per 35 anni ha servito la sua diocesi senza mai chiedere nulla in cambio — e senza mai andarsene.


Un figlio del popolo

Nato nel 1883 a Favara con il nome di Salvatore Re, in una famiglia semplice — il padre era muratore e fabbro — crebbe nel cuore della Sicilia e si formò spiritualmente tra i Frati Cappuccini, dove prese il nome di Bernardino.

Fin da giovane fu notato per la sua intelligenza vivace, il carattere umile e il modo diretto con cui parlava del Vangelo. Entrato nell’Ordine, fu presto chiamato a ruoli di responsabilità: diventò provinciale dei Cappuccini in Sicilia, incarico riservato solo a frati di grande stima.


Chiamato al servizio episcopale

Nel 1928 venne nominato vescovo. Dopo un periodo a Monreale, gli venne affidata una sede considerata “minore” ma preziosa: la Diocesi di Lipari, un arcipelago che all’epoca era isolato, povero di risorse ma ricco di fede.

E fu qui che Bernardino Re scelse di restare per sempre.
Nonostante nel corso degli anni gli fossero offerte sedi più prestigiose, lui rifiutò: «Ho scelto questa gente e questa terra, ed è qui che voglio servire», si racconta abbia detto.


Il vescovo del popolo

Mons. Re non fu un vescovo da salotto. Lo si trovava spesso nelle chiese di paese, sulle navi tra le isole, nei confessionali. Conosceva il nome dei pescatori e dei bambini dell’oratorio. Predicava con forza ma con dolcezza, e le sue omelie — raccontano — lasciavano il segno.

Aveva una spiritualità semplice e concreta: la fede doveva tradursi in gesti, in opere, in bellezza condivisa.


Il grande progetto: l’organo della cattedrale

Una delle opere più conosciute che porta la sua firma è l’organo monumentale della Cattedrale di San Bartolomeo, a Lipari.
Lo volle grande, solenne, capace di “parlare a Dio” anche quando le parole mancavano. Alla fine, fu realizzato con 177 tasti: all’epoca era il più grande organo d’Italia, e il quarto in Europa.

Non era uno sfizio, ma un modo per lasciare un’eredità musicale e liturgica alla sua amata diocesi. Un gesto d’arte e fede insieme.


Guerra, sacrificio e umanità

Durante gli anni della guerra, mons. Re visse con dolore il dramma del conflitto. Pur essendo contrario alla violenza, quando fu chiamato a dare il proprio contributo, lo fece con senso di responsabilità, non tirandosi mai indietro.

Uomo di Dio, certo, ma anche cittadino attento, consapevole del ruolo della Chiesa nei momenti più bui.


La morte e l’eredità

Monsignor Bernardino Re morì il 15 gennaio 1963, dopo una vita interamente donata al servizio della sua gente.
Riposa oggi nella Cattedrale di San Bartolomeo, lo stesso luogo dove tante volte aveva celebrato, predicato, consolato.

Il suo nome resta legato a un modo di vivere l’episcopato con umiltà e dedizione, in un tempo in cui le carriere contavano poco e la vicinanza contava tutto.


Il ricordo oggi

Sono passati più di 60 anni dalla sua morte, ma il suo ricordo è ancora vivo: nelle liturgie, nei racconti degli anziani, nelle note dell’organo che ogni tanto risuona ancora in Cattedrale.
Di lui restano anche studi e biografie, come il volume di padre Agostino Lo Cascio: "Mons. Bernardino Re, vescovo cappuccino di Lipari (1883-1963)", che ne racconta la storia con rigore e affetto.


In un’epoca in cui tutto cambia velocemente, la figura di mons. Bernardino Re ci ricorda la bellezza della fedeltà: rimanere dove Dio ci ha messo, servire senza chiedere, amare senza misura.

Il vescovo delle Eolie non fu un uomo qualunque: fu un padre, un costruttore, un musicista dell’anima.

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