Lunga serie di reati ambientali e patrimoniali contestati a D'Ambra, Galvagno e Lo Monaco
Violazione delle leggi sulla tutela ambientale, furto aggravato ai danni dello Stato, invasione e occupazione di terreni al fine di trarne profitto, deturpamento di beni immobili, distruzione e deterioramento di bellezze naturali sono le accuse mosse dai sostituti procuratori Olindo Canali e Francesco Massara all’industriale Enzo D’Ambra, presidente e amministratore delegato della Pumex S.p.a, al direttore tecnico di cava e di stabilimento Francesco Galvagno e a Enrico Lo Monaco che in azienda distribuiva gli ordini di lavoro. A queste determinazione la Procura di Barcellona è giunta a conclusione delle indagini preliminari sull’attività estrattiva effettuata dopo la scadenza delle concessioni e sino al 31 agosto scorso nella cava di Porticello. Attività interrotta da un blitz dei carabinieri del NOE e della Forestale all’alba del 31 agosto che posero sottosequestro tutta l’area industriale pomicifera, compresa la zona di Punta Castagna. D’Ambra, Galvagno e Lo Monaco dovranno comparire in giudizio davanti al tribunale di Lipari. Saranno, inoltre, processati, con accuse marginali rispetto a quelle contestate agli altri imputati, anche i due componenti del consiglio di amministrazione dell'azienda, l'avv. Romeo Palamara e Giuseppina D'Ambra. Come si ricorderà il sequestro dell'area, su cui ancora sono apposti i sigilli, venne disposto dal Gip Marisa Salvo, poiché- come si legge nel dispositivo del sequestro- la Pumex stava effettuando "attività estrattiva abusiva di pietra pomice nell'area dell'ex cava di Porticello e la susseguente modifica morfologica della stessa area". La magistratura avrebbe inoltre riscontrato l'assenza della necessaria autorizzazione all'attività estrattiva, la distruzione o deterioramento di bellezze naturali, l'abbandono e il deposito incontrollato dello scarto dell'attività estrattiva abusiva depositata in località Punta Castagna, dove tra l'altro la Soprintendenza ai beni ambientali ha già dato indicazioni e direttive per risanare l'intera area. Per quanto concerne la contestazione di furto aggravato l'Autorità giudiziaria ha rilevato che “tra il 20 gennaio e il 24 luglio 2007 la Pumex si sarebbe impossessata di una rilevante quantità di pietra pomice di proprietà demaniale, sottraendola al demanio tramite attività di escavazione abusiva". In sintesi la Procura ha ritenuto che, nonostante l’attività l’attività estrattiva dovesse essere bloccata per il mancato rinnovo delle concessioni, nell'area di Porticello si è proseguito ad estrarre pomice. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Pumex che dichiarava che stava lavorando esclusivamente le scorte di lapillo e di altro materiale, per circa 70 - 80 mila metri cubi. Il sequestro, per il quale entro la fine di aprile si discute in Cassazione il ricorso presentato dall’azienda, era stato disposto dopo un'attività di monitoraggio del territorio, con rilievi fotografici, messa in atto dai carabinieri del Noe di Catania e dal Corpo Forestale. L’attività di osservazione e controllo avrebbe consentito di appurare che "il prelievo di materiale è avvenuto anche da aree certamente non costituenti quei depositi, che la Pumex aveva, invece, dichiarato di utilizzare a supporto dell'attività consentita". Tra gli enti e le associazioni indicate come parti danneggiate dall'attività della Pumex, la Procura ha indicato, oltre al Ministero dell'Ambiente e alla Regione siciliana, l'Unesco che ha conferito alle Eolie il titolo di Patrimonio dell’Umanità, Legambiente e il comune di Lipari.
Violazione delle leggi sulla tutela ambientale, furto aggravato ai danni dello Stato, invasione e occupazione di terreni al fine di trarne profitto, deturpamento di beni immobili, distruzione e deterioramento di bellezze naturali sono le accuse mosse dai sostituti procuratori Olindo Canali e Francesco Massara all’industriale Enzo D’Ambra, presidente e amministratore delegato della Pumex S.p.a, al direttore tecnico di cava e di stabilimento Francesco Galvagno e a Enrico Lo Monaco che in azienda distribuiva gli ordini di lavoro. A queste determinazione la Procura di Barcellona è giunta a conclusione delle indagini preliminari sull’attività estrattiva effettuata dopo la scadenza delle concessioni e sino al 31 agosto scorso nella cava di Porticello. Attività interrotta da un blitz dei carabinieri del NOE e della Forestale all’alba del 31 agosto che posero sottosequestro tutta l’area industriale pomicifera, compresa la zona di Punta Castagna. D’Ambra, Galvagno e Lo Monaco dovranno comparire in giudizio davanti al tribunale di Lipari. Saranno, inoltre, processati, con accuse marginali rispetto a quelle contestate agli altri imputati, anche i due componenti del consiglio di amministrazione dell'azienda, l'avv. Romeo Palamara e Giuseppina D'Ambra. Come si ricorderà il sequestro dell'area, su cui ancora sono apposti i sigilli, venne disposto dal Gip Marisa Salvo, poiché- come si legge nel dispositivo del sequestro- la Pumex stava effettuando "attività estrattiva abusiva di pietra pomice nell'area dell'ex cava di Porticello e la susseguente modifica morfologica della stessa area". La magistratura avrebbe inoltre riscontrato l'assenza della necessaria autorizzazione all'attività estrattiva, la distruzione o deterioramento di bellezze naturali, l'abbandono e il deposito incontrollato dello scarto dell'attività estrattiva abusiva depositata in località Punta Castagna, dove tra l'altro la Soprintendenza ai beni ambientali ha già dato indicazioni e direttive per risanare l'intera area. Per quanto concerne la contestazione di furto aggravato l'Autorità giudiziaria ha rilevato che “tra il 20 gennaio e il 24 luglio 2007 la Pumex si sarebbe impossessata di una rilevante quantità di pietra pomice di proprietà demaniale, sottraendola al demanio tramite attività di escavazione abusiva". In sintesi la Procura ha ritenuto che, nonostante l’attività l’attività estrattiva dovesse essere bloccata per il mancato rinnovo delle concessioni, nell'area di Porticello si è proseguito ad estrarre pomice. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Pumex che dichiarava che stava lavorando esclusivamente le scorte di lapillo e di altro materiale, per circa 70 - 80 mila metri cubi. Il sequestro, per il quale entro la fine di aprile si discute in Cassazione il ricorso presentato dall’azienda, era stato disposto dopo un'attività di monitoraggio del territorio, con rilievi fotografici, messa in atto dai carabinieri del Noe di Catania e dal Corpo Forestale. L’attività di osservazione e controllo avrebbe consentito di appurare che "il prelievo di materiale è avvenuto anche da aree certamente non costituenti quei depositi, che la Pumex aveva, invece, dichiarato di utilizzare a supporto dell'attività consentita". Tra gli enti e le associazioni indicate come parti danneggiate dall'attività della Pumex, la Procura ha indicato, oltre al Ministero dell'Ambiente e alla Regione siciliana, l'Unesco che ha conferito alle Eolie il titolo di Patrimonio dell’Umanità, Legambiente e il comune di Lipari.