da palermo.repubblica.it
di MANUELA MODICA
I tubi dell’areazione della sentina della Sansovino intasati da una sostanza melmosa. Probabilmente lo stesso inquinante che hanno respirato le vittime. L’ambiente intossicato e l’areazione non funzionante: potrebbe essere stato questo ad uccidere i tre marittimi a Messina lo scorso 29 novembre.
È l’ultima ipotesi emersa dal sopralluogo fatto sulla nave della morte ieri pomeriggio, al quale erano presenti, oltre i consulenti della procura, anche i periti di parte e i difensori. Ieri per la prima volta, infatti, è stata aperta la cassa stagna della Sansovino. Non era stato possibile finora perché ad avere la priorità era la bonifica. Dopo l’incidente, infatti, era stato accertato che la Sansovino fosse una vera e propria bomba ecologica. La procura di Messina ha dovuto rintracciare una ditta specializzata in questo genere di rischio ambientale prima di procedere con le indagini.
Finita la bonifica, lo scorso 3 febbraio, è finalmente stato possibile aprire la botola. Ripetere cioè lo stesso gesto che ha portato alla morte Santo Parisi, Gaetano D’Ambra e Christian Micalizzi. Tutti e tre uccisi dall’acido solfidrico sprigionato nell’aria dopo l’apertura della cassa stagna. Hanno svitato le viti – questa la ricostruzione finora – e la strana melma ha inquinato l’ambiente senza lasciare scampo a Parisi e D’Ambra e poi a Micalizzi accorso in aiuto.
Ma ad uccidere i tre marittimi potrebbe essere stato anche un guasto all’impianto di areazione, forse intasato dalla stessa melma presente nella cassa. All’apertura della botola ieri pomeriggio nonostante la bonifica i consulenti hanno trovato residui di sostanza inquinante. Sarà però necessaria un’ulteriore verifica lunedì prossimo per accertare la funzionalità dell’impianto: “Un’ipotesi che era stata avanzata già dai vigili del fuoco una settimana fa”, spiega Francesco Rizzo, avvocato della famiglia d’Ambra, presente al sopralluogo assieme ai consulenti di parte Federico Baldi e Giorgio Orlando.
Se il guasto all’impianto di areazione dovesse essere confermato si aprirà una fase molto complessa per le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci. Le responsabilità potrebbero infatti estendersi al di fuori di Messina. Fu a Porto Empedocle, per esempio, che lo scorso aprile un Psc, - more detailed inspection, ovvero un'ispezione dettagliata fece emergere come carente "la sicurezza nella gestione e nell'esercizio delle navi e la prevenzione dell'inquinamento". Una carenza segnalata, scritta nera su bianco dagli ispettori che però decisero di non fermare la nave. Soltanto sette mesi dopo quella decisione la Sansovino sarebbe diventata una bomba ecologica uccidendo tre uomini.
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