Dopo un lungo torpore pandemico e stagionale, in questo principio d’estate Lipari sembra essersi felicemente trasformata in un’instancabile fucina di eventi culturali. Un’affollata rassegna cinematografica che ci ha proposto anche argomenti coraggiosi, un festival dedicato al complesso tema del dialogo tra arte e letteratura, la presentazione di un libro rigoroso ma coinvolgente sulla preistoria dell’arcipelago, una mostra di arti figurative e plastiche nel suggestivo spazio del chiostro normanno, e infine l’avvio del consueto ciclo di pomeriggi letterari, si sono avvicendati riempiendo di continui appuntamenti il calendario.
Di questi, nulla dobbiamo
all’amministrazione comunale, che ormai da una decina di anni concentra i
propri sforzi in materia – mi si conceda la perifrasi – esclusivamente in
occasione della ricorrenza patronale.
Le iniziative sopra citate si devono
invece a singoli e ad associazioni, spesso in collaborazione con il Parco
archeologico, a parte la presentazione del libro che è stata organizzata da
quest’ultimo. C’è solo da essere orgogliosi del fatto che una piccola comunità,
una piccola isola, si sappia fare carico delle latitanze amministrative e vi sopperisca
con generosi sforzi, perché la cultura è un bene comune.
La cultura è un bene comune, ma le
occasioni culturali purtroppo no. A giudicare dalla partecipazione, questi
appuntamenti sembrano infatti essere divenuti espressione dell’appartenenza a
questa o a quella fazione, una sorta di disfida a chi mobilita meglio e di più.
I ghibellini del pomeriggio
letterario non presenziano alla mostra del guelfo, il guelfo non assiste alle
proiezioni dei servi della gleba, questi si materializzano solo in occasione
della propria rassegna e, infine, gli stranieri del festival non se li fila
nessuno, tanto sono stranieri.
Lo sciovinismo culturale è triste
quando divide un continente o un Paese. Diventa grottesco, a mio avviso, quando
divide una piccola comunità dove fare cultura è faticoso, impegnativo,
difficile, dove per farlo bisogna inventarsi di tutto. Lo sciovinismo culturale
è l’anticamera di un processo molto più pericoloso, l’autoreferenzialità.
Il mio non è un giudizio ma, avendo
partecipato a tutte le occasioni sopra ricordate, ha il mero valore di una
constatazione. Alcune possono essermi piaciute di più, altre meno; tuttavia,
ognuna ha certamente lasciato qualcosa, e mi sento di ringraziare chiunque si
sia speso e abbia speso per portare uno spiffero di conoscenza, un momento di
riflessione o di approfondimento, uno stimolo al confronto.
Di solito in queste disfide non vince
nessuno, ma perdiamo tutti.
Pietro Lo Cascio
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