Ho impiegato un po' di tempo prima di riflettere sulla morte di Angelo Raffa e di ricordarlo con due righe. Non volevo che l’emozione prendesse il sopravvento sulla ragione, gli avrei fatto un torto perché quando si parla di Angelo bisogna mettere in moto il cervello, esercizio che diventa sempre più audace. E’ stato giustamente detto che per molti della mia generazione, soprattutto di quella che mi ha preceduto, Raffa è stato un educatore, un esempio, un maestro che ha lasciato tracce, più o meno marcate. Uno che sapeva vedere le cose prima degli altri e che non si rassegnava ad una visione mediocre e passiva della società in cui vivevamo, nella quale, per molti versi, ancora viviamo. Ma cosa ci ha insegnato Angelo Raffa? Io vorrei sintetizzarlo in quattro punti che spero di condividere con i miei amici che più e meglio di me forse l’hanno conosciuto. Da lui ho imparato che la politica non è mai un fatto personale, si confrontano le opinioni. Quando ci si sposta sul piano personale la politica diventa pettegolezzo e basta. La seconda cosa che ho imparato e che prima di aprire la bocca bisogna documentarsi, studiare, evitare di rimanere impreparati di fronte al proprio interlocutore, altrimenti la politica diventa solo cazzeggio. La terza cosa che ho imparato è che bisogna appassionarsi alle proprie idee senza sconfinare nelle ideologie, altrimenti la politica rischia di diventare una pessima religione. Avere delle idee significa essere capaci anche di metterle in discussione, parlare per partito preso è un pregiudizio che lui non ha mai avuto, infatti non ha mai amato prendere partito. La quarta cosa, che ho sempre tenuto in mente quando ho dovuto sopportare qualche responsabilità, è che la politica, le decisioni della politica, hanno sempre effetto nella vita delle persone; effetti immediati ed effetti che possono emergere nel tempo, quindi bisogna essere accorti e valutare bene ciò che si sta facendo, proprio perché si interviene nel destino di persone, famiglie, comunità. Potrei qui citare episodi personali, esperienze, conversazioni, aperitivi estivi che abbiamo condiviso, anche esortazioni che non ho mai avuto il coraggio di accettare, ma preferisco conservarli per me. Mi permetto solo di riportare il giudizio che di Angelo Raffa aveva mio padre, un uomo parco di convenevoli, poco propenso ad esprimere giudizi, anche lusinghieri, estraneo agli ambienti frequentati da Raffa, di altra cultura, di altra generazione, di altra formazione, di altra origine. Mio padre me lo indicava sempre come un uomo di una categoria superiore, con un’espressione più diretta, ma il senso era quello.
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