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mercoledì 22 ottobre 2025

Sulle Eolie la vigna parla di inclusione: Nino Caravaglio e il vino che costruisce ponti

 

(da un articolo di gamberorossso.it) Sulle isole Eolie, dove la terra si conquista a fatica tra vento, pietra e sole, la vigna non è solo lavoro. È memoria, identità, e sempre più spesso, umanità. Lo dimostra la storia di Nino Caravaglio, vignaiolo di Salina che ha trasformato la sua azienda in un modello virtuoso di accoglienza e integrazione. Un impegno che il Gambero Rosso ha premiato con il Premio Progetto Solidale nella guida Vini d’Italia 2026.

Il punto di svolta arriva nel 2022, quando Caravaglio sceglie di aprire le porte della sua cantina ai migranti accolti nel centro Don Bosco 2000 di Piazza Armerina. «Sono cristiano e credo che amare il prossimo sia una questione di fede – racconta – ma non solo dentro una chiesa: anche fuori, nella propria comunità». E la comunità, per lui, è fatta di vigna, di terra e di lavoro condiviso.

La decisione non è stata semplice. I primi ragazzi, rifugiati nigeriani, arrivano in un momento difficile, poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Lontani da tutto, spaesati, segnati da esperienze dure. Ma pian piano nasce un patto: lui offre lavoro dignitoso, casa e formazione; loro portano impegno, entusiasmo e senso di appartenenza.

Oggi, quei giovani non solo lavorano in vigna, ma partecipano attivamente alla vita aziendale: conoscono i vini, accompagnano i visitatori, propongono migliorie. Si sentono parte di una comunità. E lo sono.

«Se vuoi davvero integrare qualcuno – spiega Caravaglio – devi insegnargli tutto, non lasciargli solo i lavori pesanti. Dall’imbottigliamento all’etichettatura, bisogna coinvolgerli in ogni passaggio. Solo così non si sentiranno lavoratori di serie B».

Il risultato? Quattro lavorano stabilmente in cantina, altri sedici sono impiegati nella ristorazione delle Eolie. L’intero arcipelago oggi è un esempio di integrazione ben riuscita, anche grazie alla visione lungimirante della sindaca di Malfa, Clara Rametta, scomparsa di recente e alla quale Caravaglio ha dedicato il premio ricevuto.

Dietro a un bicchiere di Malvasia – come la sua Infatata 2024, premiata con i Tre Bicchieri – oggi c’è molto più di una storia di terroir. C’è un modello di impresa agricola che guarda oltre il profitto, dove la fatica diventa occasione di riscatto e il lavoro unisce invece di dividere.

«Spesso questi ragazzi parlano un ottimo inglese e hanno una cultura ampia, più di molti del posto – dice Caravaglio –. Sono loro i veri costruttori di ponti». E in un’Italia che ha ancora molto da imparare sull’integrazione, esempi come questo dimostrano che un’altra strada è possibile. Che l’agricoltura può farsi comunità. E che il vino, ancora una volta, sa raccontare storie di umanità.

Isole Eolie, allarme dall'Unesco "La biodiversità è minacciata". L'articolo del direttore Sarpi sulla Gazzetta del sud del 22 ottobre 2025


 

Come eravamo: Luoghi, cose e personaggi delle Eolie di un tempo (Puntata 23°- 5 foto)

Nelle foto: Don Peppino La Spada, capo Sallustro,V° elementare 1981/82, Nino Ziino, Isabella e Giulio China, il fotografo Costa




Foto classe.
Prima fila partendo da sinistra : Agostino Cassarà, Giacomo Lo Surdo, Bartolo Greco, la maestra Maria Pia Sidoti, Francesca Reina, Sonia Monte, Vania Vadalà, Giuliana Paterniti Bardi, Felicia Fichera
Seconda fila partendo da sinistra: Angela Biviano, Stefania Cafarella, Cristian Ruggiero, Tindara Amato, Nunziella Indelicato, Linda Mandarano, Barbara Berinati, Tommaso La Macchia, Nicola Bono

Ambiente, le aree protette della Regione a Didacta Trentino 2025. Un viaggio immersivo tra natura, educazione e biodiversità

L’assessorato del Territorio e dell'ambiente parteciperà da oggi al 24 ottobre a Didacta Trentino 2025, la più importante fiera italiana dedicata al mondo dell’educazione e della formazione, con uno stand esperienziale dedicato al Sistema dei parchi e delle riserve naturali della Regione Siciliana.

Lo stand offrirà ai visitatori un percorso immersivo ed emozionale che racconterà la biodiversità siciliana e le molteplici attività di educazione ambientale e fruizione sostenibile che si svolgono all’interno delle aree protette dell’Isola. Saranno riprodotte le esperienze tipiche che ogni anno coinvolgono migliaia di studenti, famiglie e appassionati di natura: escursioni, attività di osservazione dell’avifauna, percorsi sensoriali e laboratori didattici.

«La Sicilia - dice l'assessore Giusi Savarino - partecipa a Didacta per raccontare la propria identità ambientale e la ricchezza delle sue aree protette. Vogliamo mostrare come l’educazione ambientale e la conoscenza della biodiversità siano strumenti fondamentali per formare le nuove generazioni al rispetto della natura e alla sostenibilità. Le nostre riserve e i nostri parchi sono veri laboratori di vita e di futuro. Partecipare a fiere di rilievo nazionale come Didacta significa rafforzare la visibilità del Sistema e offrire un’immagine coesa e moderna della Sicilia che protegge e valorizza il proprio patrimonio naturale. È anche un modo per promuovere forme di turismo sostenibile e lento – dal trekking al birdwatching fino al turismo scolastico – che contribuiscono concretamente alla destagionalizzazione dei flussi e alla crescita di un’economia verde legata ai territori. Anche per quest'anno, come è già avvenuto in occasione dell'Expo di Osaka, speriamo che il nostro stand sia meta per un gran numero di visitatori».

In occasione della fiera saranno, inoltre, presentati e distribuiti i due strumenti fondamentali del Sistema: il catalogo “Itinerari di scoperta delle aree naturali protette” e il catalogo dell’educazione ambientale, due pubblicazioni pensate per valorizzare la conoscenza, la fruizione e l’offerta formativa dei parchi e delle riserve siciliane.

Grazie alla partecipazione a Didacta Trentino, il Sistema delle aree naturali protette potrà intercettare migliaia di insegnanti provenienti da tutta Italia, offrendo loro l’opportunità di conoscere in anteprima le proposte educative e naturalistiche delle aree protette siciliane e di organizzare viaggi di istruzione e progetti didattici legati alla scoperta della natura e della cultura del territorio.

Festa della montagna a Salina


 

Tanti auguri di..

Buon compleanno a Sara Russo, Giovanni Bonsignore, Bartola Mandarano, Daniela Gisella Saltalamacchia, Domenico Giacomantonio, Tamara Orto, Gabriella Reitano, Rosario Murabito


Reti idriche, sostenibilità, PNRR. Gli interventi nelle isole del Comune di Lipari. La nota del sindaco Gullo


 

Scrivevamo così...oggi...lo scorso anno


 

Oggi, 22 ottobre: San Giovanni Paolo II

« Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! »

Di solito, perché uno sia ufficialmente dichiarato santo, ne deve passare di acqua sotto i ponti del "Tevere, con il rischio che il suo ricordo si disciolga nel vischioso amalgama del tempo. Poche le eccezioni. Una ha riguardato papa Giovanni Paolo II, scomparso nel 2005. Con lui la burocrazia vaticana ha bruciato i tempi, accogliendo l'appello lanciato a gran voce dalle centinaia di migliaia di persone accorse a Roma a rendergli l'estremo riconoscente: «Subito santo!». 

Il ricordo del papa venuto dall'Est è ancora vivissimo nel cuore e nella memoria di moltissimi. Chi ha qualche anno di più lo ricorda affacciato al balcone di San Pietro, sconosciuto cardinale di Cracovia, rivolgere con voce robusta ben impostata e in un italiano un po' acerbo, il primo saluto ai fedeli romani, dopo la sua elezione a sommo pontefice. O le parole con cui ha inaugurato il suo pontificato, il 22 aprile 1978: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!». 

Il suo è stato un pontificato lunghissimo, intenso e soprattutto missionario. Tantissimi i viaggi da lui intrapresi per incontrare lì dove vivono i cristiani di tutto il mondo e irrobustirli nella fede e sostenerli con la vicinanza nella carità. 

Aperto al dialogo con tutti, in particolare con le altre religioni, i cui rappresentanti egli ha voluto incontrare ad Assisi, nel 1986, per pregare insieme per la pace nel mondo. 

Attento ai giovani, che ricambiavano le sue attenzioni accompagnandolo e sostenendolo con il loro tonificante entusiasmo, specie nell'ultima fase della sua vita, debilitato dall'età e dalla malattia. A volte deciso, come nella Valle dei Templi ad Agrigento, quando, rivolgendosi ai mafiosi con inattesa durezza, ha invocato su di loro l'ira di Dio, se non si fossero convertiti. O quando ha puntato il dito minaccioso contro Augusto Cardenal, il mite monaco e poeta venezuelano, esponente della teologia della liberazione per lui, uomo vissuto sotto il regime comunista, pericolosamente imbevuta di marxismo rivoluzionario. 

Autorevole e decisivo sullo scacchiere mondiale, tanto che gli viene riconosciuto un ruolo importante nella caduta del regime comunista in Polonia, sua patria, e poi nel resto della galassia sovietica. 

Karol Wojtyla nasce a Wadowice, in Polonia, il 18 maggio 1920, ultimo di tre figli. Vive un'infanzia tranquilla in un paese mai tranquillissimo. A tempo debito, riceve i sacramenti dell'iniziazione cristiana e si iscrive alle scuole fino all'università Jagellonica di Cracovia, nel 1938. L'anno seguente la Polonia è occupata dalle truppe del Terzo Reich: fine della libertà e di ogni attività culturale. Le università chiudono i battenti e Wojtyla deve mettere da parte i libri e cercarsi un lavoro, che trova prima in una cava e poi nella fabbrica chimica Solvay. Così si guadagna da vivere ed evita la deportazione in Germania. 

Continua nella clandestinità a coltivare interessi culturali, come la passione per il teatro. Gli piace calcare le scene e nel 1939 recita nell'opera fiabesca Il cavaliere al chiaro di luna, messa in scena da una compagnia sperimentale, il Teatro Rapsodico. Intraprende anche lo studio delle lingue. Un'altra vocazione nel frattempo fa breccia nel suo cuore, la vocazione sacerdotale, cui dà seguito iscrivendosi nel 1942 ai corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia. 

La vocazione ha origine da un incidente occorsogli nel febbraio 1944. Sta rincasando dal lavoro quando un camion tedesco lo investe. Esce malconcio dall'incidente: trauma cranico acuto ed escoriazioni varie, una ferita alla spalla curata in due settimane d'ospedale. Vede nell'essersela cavata un segno della chiamata del Signore. 

Vive la tragedia dcl suo popolo. Nell'agosto 1944, durante la rivolta di Varsavia, sfugge alla deportazione. Quando la Gestapo perquisisce la città di Cracovia, casa per casa, alla caccia di polacchi maschi, Karol riesce a nascondersi in arcivescovado, dove rimane fino a guerra finita.

La notte del 17 gennaio 1945 i tedeschi abbandonano la città. Nella Polonia e nell'Europa, finalmente liberate dall'incubo nazista, la vita rinasce. Anche il seminario riapre i battenti e Wojtyla riprende gli studi, iscrivendosi alla facoltà di teologia dell'università Jagellonica e 1'1 novembre 1946 viene ordinato sacerdote. 

Giovane prete di eccellenti promesse, è mandato a Roma a coronare con la laurea un profittevole corso di studi. Due anni dopo, nel 1948, relatore padre GarrigouLagrange, consegue il dottorato in teologia discutendo una tesi sulla dottrina della fede in san Giovanni della Croce.

Ritornato in patria, alterna l'attività pastorale in alcune parrocchie con l'assistenza spirituale agli universitari. Nel 1951 riprende gli studi all'Università cattolica di Lublino, dove si laurea nuovamente con una tesi sulla possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico del filosofo Max Scheler. Dopodiché, si dedica all'insegnamento della teologia morale e dell'etica nel seminario di Cracovia e nella facoltà di teologia di Lublino. 

Ha tutte le carte in regola per una promettente carriera ecclesiastica. Il primo passo gliela fa compiere Pio XII nel 1958 nominandolo vescovo ausiliare di Cracovia. Prosegue Paolo VI, facendolo arcivescovo, nel 1964, della stessa città e creandolo, tre anni dopo, cardinale. Nel frattempo partecipa al concilio Vaticano II (19621965) dando un contributo importante nell'elaborazione delle costituzioni Gaudium et spes e Dignitatis humanae. 

A Cracovia l'arcivescovo Wojtyla deve fare i conti con il duro regime comunista, ma non è tipo da subirne i soprusi senza battere ciglio. Si contrappone a esso con fierezza e coraggio, fino a sfidarne i burocrati pubblicando a puntate nel giornale diocesano libri colpiti dalla censura, come Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori e Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci. 

Dopo la morte di Paolo VI, nell'agosto 1978, partecipa al conclave, che elegge a succedergli Albino Luciani, patriarca di Venezia, che prende il nome di Giovanni Paolo I. Trentatré giorni dopo, la Cappella Sistina accoglie i cardinali per un nuovo conclave. Luciani è prematuramente scomparso, stroncato da un infarto nel cuor della notte. 

Il 16 ottobre fumata bianca. I cardinali hanno eletto il giovane (ha solo cinquantotto anni) arcivescovo di Varsavia, cardinale Karol Wojtyla. Con il nome di Giovanni Paolo II, egli inizia il 22 ottobre successivo il suo pontificato, destinato a essere uno dei più lunghi della storia della chiesa: ventisette anni, ricchi anche di sorprese, come quella di vederlo sciare sui monti innevati del Terminillo, della Marmolada e dell'Adamello. 

Carissimi fratelli e sorelle,

siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano... lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana. Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima.

Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete. E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l’aiuto di Dio e con l’aiuto degli uomini. 

Tra i primi passi del suo ministero, il pellegrinaggio alla tomba dei due patroni d'Italia: va ad Assisi a rendere omaggio a san Francesco e poi si reca nella basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma a venerare Caterina da Siena. 

I viaggi missionari sono un tratto caratteristico del pontificato di Giovanni Paolo II: ne fa ben 104, nel corso dei quali incontra milioni di fedeli in tutto il mondo; 146 sono le visite pastorali in Italia; come vescovo di Roma; poi, visita 317 parrocchie. Innumerevoli anche le udienze generali del mercoledì e le udienze speciali riservate a personalità del mondo della politica, della cultura e della scienza. 

Per i giovani avvia nel 1985 le Giornate mondiali della gioventù. Ed è presente a ben diciannove di esse in varie parti del mondo, con la partecipazione di milioni di giovani entusiasti e affascinati dalla parola di Dio che egli annuncia senza sconti. 

Un episodio lo segna a fondo nel corpo e nello spirito, l'attentato di cui è vittima il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro. A colpirlo è un giovane killer turco, Mehmet Ali Agca. Su chi abbia armato la sua mano non è mai stata fatta completa luce: i servizi segreti di paesi del blocco sovietico, irritati per il suo apporto dato alla caduta del comunismo? Forse. 

Il pontefice ferito è sottoposto a un difficile intervento chirurgico. Si salva e lui attribuisce la salvezza all'intervento della Madonna, apparsa a Fatima, appunto, un 13 di maggio. L'anno successivo, ristabilitosi, si reca in Portogallo a ringraziarla e fa incastonare il bossolo del proiettile nella corona che cinge la testa della Vergine. 

La vicenda ha un seguito. Interrogandosi sul senso di quanto accadutogli e su alcune coincidenze e conoscendo il contenuto dell'ultimo dei segreti confidati dalla Madonna ai pastorelli di Fatima e non ancora svelato, intravede se stesso nei tratti del vescovo vestito di bianco colpito a morte, descritto nel segreto, e collega il tutto a quanto successogli quel 13 maggio. 

Vive con intensità e slancio, nonostante il progredire inesorabile della malattia, la preparazione al terzo millennio e poi la celebrazione del giubileo del 2000, promuovendo grandi celebrazioni e iniziative, dalle quali si attende un profondo rinnovamento spirituale della chiesa. Rilancia in seguito proclamando l'anno mariano e l'anno dell'eucaristia. 

L'evangelizzazione di chi non ha ancora subito il fascino del Vangelo di Cristo, e la rievangelizzazione di chi a quel fascino si è poi sottratto sono la nota dominante del suo pontificato e dei suoi interventi: sinodi (14), lettere encicliche ed esortazioni apostoliche (15), libri (5), Catechismo della chiesa cattolica... 

Il tutto, naturalmente, accompagnato da una profonda fede personale, da una filiale devozione alla Madre del Signore e da un grande amore per il prossimo, soprattutto per i più deboli, bambini, anziani e malati, nelle cui file passa lui stesso l'ultimo tratto di vita, offrendo un umanissimo e luminoso esempio di sopportazione e di coraggio nel cercare un senso al dolore che accompagna la vita di ciascuno. 

Giovanni Paolo II muore in Vaticano il 2 aprile 2005. Davanti alla sua bara, esposta in San Pietro, sfilano più di tre milioni di pellegrini. Benedetto XVI lo proclama beato maggio 2011 e viene canonizzato il 27 aprile 2014 da Papa Francesco.

PRATICA O nostro amatissimo padre Giovanni Paolo II aiutaci ad amare la Chiesa con la stessa gioia e intensità con cui tu l'amasti in vita.

PREGHIERA O Trinità Santa, ti ringraziamo per aver donato alla Chiesa il Beato Giovanni Paolo II e per aver fatto risplendere in lui la tenerezza della tua paternità, la gloria della Croce di Cristo e lo splendore dello Spirito d’amore.

Area pedonale invernale dal 1° novembre a Lipari

A partire dal 1° novembre e sino al 31 marzo 2026 viene istituita una Zona Area Pedonale nella Via Vittorio Emanuele di Lipari, nella fascia oraria 17:00 – 06:00 del giorno successivo (dei giorni feriali) nel tratto compreso tra l’ingresso della Via Vittorio Emanuele (senso di marcia) e l’incrocio con la Via Ten. M. Amendola (altezza Ristorante il Galeone).

L’istituzione nella Via Maurolico di Lipari, di una zona denominata AREA PEDONALE dalle ore 17:00 alle ore 06:00 per tutte le categorie di veicoli.

Confermati i divieti previsti, relativamente alla Via Vittorio Emanuele di Lipari, limitatamente ai giorni festivi (Area Pedonale 0/24)

I divieti nella zona AREA PEDONALE si intendono estesi anche ai titolari di contrassegno per diversamente abili.

Vengono revocati tutti gli stalli precedentemente realizzati nella Via Mons. Bernardino Re (tratto compreso tra l’incrocio di Via Vittorio Emanuele e l’ingresso della Curia Vescovile), ad eccezione degli spazi di sosta personalizzati realizzati con regolare Ordinanza e riservati ai diversamente abili, realizzando in tale tratto di strada, i seguenti spazi di sosta:

N. 3 stalli riservati ai diversamente abili;

Uno stallo riservato ai mezzi pubblici da Piazza (Taxi);

Sulla via Roma: Viene ripristinato il senso unico di marcia con direzione da Est verso Ovest, consentendo la sosta lato Sud.

​La via Garibaldi: Viene riaperta la circolazione veicolare {0/24}.

Buongiorno. Oggi è il 22 ottobre


 

martedì 21 ottobre 2025

Accadde oggi...nel 1879 (fonte. accaddeoggi.it)


 

Santa Marina Salina : affidati lavori di efficientamento rete idrica finanziati con il PNRR


 

Lipari, l'assessora Barnao si dimette dalla Giunta. L'articolo del direttore Sarpi sulla Gazzetta del sud del 21 ottobre 2025


 

Oltre 450 donne al Villaggio della Salute Komen di Messina promosso da C&T. Pietro Franza (AD di C&T): “Grande risposta della città, in arrivo nuovi presidi di prevenzione per tutti”

 

Messina, 21 ottobre 2025 –  Si chiude con un bilancio positivo la tre giorni di screening gratuiti (14-16 ottobre) per le donne al Villaggio della Salute Komen a Villa Dante, promosso da Caronte & Tourist.

Oltre quattrocentocinquanta donne hanno visitato il Villaggio e usufruito di prestazioni sanitarie gratuite rivolte in particolare a chi si trova in condizioni di fragilità sociale ed economica e alle fasce d'età non coperte dai programmi ordinari del Servizio Sanitario Nazionale. Nel dettaglio sono state condotte: duecento visite senologiche per donne asintomatiche, oltre centocinquanta ecografie mammarie per la fascia 25-39 anni e più di cento mammografie per le donne di età compresa tra 40-49 anni e oltre i 70 anni.

 

"Siamo felici della risposta della città – ha dichiarato Pietro Franza, Amministratore Delegato di Caronte & Tourist – La paura è spesso il principale ostacolo alla prevenzione, ma non è l'unico: anche il fattore economico pesa sulle scelte di molte donne. Quando la prevenzione si fa accessibile, quando ti viene incontro in un parco, in un Villaggio della Salute tutto rosa, accogliente e rassicurante, con professionisti competenti e attenti, allora può davvero cambiare le cose. Un sentito ringraziamento alla Carovana Komen per l'impegno straordinario che portano avanti quotidianamente in tutta Italia".

 

Tiziano Minuti, Responsabile Risorse Umane e Comunicazione del Gruppo Caronte & Tourist, ha aggiunto: " Nei prossimi mesi, tuttavia, daremo vita a una collaborazione con la Croce Rossa Italiana per dare vita – seppur una tantum – a una sanità di prossimità che raggiunga i territori più isolati e le comunità meno servite. Vogliamo contribuire concretamente al benessere delle persone, lavorando insieme a tutte le realtà che condividono questa missione. È una responsabilità che sentiamo profondamente verso le comunità che ci accolgono e in cui operiamo ogni giorno".

Laurea con 110 e lode in Fisioterapia per Francesco Cannistrà

 

Si è laureato quest'oggi in Fisioterapia, presso l'Università degli Studi di Catania

Francesco Cannistrà 

Ha conseguito la Laurea con il punteggio di 110 e lode 

Al neo laureato complimenti e l'augurio di un futuro professionale ricco di soddisfazioni

Congratulazioni ai familiari tutti

Lipari, serve una seria e immediata presa di coscienza (di Francesco Coscione)

Riceviamo e pubblichiamo: 
Desidero trovare le parole giuste non per convincere, ma, come sempre, per sensibilizzare riguardo alla situazione più critica che la nostra comunità sta vivendo. Sì, è più importante della sanità, dei porti, delle strade e di ogni altra pur seria questione che riguarda le nostre isole.
Da troppo tempo non si parla più di "situazione sociale". Mi riferisco primariamente ai nostri giovani, ma non solo a loro: i ragazzi sono parte di una famiglia, e per questo siamo tutti coinvolti – nonni, genitori, figli e nipoti. La condizione della società giovanile a Lipari è catastrofica, e il dramma forse peggiore è la nostra quasi totale incoscienza. Il massimo della consapevolezza che noto è una generica battuta da bar, priva di radici emotive.
Il dibattito poi si perde: si colpevolizzano i genitori o si ricorre alla deleteria affermazione che "tutti sapevano". Ma "tutti chi"? In paesi piccoli come il nostro, anche se ci ostiniamo a vederci come una "vacanzopoli", ci conosciamo tutti. A cosa serve, però, questa conoscenza se non riesce a scatenare la solidarietà reciproca? È finito il tempo in cui ci si incontrava tra amici e parenti per darsi una mano. La famiglia è stata smembrata, nella sua essenza, da ritmi assurdi che indeboliscono i componenti più fragili e sensibili.
I giovani sono meravigliosi: sono capaci, estroversi, pieni di iniziativa e inventiva. Devono essere aiutati, ma troppo spesso le loro famiglie non hanno le risorse né le possibilità per farlo. Supportare la famiglia e aiutare i genitori dovrebbe essere la priorità assoluta dello stato sociale. Invece, sono quasi sempre lasciati soli, privi di mezzi e sostegno. A Lipari abbiamo un'urgenza assoluta di prevenzione e supporto sociale.
Spero che tutti ci rendiamo conto che, nella nostra cara e bella isola, siamo immersi in una realtà disastrosa. E noi, comuni cittadini, cosa possiamo e dobbiamo fare? Moltissimo!
È necessaria una seria e immediata presa di coscienza, un'azione concreta nelle famiglie, nelle scuole (incluse le elementari!), nelle chiese e in ogni contesto dove sia presente un giovane. I ragazzi non hanno bisogno di prediche; sono stanchi e non vogliono più sentirsi dire: "ai miei tempi con due schiaffi", "se fossi tuo padre", "non sapete soffrire", e altre simili assurdità dettate da profonda ignoranza e incapacità educativa.
Ciò che sta distruggendo queste generazioni non è la tecnologia o una sostanza, ma il profondo buco nero interiore che li inghiotte come una voragine. È lì che dobbiamo agire. Il problema non è lo "strumento", ma l'uso che se ne fa: con un coltello posso tagliare il pane o uccidere.
Impariamo a chiedere perdono a una generazione che stiamo rischiando di distruggere. La nostra generazione ha fatto di tutto per dichiarare Dio inutile, sostituendolo con ciò che può contenere uno smartphone.
Cantava De André: "anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".
Rivolgo un accorato appello alle istituzioni, alla Chiesa, alle famiglie e a ogni singola persona affinché si attui un'azione quotidiana. Dobbiamo scuotere questa società locale, dedita in prevalenza a uno sterile e vergognoso litigio politico, al proprio orticello economico, al pettegolezzo e al giudizio. Sono tutti atteggiamenti che distruggono le fondamenta stesse del vivere civile.
Francesco Coscione

Al via la Rete Radio Stromboli per il monitoraggio dell’attività vulcanica

 

Stromboli (ME) 21 ottobre 2025 - Sono cominciati ieri, 20 ottobre 2025, i lavori per la realizzazione della Rete Radio Stromboli, infrastruttura strategica progettata dal Dipartimento Regionale della Protezione Civile della Sicilia (DRPC) per potenziare la trasmissione dei dati di monitoraggio vulcanico, con copertura radio integrale e ridondanza satellitare dell’isola, anche utile in caso di allertamento rapido della popolazione.

L’intervento prevede la realizzazione di una dorsale radio a microonde Hiperlan e satellitare Starlink, interconnessa con la rete del DRPC e dotata di percorsi ridondanti. L’obiettivo è garantire la copertura radio DMR e Hiperlan/WiFi prossima al 100% dell’isola e dei sensori INGV e dei centri di competenza incaricati dal DPC Nazionale del monitoraggio vulcanico; la piena connettività del Centro Operativo Avanzato (COA) di Stromboli per le comunicazioni di fonia e la trasmissione dei dati scientifici; l’integrazione con la Rete Radio Regionale di Protezione Civile e con il sistema nazionale di emergenza.

Grazie a una collaborazione tra DRPC Sicilia e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, gli apparati di telecomunicazione, vengono posizionati in quota da un elicottero Erickson S64-F dei VV.F.

 Il progetto, del valore complessivo di € 1.717.350,00 (IVA inclusa), affidato tramite gara pubblica al raggruppamento temporaneo d’imprese GEG srl (mandataria) e TIM spa (mandante), rientra nell’ambito dell’OCDPC n. 608/2019 e dei successivi “Primi interventi urgenti di protezione civile” (OCDPC n. 823/2022), emanati a seguito degli eventi parossistici del 3 luglio e 28 agosto 2019.

"L’intervento mira a rafforzare il sistema di allertamento della popolazione - spiega il direttore generale della Protezione Civile Siciliana, ing. Salvo Cocina - in caso di eventi vulcanici e di tsunami, garantendo maggiore resilienza, continuità operativa e sicurezza delle comunicazioni. Anche il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile aveva già riconosciuto l’importanza dell’opera qualificandola di interesse strategico per la piena operatività del sistema IT-Alert nazionale, ciò ne ha evidenziato l’urgenza di realizzazione, resa possibile grazie al lavoro di squadra tra i diversi enti coinvolti e all’impegno dei nostri funzionari regionali che hanno consentito di giungere oggi al suo compimento”.

Sito Unesco delle Eolie. Nel report 2025: "Valori geologici intatti, biodiversità minacciata"

 

L’analisi "Aeolian Islands 2025 Conservation Outlook Assessment" condotta dall’UNESCO offre una fotografia a luci e ombre dello stato di conservazione delle Isole Eolie. Mentre i valori geologici e vulcanici si confermano in buono stato, cresce l’allarme per la biodiversità, sotto pressione a causa del turismo di massa e dell’inefficienza amministrativa.

Uno scenario contrastante: “Buono con alcune preoccupazioni”

Il sito patrimonio mondiale delle Isole Eolie è stato valutato con una prospettiva di conservazione “Buona con alcune preoccupazioni”. Questo giudizio riflette la situazione di stabilità dei valori geologici – alla base dell’iscrizione nel 2000 nella lista UNESCO – ma segnala una serie di criticità crescenti, in particolare sul fronte della biodiversità e della governance.

1. Valori geologici stabili e di alto valore scientifico

Il rapporto evidenzia che lo stato dei valori geologici è buono e stabile. I processi vulcanici attivi, come quelli osservabili a Stromboli e Vulcano, non sono considerati una minaccia, bensì un punto di forza: un patrimonio scientifico unico al mondo, che continua a offrire preziose informazioni sui processi geodinamici del Mediterraneo.


2. Biodiversità sotto attacco: il turismo di massa al centro delle preoccupazioni

Il nodo principale riguarda però la biodiversità. La ricchezza biologica delle Eolie, che spazia dalle specie endemiche terrestri agli ecosistemi marini, è oggi in pericolo. Il rapporto segnala un rischio molto alto legato al turismo di massa, che è altamente stagionale, disordinato, e responsabile di un forte impatto ambientale.

Specie minacciate e habitat vulnerabili

Le Isole Eolie rappresentano un "laboratorio ideale" per lo studio dell’evoluzione degli ecosistemi mediterranei. Tuttavia, questo laboratorio è messo a rischio da:

  • Specie invasive: la lucertola campestre (Podarcis siculus) e piante non autoctone come l’eucalipto stanno rapidamente soppiantando specie locali, tra cui la lucertola muraiola eoliana (Podarcis raffonei), ormai ridotta a pochi nuclei residui.

  • Ambiente marino sotto pressione: la pesca illegale, l’inquinamento da scarichi e il traffico marittimo minacciano la Pinna nobilis, il corallo rosso (Corallium rubrum), e specie protette come cetacei e tartarughe marine.

  • Avifauna in pericolo: le Eolie sono un nodo cruciale per le rotte migratorie, con oltre 260 specie di uccelli che le usano come sosta o rifugio. Tuttavia, l’espansione antropica e la mancanza di protezione di alcune aree chiave stanno riducendo gli habitat disponibili.


3. Minacce ambientali: un quadro allarmante

Il documento elenca diverse minacce ad alto rischio, che stanno alterando profondamente l’equilibrio degli ecosistemi eoliani:

  • Pesca illegale, inclusi i dispositivi FAD non regolamentati.

  • Incendi dolosi, in crescita per frequenza e gravità.

  • Inquinamento idrico, con scarichi diretti in mare e impianti di depurazione inattivi (come quello di Vulcano).

  • Traffico aereo e marittimo che impatta negativamente sulla fauna e sull’ambiente, con voli in elicottero non autorizzati e non controllati.


4. Una gestione fragile: paralisi amministrativa e promesse incompiute

Un punto critico fondamentale è la gestione del sito. Nonostante l’esistenza di un piano di conservazione, manca una struttura operativa e un coordinamento efficace tra gli enti coinvolti. Il Parco Nazionale delle Isole Eolie, previsto per legge nel 2007, non è mai stato formalmente istituito.

Conseguenze della mancanza di governance:

  • Inapplicazione delle normative: le leggi ci sono, ma mancano controlli e sanzioni efficaci.

  • Aree ecologiche strategiche non protette: siti come Strombolicchio e lo Scoglio Faraglione sono in stato di semi-abbandono.

  • Aree Marine Protette (AMP): il processo per la loro istituzione è in stallo, salvo l’iniziativa recente per un’AMP a Salina.


5. Quali prospettive per il futuro?

La valutazione 2025 delle Isole Eolie lancia un messaggio chiaro: la conservazione dei valori geologici è garantita, ma la biodiversità rischia di deteriorarsi irreversibilmente senza un cambio di rotta deciso nella gestione e nella regolamentazione del turismo e delle attività economiche locali.

Azioni urgenti raccomandate:

  • Istituire e rendere operativo il Parco Nazionale.

  • Accelerare la creazione di Aree Marine Protette.

  • Rafforzare i controlli contro pesca illegale, incendi, e traffico aereo non autorizzato.

  • Attivare gli impianti di depurazione.

  • Promuovere un turismo sostenibile e regolato.

Domani i funerali di Ivano La Greca

Le onoranze funebri sono a cura della ditta
ALF&OMEGA di Lipari
Alla famiglia le nostre condoglianze

 

Tanti auguri di...

Buon compleanno a Francesca Leone, Enrico Mantineo, Graziella Mandarano, Adele Cannavò, Maria Clara Martinelli, Bartola Saltalamacchia, Cristina Favaloro


Centodieci anni fa, il primo caduto eoliano nella “GRANDE GUERRA” : GIOVANNI FRANGIONE

Da una ricerca Giuseppe Cirino, dedicata ai caduti Eoliani nella Grande Guerra (1915-18)


           
All’ingresso nel primo conflitto mondiale dell’Italia, il Regio Esercito aveva schierato in campo un numero di divisioni e mezzi superiori a quelle degli Austroungarici, ma le differenze sostanziali furono soprattutto costituite dai livelli di preparazione di questi ultimi e dal fatto che durante tutto il periodo di neutralità scelto dalla nostra nazione, i generali Austriaci, fecero realizzare in località strategiche (passi vallivi, catene montuose e rilievi), poderose fortificazioni, campi trincerati e reticolati, garantendosi una netta supremazia e dominanza del territorio. D’altra parte il Generale Cadorna ed il suo stato maggiore,  avevano incentrato la loro tattica, sulle cosi dette “spallate iniziali” ovvero massicci attacchi su zone concentrate di fronte, che avrebbero dovuto garantire un rapido raggiungimento dell’obiettivo con il passaggio dell’Isonzo, per la  conquista di Gorizia e di Trieste e sul fronte Carnico con la conquista del Trentino.
                Gli Austriaci, lasciarono dunque nei primi giorni di conflitto, spazio alla manovra italiana senza operare consistenti resistenze e consentendo al grosso delle loro truppe, un’ordinata ritirata strategica sulle linee difensive stabilite dai piani dal generale Conrad.
                Dal 23 giugno al 7 Luglio 1915, l’Italia tentò la prima “Spallata” (1^ Battaglia dell’Isonzo) con l’obiettivo di avanzare sul fronte della Venezia Giulia verso il campo trincerato di Gorizia ed allo stesso tempo, svolgere un’azione di diversiva sulla fronte  del Cadore e della Carnia. Gli obiettivi raggiunti si rivelarono però pressoché inconsistenti e le truppe italiane riuscirono solo a conquistare alcune porzione degli obiettivi strategici prefissati. Le fanterie si dissangueranno nel primo grande attacco contro i trinceramenti delle linee Sabotino – Podgora – Oslavia.
                All’alba del 18 Luglio del 1915 il fuoco delle nostre artiglierie, fu preludio alla 2^ Battaglia dell’Isonzo (Dal 18 Luglio al 3 agosto 1915) che su uno scenario pressoché immutato, vide contrapporsi la II e III Armata Italiana guidate dal Duca D’Aosta e dal gen. Frugoni contro il sistema difensivo austriaco comandato dal generale Boroevic. La tattica italiana rimase immutata rispetto alla prima battaglia, e sullo stile delle esperienze risorgimentali, predilesse massicci attacchi frontali alla baionetta, che dissanguarono le fanterie contro le ben munite e difese postazioni di mitragliatrici ed i reticolati austriaci.    Per favorire ulteriormente l’avanzata, il Comando Supremo aveva anche organizzato un’ulteriore manovra diversiva nell’area del Trentino e nell’area di Gorizia. La manovra nel Trentino non era necessaria, mentre gli attacchi contro la piazzaforte di Gorizia  furono inconcludenti. Gli Austriaci  riuscirono a respingere i primi attacchi ed a mantenere le posizioni sul Carso, Gorizia e dintorni. Gli italiani riuscirono comunque ad occupare una parte del Monte Nero il Colovrat la conca di Plezzo vicino a Caporetto  e postazioni sull’Alto Isonzo. La battaglia si concluse per mancanza di munizioni di artiglieria ed armamenti vari, poco prima che la prima linea austriaca stesse per cedere, costando alla nostra nazione circa 42.000 tra morti, feriti, dispersi e prigionieri.
Sarà proprio in questo periodo e nel contesto sopra descritto, che perderà la vita il primo fante Eoliano:

Frangione Giovanni   figlio di Giovanni e Barea Giuseppa  nato a Lipari  nel 1894 – distretto militare di Messina
Soldato del 49° Reggimento di Fanteria di linea 6^ Compagnia matricola 42379 (20) – 4^ Armata – 1° Corpo d’Armata  - 1^ Divisione di Fanteria .
Morto il 28 luglio 1915 per ferita mortale ricevuta in combattimento all’età di 21 anni


Sepoltura originaria: Monte Logorai – sepoltura attuale:  Ignota
Unità di appartenenza
Brigata Parma – 49 ° e 50° Reggimento di Fanteria
 
Sede dei reggimenti in tempo di pace: Torino.
Periodi di permanenza della Brigata Parma al fronte:
Anno 1915:
-          Dal 24 maggio al 6 novembre: Nel Settore di San Pellegrino – Col Margherita – Sottosettore di Valles
-          Dal 12 novembre al 31 dicembre: Passo Valles – Zona di Ghirlo.

Circostanze della Morte del Fante Frangione Giovanni

-          Riassunto dai Diari di guerra della Brigata Parma:

La brigata Parma, all’inizio delle ostilità si trova riunita a Sedico – Bribano. Verso la metà di Luglio , risalito il Cordevole, le viene affidato il compito di presidiare i passi san Pellegrino e di Vallesalle dipendenze della 1^ divisione inquadrata nei ranghi della IV Armata comandata dal generale NavaLa Brigata svolge in questo periodo azioni di controllo e pattugliamento e partecipa alle azione diversive delle prime due “Battaglie dell’Isonzo” nella zona compresa tra l’Alto Isonzo ed il Trentino”.
 Nell’ultima decade di ottobre il IX Corpo d’Armata svolge un attacco sulla fronte Col del Bois – Col di Lana, e la Parma vi partecipa, sempre alle dipendenze della 1^ divisione. Il 49° fanteria muovendo dai passi di San Pellegrino e di Valles, riesce il 22 ottobre , ad occupare con due compagnie il Monte Castellazzo, mentre il 50° manda i sui battaglioni a rincalzare altre unità operanti contro il Col di Lan, Sief, Settsass.

Dal  al 23 luglio al 6 dicembre 1915 , il  49° reggimento subirà le seguenti perdite

Ufficiali
Truppa
Morti
Feriti
Dispersi
Morti
Feriti
Dispersi
1
5
/
8
41
/
 

Nel diario di guerra della brigata Parma, nell’ultima decade di luglio, non si registra lo svolgimento di particolari azioni di rilievo che abbiano visto impegnati i reparti alle sue dipendenze; è quindi probabile che il soldato Frangione Giovanni sia rimasto mortalmente ferito, durante lo svolgimento di ordinarie operazioni di pattugliamento, presidio o manovre diversive.
                Ulteriori informazioni sull’episodio che vide coinvolto il fante liparese, sono fornite dal registro dello stato civile del 49° reggimento di fanteria, dove alla pagina 49 riga 49 viene annotato quanto segue:

“ L’anno millenovecentonovantacinque addì ventotto del  mese di luglio nel monte Lagarnoi (errata trascrizione il corretto riferimento è monte Logorai – settore delle dolomiti) mancava ai vivi alle ore dodici pomeridiane in età di anni ventuno, il soldato Frangione Giovanni della 6° Compagnia al n° 42379 (20) di matricola – nativo di Lipari provincia di Messina, figlio di Giovanni e di Barea Giuseppa. Morto in seguito a ferita d’arma da fuoco per fatto di guerra. Sepolto a Monte Logorai come consta dal verbale mod.147 e dall’attestazione delle persone in esso firmate e a piè del presente sottoscritto  testi Capitano Nardi Vito – Sergente Piga. Il relatore incaricato Capo Divisione Gabrielis.”
I riferimenti alla morte del Soldato Frangione Giovanni, parlano in modo generico del Monte Lagorai che costituisce solo una delle cime della catena montuosa o dolomite del Lagorai, con un’estensione di circa 70 km. Nel periodo storico a cui si fa riferimento la IV Armata a cui era affidate le operazioni in detto settore, non controllava ancora le vetta Cima Lagorai che si staglia fino a 2585 mt. di altezza, ma solo i passi sottostanti e gli sbocchi verso le valli.
Solo nel 1916 azioni condotte da piccoli nuclei scelti di alpini e fanti, riuscirono a scalare le impervie cime dove si annidavano insidiose e predominanti (per via dell’altitudine e dell’accessibilità) le postazioni austriache.

APPROFONDIMENTO:
Per tutto il 1915 l’Esercito italiano aveva sepolto i propri caduti nei cimiteri civili di Primiero e Canal San Bovo, o in piccoli camposanti a ridosso delle prime linee. Il 2 novembre 1916 venne inaugurato invece il cimitero militare italiano di Caoria (ancora oggi esistente), che raccolse la maggior parte dei caduti italiani tra passo Cinque Croci e cima di Cece.

Truppe italiane su rilievi montuosi 

TRATTO DALLE MEMORIE DI GUERRA DI UBALDO BINOTTI SOLDATO DEL “49° REGGIMENTO DI FANTERIA BRIAGATA PARMA” PUBBLICATE SULL’ESPRESSO.
Mi sono imbattuto casualmente in questo articolo, dove il soldato Binotti descrive in maniera fedele lo spostamento della Brigata Parma verso le prime linee del Trentino. Certamente la lunga marcia descritta, fu fatica sopportata anche dal Fante Eoliano Giovanni Frangione.
“ La sveglia fù suonata alle ore 1 di notte e dopo preso un po' di caffè, ci consegnarono i viveri di riserva e dopo poco partimmo, non erano ancora le ore 2 quando iniziammo la marcia, con lo zaino pieno in assetto di guerra con tutte le munizioni pacchetto di medicazione, e tutti gli attrezzi e pesava circa quaranta Kg.
Si marciò transitando da Agordo quindi raggiungemmo il paese di Cencenighe, dove a destra c'è il bivio che porta a Alleghe e Caprile fino a raggiungere Cortina d'Ampezzo, e durante la marcia transitammo da diversi paesi, e finalmente raggiungemmo il  paese di Falcade Basso, che era l'ultimo paese in terra Italiana.
Si traversò questo paesetto ma a un certo punto la strada finiva, e dal punto che finiva la strada, si cominciava a salire per una stretta mulattiera, che era tutta ingombra da grossi ciottoli e nel centro scorreva un rigagnolo d'acqua, già principiava a farsi scuro, e noi dovevamo ancora camminare, quando cominciammo a salire per la mulattiera, sembrava di salire come quando Cristo, salì sul Calvario dalla grande stanchezza, che tutti sentivamo non essendo abituati a marce cosi lunghe, e su un terreno cosi faticoso, e quando davano il segnale di alt per un po' di riposo, non ci si toglieva di dosso lo zaino, ma ci buttavamo a terra come si butta a terra una balla di cenci.
Dopo una marcia di circa 45 o 46 Km più morti che vivi, e che a tutti dolevano i piedi, raggiungemmo la vetta di Passo Valles la cima dove c'erano le trincee questa cima era a oltre i 2000 metri di altezza, e li si dette il cambio ai fanti del 60F.a.
Era già notte ci fecero montare le tende, e si credeva cosi di poter un po' riposare, dopo la lunga marcia iniziata alle ore 2 esclamando finalmente e finita, e ci si sarebbe potuti buttare a terra per poter un po' riposarci

Avevamo appena finito di montare le tende, e si credeva di poter riposare, gettandosi a terra sopra una coperta, che avevamo appena disteso per terra per sdraiarsi sopra, udimmo un fischio e nello stesso istante un grido era il comandante del nostro plotone, che gridava secondo plotone adunata, e ci ordinò di prendere il telo da tenda e i picchetti, la coperta e i viveri di riserva, pacchetto di medicazione e tutte le cartucce, mettersi il telo da tenda e la coperta avvoltolati a tracolla, il resto tutto dentro il tascapane, lasciare lì lo zaino perché, si doveva andare a dare il cambio al posto avanzato, che era in una posizione ancora più alta, e c'era da percorrere un'altra po' di strada in salita.
Eravamo un po' frastornati dalla grande stanchezza, a causa della lunga e terribile marcia che avevamo fatto per raggiungere la cima di Passo Valles, e un po' per la rabbia e a qualcuno, scappò qualche imprecazione, e qualche bestemmia, mentre il nostro sottotenente, che era pure lui un richiamato, ci esortava a essere calmi e ci incoraggiava, acciocché ci facessimo animo, con parole paterne dicendoci che questi strapazzi, a cui si era sottoposti a sopportare erano a causa della guerra, e che ormai bisognava far si di avere tanta forza, e costanza, onde poter sopportare con meno disagio possibile, gli sforzi a cui saremo andati incontro, ma sperando che tutto andrà bene sperando altresì che la guerra finisca presto, e che il buon Dio veglierà su noi tutti.
Queste erano tutte belle e buone parole e buone esortazioni, ma le nostre povere membra erano ridotte all'estremo limite che umana persona può sopportare, e al solo pensare che dovevamo rimetterci in cammino, e che essendo gia notte e molto buio e non si vedeva, fù un momento terribile, che non scorderò.

Il cammino fù molto faticoso e lungo, perché camminavamo su un terreno di montagna, e non era ne una strada ne una mulattiera, era un susseguirsi di un terreno tutto ineguale e spesso qualcuno cadeva, ci volle circa due ore prima di giungere al punto dove c'era il posto avanzato. Appena arrivati i fanti del 60 scapparono come lepri inseguite dai cani, e a noi non ci diedero ne ci spiegarono, nulla circa a come era il posto che noi dovevamo difendere, da eventuali attacchi del nemico, solo ci dissero attenti perché davanti a voi, non c'è nessuno c'è solo il nemico, attenzione a non addormentarsi perché qui dormire significa morire, e dette queste poche informazioni essi scesero giù dalla montagna.

Scrivevamo così...oggi...lo scorso anno