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mercoledì 22 ottobre 2025

Sulle Eolie la vigna parla di inclusione: Nino Caravaglio e il vino che costruisce ponti

 

(da un articolo di gamberorossso.it) Sulle isole Eolie, dove la terra si conquista a fatica tra vento, pietra e sole, la vigna non è solo lavoro. È memoria, identità, e sempre più spesso, umanità. Lo dimostra la storia di Nino Caravaglio, vignaiolo di Salina che ha trasformato la sua azienda in un modello virtuoso di accoglienza e integrazione. Un impegno che il Gambero Rosso ha premiato con il Premio Progetto Solidale nella guida Vini d’Italia 2026.

Il punto di svolta arriva nel 2022, quando Caravaglio sceglie di aprire le porte della sua cantina ai migranti accolti nel centro Don Bosco 2000 di Piazza Armerina. «Sono cristiano e credo che amare il prossimo sia una questione di fede – racconta – ma non solo dentro una chiesa: anche fuori, nella propria comunità». E la comunità, per lui, è fatta di vigna, di terra e di lavoro condiviso.

La decisione non è stata semplice. I primi ragazzi, rifugiati nigeriani, arrivano in un momento difficile, poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Lontani da tutto, spaesati, segnati da esperienze dure. Ma pian piano nasce un patto: lui offre lavoro dignitoso, casa e formazione; loro portano impegno, entusiasmo e senso di appartenenza.

Oggi, quei giovani non solo lavorano in vigna, ma partecipano attivamente alla vita aziendale: conoscono i vini, accompagnano i visitatori, propongono migliorie. Si sentono parte di una comunità. E lo sono.

«Se vuoi davvero integrare qualcuno – spiega Caravaglio – devi insegnargli tutto, non lasciargli solo i lavori pesanti. Dall’imbottigliamento all’etichettatura, bisogna coinvolgerli in ogni passaggio. Solo così non si sentiranno lavoratori di serie B».

Il risultato? Quattro lavorano stabilmente in cantina, altri sedici sono impiegati nella ristorazione delle Eolie. L’intero arcipelago oggi è un esempio di integrazione ben riuscita, anche grazie alla visione lungimirante della sindaca di Malfa, Clara Rametta, scomparsa di recente e alla quale Caravaglio ha dedicato il premio ricevuto.

Dietro a un bicchiere di Malvasia – come la sua Infatata 2024, premiata con i Tre Bicchieri – oggi c’è molto più di una storia di terroir. C’è un modello di impresa agricola che guarda oltre il profitto, dove la fatica diventa occasione di riscatto e il lavoro unisce invece di dividere.

«Spesso questi ragazzi parlano un ottimo inglese e hanno una cultura ampia, più di molti del posto – dice Caravaglio –. Sono loro i veri costruttori di ponti». E in un’Italia che ha ancora molto da imparare sull’integrazione, esempi come questo dimostrano che un’altra strada è possibile. Che l’agricoltura può farsi comunità. E che il vino, ancora una volta, sa raccontare storie di umanità.

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