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martedì 21 ottobre 2025

Lipari, serve una seria e immediata presa di coscienza (di Francesco Coscione)

Riceviamo e pubblichiamo: 
Desidero trovare le parole giuste non per convincere, ma, come sempre, per sensibilizzare riguardo alla situazione più critica che la nostra comunità sta vivendo. Sì, è più importante della sanità, dei porti, delle strade e di ogni altra pur seria questione che riguarda le nostre isole.
Da troppo tempo non si parla più di "situazione sociale". Mi riferisco primariamente ai nostri giovani, ma non solo a loro: i ragazzi sono parte di una famiglia, e per questo siamo tutti coinvolti – nonni, genitori, figli e nipoti. La condizione della società giovanile a Lipari è catastrofica, e il dramma forse peggiore è la nostra quasi totale incoscienza. Il massimo della consapevolezza che noto è una generica battuta da bar, priva di radici emotive.
Il dibattito poi si perde: si colpevolizzano i genitori o si ricorre alla deleteria affermazione che "tutti sapevano". Ma "tutti chi"? In paesi piccoli come il nostro, anche se ci ostiniamo a vederci come una "vacanzopoli", ci conosciamo tutti. A cosa serve, però, questa conoscenza se non riesce a scatenare la solidarietà reciproca? È finito il tempo in cui ci si incontrava tra amici e parenti per darsi una mano. La famiglia è stata smembrata, nella sua essenza, da ritmi assurdi che indeboliscono i componenti più fragili e sensibili.
I giovani sono meravigliosi: sono capaci, estroversi, pieni di iniziativa e inventiva. Devono essere aiutati, ma troppo spesso le loro famiglie non hanno le risorse né le possibilità per farlo. Supportare la famiglia e aiutare i genitori dovrebbe essere la priorità assoluta dello stato sociale. Invece, sono quasi sempre lasciati soli, privi di mezzi e sostegno. A Lipari abbiamo un'urgenza assoluta di prevenzione e supporto sociale.
Spero che tutti ci rendiamo conto che, nella nostra cara e bella isola, siamo immersi in una realtà disastrosa. E noi, comuni cittadini, cosa possiamo e dobbiamo fare? Moltissimo!
È necessaria una seria e immediata presa di coscienza, un'azione concreta nelle famiglie, nelle scuole (incluse le elementari!), nelle chiese e in ogni contesto dove sia presente un giovane. I ragazzi non hanno bisogno di prediche; sono stanchi e non vogliono più sentirsi dire: "ai miei tempi con due schiaffi", "se fossi tuo padre", "non sapete soffrire", e altre simili assurdità dettate da profonda ignoranza e incapacità educativa.
Ciò che sta distruggendo queste generazioni non è la tecnologia o una sostanza, ma il profondo buco nero interiore che li inghiotte come una voragine. È lì che dobbiamo agire. Il problema non è lo "strumento", ma l'uso che se ne fa: con un coltello posso tagliare il pane o uccidere.
Impariamo a chiedere perdono a una generazione che stiamo rischiando di distruggere. La nostra generazione ha fatto di tutto per dichiarare Dio inutile, sostituendolo con ciò che può contenere uno smartphone.
Cantava De André: "anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".
Rivolgo un accorato appello alle istituzioni, alla Chiesa, alle famiglie e a ogni singola persona affinché si attui un'azione quotidiana. Dobbiamo scuotere questa società locale, dedita in prevalenza a uno sterile e vergognoso litigio politico, al proprio orticello economico, al pettegolezzo e al giudizio. Sono tutti atteggiamenti che distruggono le fondamenta stesse del vivere civile.
Francesco Coscione

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