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lunedì 2 aprile 2012

Lunedì Santo (di Agostina Natoli)

Lunedì Santo

L’annuncio di Gesù crocifisso, può apparire anche oggi lontano dal modo di pensare comune. La cultura dell’efficienza, che emargina la sofferenza non aiuta immediatamente a comprendere nella fede il valore della croce, come «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24), ma è in Cristo crocifisso e risorto che si svela il mistero della sua persona e dell’amore misericordioso di Dio per noi. Quindi, è importante che il vangelo della croce sia annunciato sempre e accolto nel suo significato vero per essere vissuto come doni di vita, di riconciliazione e di salvezza.
Tutti gli uomini possono convertirsi e diventare giusti, perché l’amore di Dio e di Cristo è più forte di ogni peccato.
Cristo,“L’uomo dei dolori”, ha tanto amato il Padre sino ad abbassarsi alla condizione di servo, e Dio ha risposto con la gloria della resurrezione. Nella croce di Cristo ciascuno di noi può trovare il senso della sofferenza, essa ci fa entrare nel mistero, ci mostra un Dio che si fa debole per amore e si offre per la salvezza dell’umanità. Bellissima l’osservazione di S. Agostino:
“Ma perché anche sulla croce aveva bellezza? Perché la follia di Dio è più sapiente degli uomini; e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.[1] A noi dunque che crediamo, lo Sposo si presenta sempre bello. Bello è Dio, Verbo presso Dio; bello nel seno della Vergine…bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita, bello nel non curarsi della morte; bello nell’abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello sulla croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo” .
Sul Calvario Maria è lì come Vittima unita al Figlio. Vittima per la redenzione dell’umanità; rimane accanto a Lui quando il Figlio è accusato di essere un malfattore, pazzo, indemoniato e bestemmiatore.
Maria è lì, è la Pietà che patisce.
Coinvolta nell’opera di salvezza, compagna inseparabile nelle gioie e nei dolori di Gesù, Ella ha condiviso anche le sue sofferenze, accettate e volute da Cristo per la redenzione di tutta l’umanità.
Quando una madre vede che il figlio soffre, soffre con lui e sente per riverbero ciò che egli prova, e Maria ha sentito nel suo cuore tutto ciò che Gesù ha sofferto nel suo corpo per gli stessi fini, con la stessa fede e con lo stesso amore.

Di ccà passu e nieputa pigghiu,
nudda Matri mori p’un figghiu,
ma cu nun cridi alla me dulìa
nun po’ essiri scritta nta litania.
Da qui passo e nepitella prendo,
nessuna madre muore per un figlio,
ma chi non crede al mio dolore
non può essere scritta nella litania.

Dai pochi versetti della preghiera vernacolare, (che suppongo siano incompleti), si intuisce che Maria era in cammino alla ricerca del proprio Figlio. Ella ci invita, con la voce della liturgia a considerare il suo dolore: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio…Dio mi ha posta e come stabilita nella desolazione”.
La tradizione racconta che Maria era in cerca di Gesù, lo incontra che porta la croce. Avendo sete cercò di dissetarsi con delle foglie di nepitella, che anziché dissetarla accrebbero la sua amarezza, perché la nepitella è un’erba amarissima. Il dolore della Vergine più grande di tutti i dolori non fu considerato abbastanza neppure dalla sua stessa madre Sant’Anna, che per tale motivo rimase fuori dalle litanie.

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