27 ottobre 1893
La massoneria a
Lipari
La presenza della massoneria a Lipari è
testimoniata a partire dal 1864. Sappiamo che a Lipari c’erano due logge
massoniche, “La Ruggero Settimo” e “L’Eolia”. Non conosciamo, al momento, il
luogo, ne le componenti delle due logge. L’”Eolia” era stata fondata nel
1864 all’indomani della proclamazione di Giuseppe Garibaldi gran maestro della
massoneria siciliana. Aderiva al Grande Oriente d’Italia Ultimo gran maestro
della loggia, nel corso del 1926, era Nunzio Esposito, nato a Lipari il
17 settembre del 1864. La presenza e l’influenza politica della massoneria è
confermata da alcune decisioni assunte dal consiglio comunale, soprattutto,
nella lunga battaglia trentennale contro il Vescovo di Lipari, prima per
l’abolizione delle decime, poi, per la proprietà dei terreni pomiciferi.
Una delle prime delibere del consiglio che
“conferma” la forte presenza della massoneria è del 27 ottobre 1893, i
consiglieri presenti sono, molto probabilmente, tutti massoni. nel corso della
seduta il consiglio comunale, discusse l’argomento “Voto al Governo per l’intransigente Vescovo”
Il sig. Presidente (Onofrio Carnevale)
riferendosi a quanto è iscritto all’ordine del giorno “Voto al Governo per
l’intransigente Vescovo Natoli”, dice che esso oggetto è stato da lui posto in
discussione per propria iniziativa e di ciò egli assume intera la
responsabilità, perché la detta sua iniziativa è conforme al desiderio
vivissimo di tutto il Paese, senza distinzione di classe e di parte, inclusa la
maggioranza del clero. Il vescovo, in tempi difficili, come quelli in cui
viviamo, provvede male al Culto della Chiesa. I fedeli lamentano l’assenza
completa di ogni buon regime religioso. Egli non trovasi all’altezza della
propria missione, giacché, invece di essere elemento di pace e di carità
cristiana, è causa di perturbamento morale e civile. Ricorda le lotte
inconsulte nelle quali Monsignor Natoli si è spinto allo scopo di sfogare ire e
pettegolezzi personali, con scandalo grandissimo delle coscienze e
coll’attentare ai più gravi interessi del Comune.
Se il Comune ha soggiaciuto a spese enormi
per la reintegra dei suoi Demani Comunale, se ha dovuto sostenere innanzi le
Autorità Amministrative e giudiziarie liti gravissime e dispendiose; se i
contribuenti sono stati gravati dalla tassa fuocatico, ciò è certamente dovuto,
in massima parte, all’opera antipatriottica del vescovo Natoli e del di lui
fratello Avv. Antonino. Imperocché giova ricordare che i fratelli Natoli
militarono nelle file della grandissima maggioranza del Consiglio, e che
passarono all’opposizione allorquando, usurpatori di vasta estensione del
demanio comunale produttivo di pomici in contrada Rocche Rosse, furono invitati
a rilasciare i terreni usurpati. Ognuno ricorderà come d’allora in poi, la
lotta si facesse da costoro viva ed insistente contro l’Amministrazione
Comunale, che, compiendo il proprio dovere, volle garantire, senza colpevoli
condiscendenze, i grandi interessi del Paese. Ognuno ricorderà come i fratelli
Natoli istigassero gli usurpatori ignoranti e di mala fede di non venire a
conciliazione con Comune; donde è derivata quella sequela di contestazioni che
tutti sanno, donde è derivata anche, perciò, la necessità d’imporre la tassa
del fuocatico. E come se ciò non
bastasse, come se nei tempi di crisi economica che il Paese, per la
prima volta, attraversa, ciò fosse poca cosa, il Vescovo vorrebbe, se a lui
fosse possibile, il popolo per il pagamento delle decime, che non sono a lui
dovute, giacché sulle terre dai di lui predecessori concesse, grava il canone
enfiteutico come corrispettivo del prezzo; e quindi esse decime malamente
pretese sono non domenicali, ma puramente e semplicemente sagramentali.
Il sig. Presidente soggiunge che in questo
consesso, in cui anche per le questioni più appassionate, la discussione
avviene sempre calma è dignitosa, egli non rileverà i pettegolezzi del Vescovo
Natoli, il quale, intendendo sfogare i suoi odi contro l’Amministrazione del
Comune, per fatuo e mal accampato pretesto, priva di pochi emolumenti, per
l’accompagnamento alle processioni ed alle pompe funebri, i bandisti, che,
povera gente com’è, fanno pur sempre assegnamento su quei proventi, per quanto
meschini essi siano. Il dilemma del Vescovo è questo. O il cappellano o la
banda. Non rileverà la recentissima questione avvenuta per la nomina del
Rettore Cappellano del Cimitero. Il consiglio non ignora che le Chiese dei P. P.
Cappuccini e degli Osservanti, furono dal demanio concesse a questo Comune, con
l’obbligo di mantenere il culto. Di conseguenza la nomina dei Rettori
Cappellani, in ogni tempo, dal dì in cui furono soppresse le corporazioni
religiose è stata di diritto devoluta all’Amministrazione Comunale, che ha
esercitato sempre questo suo potere di diritto e di possesso. Ora dopo la morte
del padre cappuccino Fedele Spanò, Rettore Cappellano della Chiesa dei
Cappuccini che fa parte del cimitero, il Consiglio, nella tornata del 12 detto
ultimo, elesse a quel posto vacante l’unico cappuccino, che trovasi in Paese,
padre Annunziato Esposito, che aveva pure in precedenza ottenuto la
designazione a tale ufficio dal suo competente ed immediato superiore, il
Provinciale dell’ordine. Ma il Vescovo, cui, per fini reconditi, non garbò
quella nomina, usando la più aperta violenza, fece chiudere ed interdire la
chiesa, sospese, con grandissimo scandalo dei fedeli, il detto cappuccino
Annunziato Esposito, il quale ricorse al cennato suo superiore immediato, che
gli diè ordine di celebrare messa nella Chiesa dei Cappuccini, avvegnacché, sul
fatto della di lui nomina, il Vescovo non esercita alcuna giurisdizione, né
civile, né ecclesiastica. E sovra tutto, se si pon mente al processo intentato
contro il Vescovo, e contro tre sacerdoti, che sono stati travagliati soltanto
per aver eseguito gli ordini di lui. Se si pon mente a tutti i fatti pubblicati
dalla stampa; se si tien conto, come si dovrà, dell’agitazione che serpeggia
nel pubblico, e dei disordini, che sarebbero certamente accaduti, bisogna
convincersi che monsignor Natoli non è un uomo di governo, né di carità, e che
egli usa male e a danno degli interessi di questo paese di quella potestà
civile che gli viene dal R. Exequatur. Perloché egli propone di fare almeno un
voto a S.E. il Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, perché al detto
Vescovo, come avvenne per quello di Bari, sia ritirato il R. Exequatur. Apre
quindi sull’obbietto la discussione.
Chiesta la parola il consigliere D.re
Favaloro Salvatore, appoggia la proposta del sig. presidente, rilevando che
l’intolleranza del Vescovo eccita gli animi, attacca gl’interessi religiosi e
civili del Paese, a garanzia dei quali vigile custode dev’essere il Consiglio,
a cui splendido e coscienzioso voto popolare li ha affidati.
Chiesta la parola il consigliere Esposito,
trova parole di lode per il Sindaco presidente, che, di propria iniziativa,
chiamò il consiglio a questa grave discussione. Dice che la cittadinanza tutta
ha fatto plauso a siffatta iniziativa, giacché si ha desiderio di vedere
tornata la calma negli animi, di vedere troncati pettegolezzi e scandali, che
potranno essere causa di disordini.
Chiede la parola il consigliere Avv. Emanuele
Carnevale, il quale dice il consiglio oggi si eleva sui pettegolezzi del
Vescovo a conferma dei sentimenti del Paese, sia dal lato civile che dal lato
religioso. Dice che affligge e addolora immensamente il pensiero che un
prelato, la cui missione è quella d’infondere la calma serena nei cuori, compia
invece un parricidio. Il Natoli, liparese, congiura ai danni non di quella o di
un’altra amministrazione ma del proprio Paese, del proprio Comune. Egli più che
domandare al Governo il ritiro del R. Exequator, in linea principale, vorrebbe l’allontanamento
di questo Vescovo. Il Guardasigilli può benissimo domandare alla Santa Sede un
provvedimento siffatto, dal momento che un Vescovo, cui venne concesso il R.
Exequatur, usa male della potestà conferitagli. Soggiunge essere utile che per
fatti già valutati nella presente discussione, e per gli altri che sono di
ragion pubblica, e che il consiglio non denunzia per non seguire il Vescovo in
una via di attacchi, e di puerili pettegolezzi, và domandata, occorrendo, una
inchiesta, che il Municipio, nella sua saviezza, penserà a chi affidare. In
fine desidera che copia della presente deliberazione sia spedita a S.E. il
Ministro Guardasigilli, ed a S.E. il Ministro dell’Interno, nonché all’On.le
deputato del collegio, perché raccomandi presso il Ministro, il voto espresso
dal consiglio.
Molti consiglieri appoggiano la proposta del
consigliere avv. Carnevale Emanuele, e quindi, il consiglio per acclamazione
vota il seguente ordine del giorno,
Il consiglio
Considerato che l’intransigenza del Vescovo
di Lipari, Monsignor Giovan Pietro Natoli, è causa di grave perturbamento
civile e religioso nel Paese e nel Comune;
Intesa la relazione del sig. Presidente, e
conformemente alla fatta discussione
delibera
di porgere, siccome porge, voto a S. E. il
Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, ed a S.E. il Ministero
dell’Interno, perché il detto Vescovo Natoli sia rimosso da quest’isola e
diocesi, e subordinatamente, in ogni caso, almeno gli sia tolto il R.
Exequatur.
Fa inoltre voto, perché, soltanto se occorresse,
sia ordinata una inchiesta per accertare i fatti denunziati nella presente
discussione e tutt’altri fatti, che potranno essere denunciati ed accertati per
legittimare la presente deliberazione.
Ulteriore scontro fra massoni e Vescovo si concretizza
nella controversia con il vescovo Pajno, illustrata nella giornata del 20
aprile.
Una eminente figura eoliana, aderente alla
massoneria, fu il Dott. Francesco De Mauro. Più volte consigliere
comunale ed assessore, la sua figura è indissolubilmente legata alla sommossa
del 28 agosto 1926, la sua ultima tessera di massone, iscritto alla
Loggia L’”Eolia” è del 23 giugno 1924. Venne sospettato di organizzare la fuga
da Lipari di Domizio Torrigiani.
Quasi profetico il suo ultimo intervento in
consiglio comunale del 11 ottobre 1920. Tutto lo spazio della città murata ben sistemato, dopo sgombrate di
tutte quelle vecchie cadenti luride casupole, potrebbe essere destinato a
costruzione di nuove case, di qualche bello albergo e perciò utile per
stimolare qui in Lipari il movimento dei
forestieri, nel mentre che tutto quello spazio potrebbe essere ormai anche
adibito a nuove residenze di questi cittadini. Io affido alla nuova
amministrazione questa mia idea, la quale mentre alletta il mio pensiero verso
il miglioramento del nostro amato Paese, mi permette il migliore affidamento
per la buona riuscita di esso.
Per
approfondimenti
-
La
Greca Giuseppe. La storia della Pomice di Lipari, Volume II “Dalla
controversia con il vescovo Natoli all’avvio della legge sulla pomice”, edizioni del Centro Studi Eoliano, 2008.
-
La
Greca Giuseppe. La Lunga Notte di Lipari,
anarchici e socialisti al confino coatto, edizioni del Centro Studi
Eoliano, 2009.
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