Credo che una delle difficoltà maggiori che si presentano
ai credenti dinnanzi alla morte di una persona amata è il come continuare a
pensarla vivente, come raffigurarsela. Sentiamo forte l’esigenza di parlare con
lei, di pregare con lei, di continuare ad avere un rapporto vivo e intenso come
era fino al giorno in cui ha chiusi gli occhi, ma ci si accorge che in questo
la cultura religiosa non ci aiuta molto. Le immagini dell’aldilà che vengono
offerte sono immagini eteree, leziose, del tutto improbabili: nuvole,
angioletti in un mare di azzurro. Anche le “indiscrezioni” di cosa faremo
nell’aldilà non aiutano molto: vivremo in una contemplazione continua del Signore, si dice. Ma che significa?
Significa che non faremo niente e guarderemo solo il volto di Dio? Sinceramente
non è una prospettiva entusiasmante immaginare milioni e milioni di persone che
se ne stanno, per l’eternità, seduti e guardano in estasi o sono immersi in
adorazione, senza fare null’altro… E tutto quello che abbiamo sperimentato in
questa vita: i bei progetti, i sentimenti, gli ideali? Tutto scomparso? Tutto
“vanità delle vanità”? come reciterebbe il Quolet.
Lo strano è che di fronte ad una
elaborazione e raffigurazione così indeterminata riguardante l’aldilà, la
cultura religiosa sull’aldiquà cioè sull’esperienza sociale, sulla pace, sulla
difesa del creato, si presenta con tutt’altro spessore: il ricco insegnamento
sociale della Chiesa, il personalismo, il popolarismo sturziano, i testi del
Vaticano II e via elencando. Sulla vita eterna invece , a parte la citazione in
alcune preghiere tradizionali e la riproduzione stanca di alcune oleografie, vi
è una forte afonia come se la Chiesa contemporanea, avendo sviluppato una forte attenzione ai temi della
socialità, temesse di essere accusata di evasione dalla dura realtà del
quotidiano, dai problemi e dalle difficoltà della vita di tutti i giorni. E
così mentre la Chiesa ed i cristiani balbettano sull’aldilà, si diffondono e si
radicano - soprattutto fra le nuove generazioni - feste come quelle di
Halloween del tutto estranee alla nostra tradizione, che provengono da culti
celtici diffusi negli Stati Uniti e favoriti da una surrettizia spinta
consumistica e dalla moda indotta da tutta una serie di filmati per la tv su un
aldilà dominato dall’horror.
In
realtà quando ho preso a studiare ed a riflettere su cosa un cristiano può dire
della vita eterna e dell’aldilà, mi sono accorto di trovarmi, invece, di fronte
a tematiche per nulla evasive ma che eventualmente rimandavano ad un più forte
impegno nella vita sociale, politica, culturale perché aldiquà ed aldilà non
sono due realtà del tutto estranee. Così, mi sono detto, che la celebrazione
dei Santi l’1 novembre e la commemorazione dei defunti del giorno due – due
appuntamenti fra loro strettamente connessi – poteva essere l’occasione per
riproporre una riflessione su quella che un tempo veniva chiamata “teologia dei
novissimi” e così quando la Comunità parrocchiale di S.Pietro ha deciso di
affrontare questo tema giovedì 31 ottobre alle 18 nel salone dell’Istituto
della Suore francescane ho accettato volentieri di introdurre l’argomento.
Da dove ripartire in questa riscoperta dell’aldilà
se non dalla Resurrezione di Gesù Cristo? La Resurrezione è la
dimostrazione che la vita eterna é possibile anzi che con la Resurrezione del
Cristo si apre una pagina nuova nel creato: la vita umana diventa eterna. Chiunque crede in me, dice Gesù, avrà la
vita eterna (Gv 3, 15).
La Resurrezione di Cristo è un evento unico ed al tempo stesso
rivoluzionario non solo della storia dell’uomo ma dell’intera creazione. Nella
storia dell’uomo non è mai accaduto che un morto resuscitasse - non per tornare
a morire come è stato, per esempio, per Lazzaro - ma per vivere in eterno.
Questo fatto unico ed eccezionale è anche rivoluzionario perché ha sconfitto la
morte ed ha aperto la strada verso la resurrezione a tutti gli uomini sia
quelli premiati con la vita eterna sia quelli puniti con la dannazione eterna;
quindi ha cambiato profondamente la vita eterna trasformandola dal Paradiso in
cui la Trinità viveva con la schiera degli angeli nel Regno di Dio che
accoglie, trasfigurati e glorificati, anche i frutti positivi dell’umanità e
questo sia per i valori, i sentimenti e le virtù sia per le strutture.
Ecco questa è la prospettiva che cercherò di approfondire. Una prospettiva
che concretizza la vita eterna, la strappa alle immagini devozionali e ne fa il
punto di arrivo di tutte le speranze, le passioni, le utopie positive della
storia degli uomini.
Michele Giacomantonio
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