Maria, la Madre di Gesù è stata al centro di quest’ultima settimana di attesa, lei lo aveva in grembo il Figlio di Dio, aveva una visione di mondo molto bella e decisa, molto rivoluzionaria rispetto a certi nostri sentimentalismi; sette verbi ne caratterizzano la visione della realtà, della storia, di quello che capita: Maria non è distratta, chiusa nel suo piccolo mondo di relazioni paesane, non è nata con la testa piegata come si vorrebbe che fossero tutti coloro che credono in Dio e lo pregano, ma si è fatta una coscienza profonda del futuro del suo popolo e legge in Dio il piano che da sempre sta cambiando l’umanità e che oggi, con la nascita al mondo di Gesù, diventa ancora più vero e definitivo. Descrive con sette verbi le azioni di Dio che raddrizzano le nostre deviazioni umane. Ha spiegato la potenza del suo braccio; ha fatto vedere a chi pretende di avere in mano la vita del mondo che Lui è il Signore, che Dio è forza invincibile, che tiene in mano le sorti del mondo. Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore e allora chi pensava di comandare sempre, di opprimere, di decidere delle sorti degli altri si è trovato confuso, inaspettatamente, gli è crollato il mondo davanti, ha dovuto cambiare il modo di pensarsi. Ha rovesciato i potenti dai troni, ne è conseguito che chi credeva di avere in mano il mondo, di stare tranquillo ad opprimere, è stato sbalzato dal suo scranno, ha perso tutte le elezioni, anche quelle truccate ha innalzato gli umili, i poveracci si sono trovati a prendersi in mano con dignità la propria vita, a camminare diritti senza paura di nessuno ha ricolmato di beni gli affamati, chi viveva di stenti e non poteva andare al supermercato, se non a rubare, ha avuto il necessario, non è stato costretto a mangiare quello che avanzava ai porci, perché l’ha invitato ogni giorno a casa sua ha rimandato i ricchi a mani vuote, sono andate in fallimento tutte le banche, chi riteneva di spostare capitali si è trovato a raccogliere carta straccia, i lingotti d’oro sono stati erosi da acidi potenti e non sono nemmeno polvere ha soccorso Israele suo servo , la comunità che lo aspettava, che ogni giorno lo prega, che pone la sua fiducia in Lui, che lo conosce come Padre ha il suo pane quotidiano, ha leggi capaci di pace e di sicurezza, costruisce ponti e non muri A questi verbi ne manca uno importantissimo. Infatti come può avvenire tutto questo? come si realizzano tutti i verbi del magnificat? Chi può avere in mano il mondo, la vita di tutti? Chi può avere un amore che sconvolge e realizza tutti i verbi della presenza di Dio? Il vangelo di oggi dice: il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Gesù è il verbo, l’ultimo verbo che dà consistenza a tutti gli altri. La Parola definitiva di Dio che si fa vedere oggi in quel bambino. Solo così può sconvolgere le nostre vite, cambiare le nostre logiche. Non è una parola magica, un verbo magico, ma la parola che si fa carne, che diventa piccolo e che ci dona nuovi occhi per vedere il mondo e per vivere in pace, che decide di abitare i nostri giorni, i nostri orrori, le nostre cattiverie, le nostre fragili speranze e i gracili amori. Ma Lui, Gesù, li fa suoi, purifica i peccati ed esalta le tracce di bene che siamo capaci di compiere, appoggia le nostre croci alla sua e ci trascina alla risurrezione. Saremo capaci di fare posto a questa verbo, a questa nuova intelligenza e saggezza, a questo Figlio di Dio? Siamo qui a tentare di farlo nella nostra fede e nella nostra vita quotidiana. In questa santa notte, che ci ricorda i tempi della nostra fanciullezza, pieni di fantasie, di attese, di serenità, possiamo permetterci di dare sfogo ai sentimenti. Ho sentito i giovani di un liceo della nostra diocesi dirmi che per loro il Natale è poter godere un clima di famiglia bello e positivo. E’ una buona affermazione. E’ bello sentire che il significato del Natale va alle radici della nostra esistenza, alla intimità dei nostri rapporti familiari, si fa cultura scritta nelle nostre vite quotidiane, ma stanotte dobbiamo fare un passo più in profondità. Natale è una data storica, non tanto per il giorno, per il quale le ricerche storiche non sono ancora d’accordo, ma per la persona che lo caratterizza: Gesù Cristo. Da allora il nostro tempo, nella cultura occidentale e poi in tutte la le altre culture, si è diviso in “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. La scena che il vangelo ci fa contemplare è semplice, patetica, disarmante. Comincia con una nota storica: un censimento voluto dagli occupanti, noi, i romani, che ci ritenevamo padroni del mondo; poi si ferma a descrivere l’effetto del censimento, che sconvolge la vita della gente che deve andare agli uffici comunali, diremmo noi oggi, da dove le loro famiglie sono partite per il classico spostarsi di ogni gente, come avviene anche oggi con le migrazioni di popoli. Soprattutto fotografa una coppia di giovani sposi in cerca di alloggio, è un coppia pure sfortunata per una accoglienza negata. Erano poveri; a casa loro sarebbe stata una povertà dignitosa, affrontabile, ma in giro così la povertà si fa miseria, accattonaggio, imprudenza, incoscienza e la nascita di un bambino un rischio per la sua salute e per la stessa famiglia.
Ma la vita, come sempre non aspetta convenienze, né si può fermare: irrompe nell’esistenza, trascina i genitori, grida la sua presenza improrogabile. Scatena l’affetto di papà e mamma, che garantiscono tutto il possibile perché la vita erompa e abbia il suo posto, anche se è una mangiatoia per animali. L’umanità del bambino però non nasce in un deserto. I primi ad accorgersi, sono la gente più semplice e più sospetta che poteva esistere: poveri pastori, ritenuti la feccia del popolo, non stimati dalla società che conta, irregolari e impuri, senza fissa dimora, ma decidono di esprimere solidarietà, compagnia, condivisione.
Tutti coloro che ne condividono l’umanità sono provocati a decidersi Se questo bambino è il Figlio di Dio, già dalla nascita comincia a sconvolgere il mondo, cambia i criteri di stima e di attenzione nella società; prende contatto subito con i poveri e non lo fa distribuendo regali o assegni o pacchi di Natale, ma chiedendo loro di mettere a disposizione il loro buon cuore, quel poco che hanno e che sono, perché il piccolo sorriso di Gesù, la dolcezza dei suoi occhi, la semplicità e la santità della mamma sicuramente doneranno a loro la serenità della vita, la consapevolezza della dignità di ciascuno, un sollievo alla fatica di ogni giorno, la pace e la sicurezza di buone relazioni tra di loro, la pace della convivenza, la forza di sopportare e andare oltre le ingiustizie di cui sono vittime.
Sono i doni che anche noi chiediamo a Gesù bambino; siamo qui senza pretese, come i pastori, senza sicumera, senza cattiveria, senza autosufficienza o rassegnazione; vogliamo riavere e sentirci regalare da Gesù bambino il senso della vita, la gioia del perdono suo e nostro verso tutti, non siamo arrabbiati con nessuno, vogliamo che Gesù ci mantenga la serenità della vita. Penso ai tanti malati che sono andato a visitare in questa visita pastorale, alle tante mogli e ai tanti mariti che assistono ogni giorno il loro marito o moglie, alle mamme legate ai figli che non riusciranno mai a vivere da soli, preoccupate solo di non lasciarli abbandonati con la propria morte. Le sofferenze abitano tante nostre case, ma sappiamo non perdere la speranza e la forza dello Spirito che ci rende duri come la roccia di fronte a ogni dolore. Gesù bambino ci regala tutto questo se come i pastori sappiamo andare a lui con il cuore pulito.
La cattiveria nel mondo è sempre tanta e troppa; siamo testimoni di nuove atrocità ogni giorno; anche noi desideriamo ammazzare, fare vendetta, punire…iniziamo da noi per estirparla dal cuore e dalle nostre relazioni. E’ questo il regalo che Gesù ci fa a Natale
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