Marcia indietro del Governo sull’addio alle monete da 1 e 2 centesimi d’euro. Le monetine da 1 e 2 centesimi di euro continueranno a essere coniate e a circolare in Italia, come negli altri paesi europei che fanno parte della moneta unica, nonostante il governo italiano ne avesse prevista la sospensione, a partire al 1 gennaio 2018, come previsto dall’emendamento Boccadutri approvato con la manovrina lo scorso maggio.
Una norma che, oltre alla comodità di semplificare i pagamenti spiccioli, si riprometteva un risparmio dell’ordine di 23 milioni di euro da destinare a un fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Un risparmio, secondo i proponenti, realizzato da parte della Zecca sollevata dal compito di coniare quelle monete.
Fonti del Tesoro assicurano che la legge finanziaria comprenderà una nuova indicazione che annulli tutto come voluto da Bruxelles, costringendo così l’Italia a fare marcia indietro e impedendo l’eliminazione delle monete da uno e due centesimi.
I MOTIVI – Sospendere il conio di quelle monete non produce alcun risparmio. Senza di esse la Zecca sarebbe costretta ad aumentare la produzione (e il relativo costo) per le monete da cinque centesimi. Inoltre, pur smettendo di coniare le due monetine, nessun commerciante sarebbe in ogni caso autorizzato a rifiutarle. Non solo per la ragione logica per cui non si può impedire a uno spagnolo o ad un tedesco di usare quelle monetine in Italia, ma perché il potere di decidere o meno la circolazione legale di pezzi della moneta unica non è dei parlamenti nazionali, bensì del Consiglio europeo.
DECIDE LA BCE – Le decisioni riguardanti le politiche monetarie non spettano più ai vari parlamenti nazionali o alle banche centrali di ogni singolo paese, perché gestire l’euro per mantenere i prezzi stabili e guidare la politica economica dell’Ue è per l’appunto il compito della Bce, il cui presidente attuale è Mario Draghi.
Secondo la Commissione Finanze del Senato, lo stop alla produzione e alla circolazione dei centesimi di euro potrebbe innescare un effetto speculativo con un innalzamento dei prezzi dei beni e servizi ingiustificato, con una conseguente ricaduta sulle fasce più deboli della popolazione.
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