Preg.mi Direttori,
seguo da lontano, sui vostri giornali, la vicenda della scuola delle più piccole isole eoliane , senza nasconderVi ancora una volta, il mio stupore.
Sentire che ad Alicudi, a 20 minuti di Aliscafo dalla mia residenza, dalla mia casa, dalla mia famiglia, da mio padre che ho dovuto lasciare con i suoi gravi problemi di salute assieme a mia madre, abbiano dovuto ricorrere ad un' insegnante in pensione, per garantire quel minimum di "istruzione" ai tre bambini che frequentano quella scuola, mi amareggia e non poco.
Abbiamo scritto a tutti, noi docenti fuori sede.
Il Dott. Diliberto addirittura, in una recente intervista, ha specificato di essere al corrente di tale situazione di disagio degli insegnanti eoliani e delle scuole delle isole più piccole, e nonostante questo nessuno fin 'ora ha osato prendere un provvedimento.
Mi chiedo se, con la stessa iniziativa, di richiamare a scuola una docente in pensione, non sarebbe stato possibile, "derogando" anche, ad una legge capestro come la 107/15, riportare nelle proprie isole, le insegnanti eoliane!
Cosa ha impedito alle istituzioni e alle persone preposte di farlo?
Hanno firmato di recente, il nuovo contratto sulla mobilità a Roma, ma qualcuno ha pensato a questa insensata, illogica, balorda situazione di noi isolani, sbattuti a km di distanza dal nostro territorio? E al disagio sofferto dai nostri bambini, ai quali sembra nessuno voglia insegnare?
Ho appena concluso il primo ciclo di un master post laurea, dove ho affrontato le tematiche relative alla scuola intesa come Punto Nodale della rete sociale.Una tematica che configura la scuola non solo come istituzione ma come comunità , ossia una formazione sociale composta da docenti, allievi, genitori e altre istituzioni. Una comunità nella comunità, insomma, che ha lo scopo di contribuire a formarne un' altra ulteriore e competente. Una scuola consapevole della propria missione, dunque, che deve guardare costantemente alle reti sociali con cuiessa stessa interagisce e al territorio nella sua interezza, in modo da far dialogare la propria realtà organizzativa con i bisogni e le risorse della PROPRIA COMUNITA DI APPARTENENZA.
Ecco! Sulla carta ci "formano" su ciò che nella realtà non si contempla.
E' fondamentale che un docente conosca il proprio territorio, i suoi usi , i suoi costumi, i suoi linguaggi, le sue dinamiche. Non si può prescindere da questo per trasmettere cio' che ai nostri studenti va trasmesso. Apprendimenti , cultura, tradizioni e storia. Argomenti che ben conosce chi in quel territorio vive e ci è nato.
E' vi assicuro che questa è la pura verità.
Cosa ne sappiamo noi delle tradizioni dei triestini, piuttosto che dei toscani o degli emiliani.
Alle volte, i nostri alunni scrivono e parlano persino nel loro "slang " , ma noi, certe sfumature dobbiamo coglierle, ricercandole nel loro modo di comunicare e di parlare.
Chi gestisce la scuola non può non sapere ciò che ai docenti viene "insegnato" con la Formazione.
Non si è mai vista, negli anni, pur con tutte le "pseudo riforme scolastiche", una simile aberrazione come la " forzata deportazione" dei docenti immessi in ruolo nel 2015/16.
Una immissione in ruolo che era un atto dovuto, pensato nel peggior modo possibile.
A farne le spese , tutti! Alunni, insegnanti e territorio.
Restituite dunque, gli insegnanti ai loro territori.
Cordiali saluti
Maria Grazia Bonica
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