Francantonio Genovese, parlamentare del Pd, ex segretario regionale del partito, ex sindaco di Messina, accusato di truffa, peculato e riciclaggio, saprà a giorni, forse una settimana, se la Camera accoglie o respinge la richiesta di arresto. Il gip Giovanni De Marco, infatti, nei giorni scorsi ha firmato la misura cautelare in carcere per il parlamentare messinese indagato nell'ambito dell'inchiesta Corsi d'oro. Intanto Genovese è già in viaggio per Roma, dove domani il suo caso sarà all'ordine del giorno della riunione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Mentre a Messina, dalle 10 di stamani,il gip Giovanni De Marco, firmatario delle misure cautelari che lo scorso 19 marzo hanno raggiunto lo stesso Genovese, tre suoi fedelissimi, Roberto Giunta, Domenico Fazio e Salvatore Lamacchia, ed il commercialista Stefano Galletti, interrogherà questi ultimi 4 indagati agli arresti domiciliari.
E' al quotidiano Repubblica che l'ex sindaco di Messina oggi inquisito rilascia una lunga intervista, ripercorrendo la sua storia politica ed amministrativa.
"So di aver messo in imbarazzo il Pd e mi dispiace- dice Genovese - ma penso che una persona dotata di un minimo di intelligenza, e soprattutto chi mi conosce, non possa credere che io in questi anni abbia emesso o ricevuto solo fatture per prestazioni inesistenti, così come mi viene contestato. O che sia al centro di un'organizzazione criminale che quasi quasi può competere con Cosa nostra".
Non chiede clemenza, il parlamentare messinese, "ma solo che si tenga conto - dice - anche delle mie ragioni, e dei fatti inconfutabili portati a sostegno. Poi, accetterò qualsiasi verdetto, della giunta per le autorizzazioni e del Parlamento".
"I soldi di cui si parla- aggiunge- sono quelli dei canoni pagati dagli enti di formazione regionali a società del mio gruppo per l'affitto di immobili e attrezzature. Il sospetto dell'accusa è che, attraverso prezzi gonfiati, io abbia tratto illecito profitto, comunque per un ammontare che non supera i 500 mila euro. Ma ho cinque consulenti d'alto profilo che dicono il contrario"-
Nello sfogo di Francantonio Genovese non può mancare un passaggio alla presenza dei parenti negli enti di Formazione: "Se il riferimento al 'sistema criminale' equivale alla presenza dentro questo settore di alcuni parenti, a prescindere dalla liceità delle condotte, lo accetto e sono pronto a dire che mi ha portato probabilmente anche un ritorno elettorale. E' evidente che il mio consenso ha dato fastidio a molti". E infatti parla della necessità di "distinguere il fuoco amico da quello nemico".
Riguardo i milioni della Formazione che per l'accusa sarebbero confluiti nelle società di famiglia, Genovese dice: " Quei soldi, altro non sarebbero che "canoni pagati dagli enti di formazione regionali a società del mio gruppo per l'affitto di immobili e attrezzature".
E i prezzi gonfiati? "Un ammontare che comunque non supera i 500 mila euro"-spiega.
Infine, una sorta di mea culpa: " Chi non ha commesso errori nella vita e nella politica?".
E a tal proposito ammette che avrebbe dovuto accostarsi più guardingo al mondo della Formazione professionale.
E' un fiume in piena, l'indagato Genovese,che risponde, punto per punto, alle domande di Emanuele Lauria, anche alcune scomode.
Lo yacht?
"Non c'è mai stato. E' un gommone di 11 metri".
I gioielli ?
"Erano gadget da 25,30 euro ciascuno".
Lo scompiglio nel Pd? Il colpo che l'inchiesta messinese ha inferto al neo premier Renzi?
"Si. So di averlo messo in imbarazzo e mi dispiace".
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