(di Manuela Modica)
La nave Sansovino batteva ancora bandiera cipriota per aggirare normative di sicurezza italiane? Questo è uno dei quesiti dell’incidente sulla nave della Caronte & Tourist Isole minori che ha ucciso tre marittimi lo scorso 29 novembre. “Perché la nave batteva ancora bandiera cipriota nonostante fosse stata già acquisita dalla Siremar prima ancora che dalla Caronte & Tourist? Un servizio di trasporto pubblico (Porto Empedocle – Lampedusa, ndr) sovvenzionato dallo Stato Italiano e dalla Regione Siciliana, può essere svolto con una nave battente bandiera di "comodo"”? Questi gli interrogativi sollevati dall’assessore di Messina alle politiche del mare, Sebastiano Pino, ex comandante di traghetti per le Ferrovie dello Stato. Pino ha istituito un tavolo tecnico con i sindacati dei lavoratori marittimi per la sicurezza sul lavoro immediatamente dopo i funerali delle vittime. Un quesito ora al vaglio degli inquirenti: “Abbiamo messo in campo le migliori forze di polizia giudiziaria specializzate – ha detto Giovannella Scaminaci, procuratore aggiunto di Messina - e i più accreditati consulenti per verificare protocolli e misure di sicurezza, atteso che la materia è estremamente complessa. Ovviamente la valutazione dei profili giuridici relativi all’individuazione delle norme da applicare e alla loro concreta applicazione anche alla luce dei principi del diritto internazionale è riservata all’autorità giudiziaria cui spetta giurisdizione”.
“Per quel che riguarda il decreto legislativo sull’adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi effettivamente poteva essere aggirato ma non la Solas (safety of life at sea) normativa internazionale recepita da tutti gli stati membri Onu”, prova a fare chiarezza Giorgio Blandina, consulente di parte di Emanuela Natoli, moglie di Gaetano D’Ambra, il secondo ufficiale di Lipari morto a soli 29 anni, e dei familiari di Santo Parisi anche lui deceduto sulla Sansovino. Blandina dopo i primi rilievi sulla nave il 6 dicembre, accertamenti irripetibili, ha scritto una lettera di protesta alla procura di Messina perché ai consulenti di parte non è stato permesso per motivi di sicurezza di accedere alla sentina, ovvero al luogo in cui sono morti, la parte altrimenti detta garage dove hanno respirato il gas letale: “Per motivi di sicurezza ci è stato impedito di accedere però all’interno del garage si trovavano almeno una ventina di persone. Era mio interesse verificare quali metodi fossero applicati per i rilievi, se metodi obsoleti per esempio”. È stato possibile per i consulenti di parte accedere alla sentina ieri mattina, sulla nave si è proceduto infatti al prelievo di campioni acquosi nelle cisterne del garage della nave dalle 9,30 in poi.
Procedono infatti a tamburo battente le indagini della procura. Ma secondo Blandina i prelievi potranno “dire ben poco, anzi quel che già sappiamo dall’autopsia, ovvero che hanno respirato idrogeno solforico superiore a mille parti per un milione: un solo respiro”. È bastato così poco per uccidere Gaetano D’Ambra, Santo Parisi e Cristian Micalizzi. Di cosa sono morti, è ormai chiaro. Quel che resta da chiarire sono le responsabilità. La procura di Messina ha infatti iscritto nel registro degli indagati cinque persone più la compagnia di Messina. Ma le responsabilità potrebbero essere anche più ampie, la Capitaneria per esempio è parte attiva nel protocollo di sicurezza delle navi: “Certamente la Capitaneria deve rilasciare un certificato gas free – continua Blandina – è stato fatto? Nella lista dei lavori da effettuare sulla nave era inserito anche l’ingresso in sentina? L’armatore era informato? Sarà tutto più chiaro quando avremo a disposizione i documenti, posto che prima ancora sarebbe necessario aver chiaro se la segreteria dove vengono conservati tutti i certificati sia stata subito sigillata dagli inquirenti o perlomeno messa sotto sequestro. Non sono che ipotesi ma deve essere chiaro se quella stanza subito dopo l’incidente era di libero accesso, così da poter guardare i documenti con serenità nel momento in cui ci saranno finalmente
sottoposti”, conclude il consulente che sull’argomento Sansovino lunedì terrà una conferenza stampa a Napoli, sede centrale del Cosmar, comitato per la salvaguardia della dignità professionale dei marittimi. Intanto per la procura la priorità “è la bonifica della nave, al momento piena di gas nocivi”, ha spiegato Scaminaci: “Una bonifica che necessariamente verrà fatta appena individueremo una ditta specializzata”
“Per quel che riguarda il decreto legislativo sull’adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi effettivamente poteva essere aggirato ma non la Solas (safety of life at sea) normativa internazionale recepita da tutti gli stati membri Onu”, prova a fare chiarezza Giorgio Blandina, consulente di parte di Emanuela Natoli, moglie di Gaetano D’Ambra, il secondo ufficiale di Lipari morto a soli 29 anni, e dei familiari di Santo Parisi anche lui deceduto sulla Sansovino. Blandina dopo i primi rilievi sulla nave il 6 dicembre, accertamenti irripetibili, ha scritto una lettera di protesta alla procura di Messina perché ai consulenti di parte non è stato permesso per motivi di sicurezza di accedere alla sentina, ovvero al luogo in cui sono morti, la parte altrimenti detta garage dove hanno respirato il gas letale: “Per motivi di sicurezza ci è stato impedito di accedere però all’interno del garage si trovavano almeno una ventina di persone. Era mio interesse verificare quali metodi fossero applicati per i rilievi, se metodi obsoleti per esempio”. È stato possibile per i consulenti di parte accedere alla sentina ieri mattina, sulla nave si è proceduto infatti al prelievo di campioni acquosi nelle cisterne del garage della nave dalle 9,30 in poi.
Procedono infatti a tamburo battente le indagini della procura. Ma secondo Blandina i prelievi potranno “dire ben poco, anzi quel che già sappiamo dall’autopsia, ovvero che hanno respirato idrogeno solforico superiore a mille parti per un milione: un solo respiro”. È bastato così poco per uccidere Gaetano D’Ambra, Santo Parisi e Cristian Micalizzi. Di cosa sono morti, è ormai chiaro. Quel che resta da chiarire sono le responsabilità. La procura di Messina ha infatti iscritto nel registro degli indagati cinque persone più la compagnia di Messina. Ma le responsabilità potrebbero essere anche più ampie, la Capitaneria per esempio è parte attiva nel protocollo di sicurezza delle navi: “Certamente la Capitaneria deve rilasciare un certificato gas free – continua Blandina – è stato fatto? Nella lista dei lavori da effettuare sulla nave era inserito anche l’ingresso in sentina? L’armatore era informato? Sarà tutto più chiaro quando avremo a disposizione i documenti, posto che prima ancora sarebbe necessario aver chiaro se la segreteria dove vengono conservati tutti i certificati sia stata subito sigillata dagli inquirenti o perlomeno messa sotto sequestro. Non sono che ipotesi ma deve essere chiaro se quella stanza subito dopo l’incidente era di libero accesso, così da poter guardare i documenti con serenità nel momento in cui ci saranno finalmente
sottoposti”, conclude il consulente che sull’argomento Sansovino lunedì terrà una conferenza stampa a Napoli, sede centrale del Cosmar, comitato per la salvaguardia della dignità professionale dei marittimi. Intanto per la procura la priorità “è la bonifica della nave, al momento piena di gas nocivi”, ha spiegato Scaminaci: “Una bonifica che necessariamente verrà fatta appena individueremo una ditta specializzata”
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