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giovedì 12 gennaio 2017

I vulcani che “dormono” devono essere studiati ancora di più (dal sito dell'Ingv)

Comprendere i processi che avvengono all’interno dei vulcani quiescenti che presentano evidenze di ‘risveglio’, come i Campi Flegrei, al fine di intensificare ulteriormente le attività di sorveglianza e di ricerca scientifica nel settore. È quanto si prefigge lo studio di un team di ricercatori italiani e francesi, coordinato dall’INGV. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Communications
Evidenziata, per la prima volta, l’esistenza di una soglia di pressione durante il processo di ascesa del magma nella crosta, raggiunta la quale, un “risveglio” (unrest) vulcanico potrebbe evolvere verso una condizione “critica”. 
A dimostrarlo la ricerca Magmas near the critical degassing pressure drive volcanic unrest toward a critical state (http://www.nature.com/articles/ncomms13712), condotta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)-Sezioni di Bologna, Napoli e Palermo, delle Università di Palermo e Roma Tre, e dell’Université de Savoie. 
I risultati del lavoro sono stati pubblicati su Nature Communications (Nature Publishing Group). “Obiettivo dello studio”, spiega Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca INGV e coordinatore del lavoro, “è comprendere i processi che avvengono all’interno dei vulcani quiescenti che, presentando evidenze di unrest vulcanico, potrebbero evolvere verso una eruzione, come nella caldera dei Campi Flegrei (il termine caldera si riferisce a quei vulcani la cui struttura è dominata da depressioni subcircolari dovute allo sprofondamento del terreno a seguito di grandi eruzioni)”. La risalita dal profondo di magma è una delle cause degli unrest vulcanici. Risalendo verso la superficie, il magma perde pressione e rilascia parte delle specie volatili o gassose, disciolte nel fuso. Da qui l’idea di caratterizzare i meccanismi di rilascio delle specie volatili magmatiche principali, acqua e anidride carbonica, durante il processo di depressurizzazione. “In particolare, nel lavoro viene dimostrata per la prima volta l’esistenza di un valore critico di pressione attorno al quale per ogni tipo di magma, aumenta notevolmente (di oltre un ordine di grandezza) la quantità totale di fluidi rilasciati. Raggiunte queste condizioni critiche, il magma rilascia notevoli quantità di acqua, in stato di vapore ad alta temperatura, che sono iniettate nelle rocce interposte fra il magma e la superficie. Le rocce, riscaldate dalle grandi quantità di vapore, si indeboliscono, perdendo la loro resistenza meccanica, determinando un’accelerazione dell’unrest verso condizioni critiche. D’altro canto, la perdita di acqua rende il magma più viscoso e ne rallenta la risalita, anche fino a farlo arrestare. La successiva evoluzione del processo è governata dal prevalere dell’indebolimento della copertura, che favorisce l’evoluzione verso l’eruzione del vulcano o, viceversa, dall’aumento della viscosità del magma che può portare all’esaurimento dell’unrest”, prosegue Chiodini. I Campi Flegrei, un vulcano attivo nell’area napoletana, sono in uno stato di unrest da decenni e i bradisismi che si sono ripetuti nell’area dagli anni ‘50 dell’ultimo secolo ne sono la testimonianza più evidente. Dal 2005, i Campi Flegrei sono nuovamente in sollevamento, fatto che ha portato nel 2012 a decretare una variazione dello stato di attività, da verde (‘quiete’) a giallo (‘attenzione scientifica’). In questo periodo, sono stati rilevati segni di depressurizzazione del magma e, più recentemente, di riscaldamento. “Il possibile avvicinarsi del magma alle condizioni di ‘pressione critica’, afferma Chiodini, “può spiegare l’attuale accelerazione delle deformazioni, il recente aumento nel numero di terremoti e l’aumento delle specie gassose più sensibili a incrementi di temperatura nelle fumarole della Solfatara di Pozzuoli, una delle aree più attive della caldera Flegrea”.
“Vista la complessità dei processi vulcanici in atto”, conclude il ricercatore, “soltanto un’attenta analisi e interpretazione delle future variazioni dei segnali fisici e chimici monitorati sul vulcano e una ulteriore intensificazione delle attività di ricerca, da realizzarsi attraverso nuove progettualità dedicate ai Campi Flegrei, potrebbero permettere di stabilire la possibile evoluzione futura dell’unrest vulcanico”.

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