Chiunque si siederà sulla poltrona di assessore al bilancio dopo le elezioni di domenica, dovrà misurare il titanico sforzo che lo aspetta a partire da un numero. Enorme. Sono i 5 miliardi e 896 milioni di rosso con cui la Regione ha chiuso il 2016, che hanno spinto la Corte dei conti a un passo da un’inedita bocciatura del bilancio.
Il visto della Corte dei conti
Alla fine il bollo della magistratura contabile è arrivato, anche per evitare di infiammare la vigilia pre-elettorale con il primo stop a un bilancio regionale da quando il governo Monti ha introdotto la «parifica». Ma la maggioranza delle coperture resta quantomeno incerta: 2,6 miliardi dal fondo anticipazioni di liquidità (un prestito per finanziare un deficit), e altri due miliardi abbondanti dal recupero degli arretrati (i «residui»). In pratica, Palermo prevede fra quest’anno e il prossimo di realizzare un saldo positivo di due miliardi dalla differenza fra gli incassi e pagamenti relativi a queste vecchie partite: una prospettiva parecchio ottimista, dopo che nel 2016 sono stati incassati 411 dei 1.564 milioni riportati dagli esercizi precedenti. Non solo, ma come spiega la Procura della Corte dei Conti, l’eccedenza, o avanzo, effettivamente realizzato nel corso del 2016 si attesta quindi a soli 357 milioni di euro, invece dei 1.120 milioni previsti, con una differenza negativa di 763 milioni di euro. «Alla luce di quanto precede - scrive il procuratore regionale -, è verosimile che anche nel 2017 e 2018 non si realizzi l’avanzo previsto e, pertanto, la copertura del disavanzo di amministrazione per questa quota parte risulti incerta». Ed è proprio la partita dei residui a sollevare dubbi sulle effettive coperture.
I residui
Dopo l’ingente pulizia degli anni passati, la massa dei residui attivi reimputati è di quasi 2 miliardi, un importo tale da far sorgere, continua la Procura, serie perplessità sia sulla reale esigibilità sia sull’esito della riscossione effettiva. Basti un dato. Tra residui attivi reimputati e quelli di nuova formazione nel 2016 la quota delle entrate “vecchie” non ancora riscosse è ora di 4,2 miliardi. Se anche si riscuotesse la metà di queste entrate scritte sulla carta mancherebbero al bilancio reale delle entrate oltre 2 miliardi.
Tutto questo accade in un’isola in cui lo Statuto speciale trasforma la Regione nel Sole del sistema copernicano della pletorica Pa siciliana. L’affanno dei conti regionali ha finora messo nel cassetto la costruzione del fondo (obbligatorio) per coprire le perdite delle partecipate, dove lavorano oltre 7mila persone reclutate spesso senza un abbozzo di procedura pubblica (obbligatoria anch’essa). E dai finanziamenti regionali dipende una parte importante della vita dei Comuni: ma i fondi non arrivano, e i conti non si chiudono.
La situazione dei Comuni
A inizio ottobre in metà dei 391 Comuni siciliani mancava ancora il preventivo di quest’anno (la scadenza era il 30 marzo), e ancora più numerosi sono gli enti in cui non è stato approvato il consuntivo dell’anno scorso: con effetti a catena, perché l’assenza del rendiconto blocca anche i fondi nazionali. La macchina dei trasferimenti è ancora inceppata, e giusto lunedì, in extremis, sono arrivati i fondi per gli stipendi dei precari. Delle Province, poi, non è nemmeno il caso di parlare: abolite su carta nel 2013, un anno prima della riforma Delrio, hanno prodotto un ibrido istituzionale che secondo l’ultimo progetto di legge regionale avrebbe riportato in vita elezioni e indennità. Dopo l’impugnazione del governo, se ne occuperà la Corte costituzionale.
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