12 agosto 2001
Il naufragio del
catamarano “Alexa”
La notte del
12 agosto 2001 il catamarano Alexa della Snav (con 9 componenti d'equipaggio) va
a sbattere contro gli scogli delle Formiche, la secca rocciosa a circa un
miglio al largo di Panarea. Il catamarano si inclinò cominciando a imbarcare
acqua. E’ stata la notte del terrore. Una notte sferzata dalle raffiche del
maestrale e dalle grida di bambini insaccati nei giubbotti, lanciati dai
genitori sulle scialuppe di salvataggio mentre il gigante del mare costruito
nel 1997, si inclinava sulle «Formiche». Inzuppati e terrorizzati, a gruppi, i
naufraghi dopo un' ora in balia delle onde erano stati soccorsi da pescherecci,
motovedette e aliscafi, raggiungendo la banchina di Panarea. Ma nessuno di loro
dimenticherà l'angoscia per il catamarano che sobbalza come un camion in
autostrada, quasi inarcando la prua per poi abbattersi su una fiancata facendo
rotolare passeggeri e bagagli mentre le luci si spegnevano di botto e un fumo
acre s' impastava con l'acqua che s' infiltrava. Due donne, una venticinquenne
di Roma, ed una trent’enne di Napoli, rimasero ferite cadendo a seguito del
contraccolpo e riportando rispettivamente un taglio alla testa e un trauma
cranico. I 164 passeggeri a bordo del catamarano "Alexa", che
effettuava il servizio da Napoli alle Eolie, furono presi a bordo da due
aliscafi della stessa Snav, "Fast Blue" e "Alcione" e condotti
nelle isole di destinazione.
Secondo uno dei
passeggeri, il personale della "Snav" non aveva fornito sufficiente aiuto
durante l'incidente. "Abbiamo
sentito una serie di urti – raccontava l'uomo - e subito dopo le luci si sono spente e il catamarano si è inclinato sul
lato destro. Molte persone, credo che a bordo fossimo più di 150, si sono fatte
prendere dal panico. C'è stato chi voleva buttarsi in acqua, me nessuno
dell'equipaggio è venuto a dare spiegazioni, nè si è visto il capitano. Solo
dopo una mezz'ora ci è stato detto di non preoccuparci. Tutti quanti abbiamo
indossato il giubbotto salvagente e siamo scesi a prua. Alcuni gommoni privati
sono arrivati quasi subito e sono state imbarcate per prime le donne e i più
piccoli. Dopo circa mezz'ora il personale di bordo ha gettato in mare piccole
imbarcazioni autogonfiabili. Io ho lasciato il catamarano tra gli ultimi,
mentre già imbarcava acqua".
Molte le
dichiarazioni dei passeggeri: «Mezz’ora
senza che nessuno dell' equipaggio spiegasse cosa stava accadendo». Altri
si scagliavano contro il comandante: «E'
stato il primo ad andare via scivolando su un peschereccio. Equipaggio
impreparato, a parte due marinai che si prodigavano come potevano».
Disagi c'erano
già stati al momento della partenza. Sin dalle 14.30 si era capito che il
viaggio di Alexa, da Napoli alle Eolie, era iniziato male. Salvato in orario il
catamarano era dovuto tornare al porto per liberare l'idrojet da un sacchetto
di plastica che ne riduceva la poteva compromettendone anche la sicurezza. Così
erano trascorse altre due ore di «fermo tecnico»: alle 16.30 lo scafo aveva
ripreso il mare ma era dovuto tornare di nuovo a Napoli per imbarcare due
passeggeri ritardatari, che il tam-tam incontrollabile dei passeggeri individua
come due Vip diretti a Panarea. Finalmente in mare, vicino Stromboli Alexa si
imbatteva in un gommone in difficoltà e, nonostante i ritardi già accumulati,
non si sottraeva alla solidarietà di mare. Risultato: alla fine un ritardo di
oltre sei ore che portava il catamarano alle Eolie con il sole tramontato da un
pezzo. Il buio, il vento forte di nord-ovest, lo scarroccio delle onde, e, forse,
il numero consistente di imbarcazioni Vip in rada a Panarea che hanno reso più
difficoltosa l'uscita dal molto di San Pietro, hanno condotto Alexa a
concludere il suo viaggio sugli scogli delle Formiche.
I passeggeri
della motonave, al momento della partenza da Napoli, erano 260, di cui un
centinaio erano sbarcati tra Stromboli e Panarea.
***
Per far luce
sull'accaduto venne avviata, dall'Ufficio circondariale marittimo di Lipari,
un'inchiesta amministrativa affidata al tenente di vascello Alberto Sottarel,
che doveva accertare eventuali responsabilità nel naufragio. Sul banco degli imputati, il
comandante, Natalino Pontecorvo, 36 anni, a sua difesa dichiarava: «In mare c' erano centinaia di yacth e mentre
il catamarano si incrinava, eravamo impegnati a sganciare le scialuppe e i
canotti autogonfiabili proprio per salvare i passeggeri...».
All'ipotesi
dell'errore umano nella manovra si affiancava così quella del mare troppo
affollato in una notte da lupi.
Ecco cosa
dichiarava il magistrato Olindo: «Le
Eolie sono un Far West. Ognuno si muove come vuole, anche ostacolando con
yacth, gommoni e velieri aliscafi e traghetti di linea». «Stavolta sembra che non ci siano reati. Né
ritardi nei soccorsi, nonostante le proteste dei passeggeri. Prevale l'ipotesi
di un errore del comandate costretto a muoversi nella notte con mare forte e ad
allargare la rotta a ridosso dell' area in quel momento coperta dal vento,
zeppa di barche raccolte in zona per ripararsi dal maestrale».
Nessuno ha
colpa? «Forse non in questo caso, date le
condizioni meteo. Ma sono troppi gli yacth che non ormeggiano a 250 metri dalla
costa, che ignorano i divieti, che si muovono e attraccano ovunque, senza
regole come in un Far West. Mi stupisco che non ci siano incidenti tutti i
giorni». La soluzione? «L'acqua
calda: molta, molta più sorveglianza. E meno arroganza da chi guida queste
mega-imbarcazioni credendosi Padreterno. E' anche un problema psicologico:
abituati a comandare nella vita, si muovono come i padroni del mare...».
Sull'incidente
all'aliscafo «Alexa» la società armatrice Snav emise un comunicato in cui
riferiva che esso era stato determinato dal forte vento e dal moto ondoso che
si andava intensificando alle Eolie. «Prontamente - recitava la nota -
l'equipaggio metteva al sicuro i passeggeri presenti a bordo che sono stati
successivamente accompagnati alle loro destinazioni da altra unità». Tra essi
«non si registra alcun ferito e tutti i bagagli sono stati recuperati grazie
all'efficienza del comandante e la grande professionalità di tutto
l'equipaggio, nonché al pronto intervento delle altre unità sociali. In
giornata il catramarano sarà disincagliato e trasferito in porto per gli
accertamenti del caso».
A distanza di due
settimane, ancora incagliato sulle formiche, il destino dell’Alexa era segnato:
“Irrecuperabile”. Il catamarano era talmente
danneggiato che ripararlo significava spendere più del suo valore. Lo diceva lo
squarcio su una fiancata dello scafo lungo dodici metri ed il motore gravemente
compromesso. L’ammontare dei danni superava il miliardo.
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