Ieri mattina alle undici, seduta tra il direttore Rosario Vilardo e l’archeologa Maria Clara Martinelli nella sala didattica del Museo, la signora Cavalier ha raccontato del suo arrivo a Lipari a ventidue anni, al seguito della spedizione archeologica dell’istituto Italiano di Studi Liguri, diretto da Nino Lamboglia, che iniziava le ricerche a Tindari, delle prime scoperte nell’arcipelago, delle ragioni che l’hanno convinta a scavare, a catalogare, a rimanere tra le sette isole per più di cinquant’anni.
“Sin dall’inizio - ha detto - il patto con la mia famiglia era che tornassi in Francia una volta l’anno. Al momento della vendemmia. Vengo da una famiglia di “vigneron”".
Davanti a lei un pubblico di una cinquantina di persone ascoltava attento, rapito, le storie di una solidissima signora di novantadue anni. Lipari nei suoi ricordi diventa un luogo meraviglioso, fatto di persone solidali ed entusiaste.
“Non avremmo potuto fare nulla senza l’aiuto e la collaborazione stretta degli abitanti” ha detto Madeleine Cavalier, che, con Luigi Bernabò Brea, decise di intitolare alcuni dei ritrovamenti agli operai che li aiutavano durante gli scavi sul castello. Ecco allora, la “Capanna Bartolo”, “la Capanna Tatai” e così via.
Quando può Madeleine torna a Lipari accompagnata dai suoi nipoti: era venuta nel 2019 in occasione del suo novantesimo compleanno, festeggiato sull’isola insieme alla “sua” gente, ai ragazzi delle scuole e a grandi nomi dell’archeologia mondiale e poi nel 2020 per raccogliere l’omaggio degli studiosi che hanno curato un volume di studi a lei dedicato: A Madeleine Cavalier, Centre Jean Berard, Napoli 2020.
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