Al signor Presidente del Consiglio Comunale di Lipari
e p.c.
Al signor Sindaco del Comune di Lipari
LL.RR.
Oggetto: Dieci Idee per il Museo e Parco Geominerario della Pomice
Signor Presidente,
come anticipato nella mia precedente nota negli ultimi dieci anni ho partecipato, su invito sia dell'Amministrazione sia del Consiglio Comunale a numerosi tavoli tecnici rivolti alla formulazione di piani e progetti legati alla creazione del Parco Geo-Minerario della Pomice di Lipari.
Con l'odierna nota Le invio delle mie proposte, alcune già agli atti dell'amministrazione, ed altre frutto di nuove riflessioni.
Uno – La Messa in Sicurezza delle cave:
La messa in sicurezza delle aree di Cava di Porticello ed Acquacalda è della massima urgenza alla luce delle note vicende legate all’instabilità del versante sottostrada lungo la provinciale Canneto Acquacalda a seguito dell’erosione dovuta al dilavamento delle piogge invernali. Soltanto con la messa in sicurezza della cava (a monte della strada provinciale) e della stabilizzazione delle scarpate (a valle della strada provinciale) lungo il versante dall’ex stabilimento La Cava e sino al torrente Porticello,consentirà di poter togliere qualsiasi pericolo e rischio per la pubblica e privata incolumità dei cittadini che transitano lungo tale importante arteria stradale.
Con la sistemazione ambientale le suddette aree, potranno essere fruite non soltanto per la loro valenza naturalistica e paesistica, me anche in un contesto turistico-culturale.
Due – La realizzazione di un Teatro nell'ex Cava : L'idea nasce dall'esperienza del “Festival delle Eolie” nato nella seconda parte degli anni Ottanta del secolo scorso. Nell'anfiteatro naturale delle cave si sono svolti concerti di Giuseppe Arena con i suoi ballerini; un defilé di moda con decine di modelle firmate da Trussardi presentato da Milly Carlucci; eventi come la notte di San Lorenzo celebrata all'insegna dello spettacolo nella scenografia fantastica delle cave, con la presenza di due ospiti d'eccezione: Katia Ricciarelli e Pippo Baudo. Lo spettacolo più entusiasmante, tuttavia, è stato il concerto di Lucio Dalla. Tutto il versante bianco dell'isola era illuminato da fiaccole che accompagnavano gli spettatori fino al grande basamento incavato nella montagna. Tanto era la luce che dal mare si potevano distinguere le barche che, partendo dalle altre isole, a poco a poco raggiungevano il porticciolo di Lipari e lì sostavano, attirate dal concerto e dall'estasi di uno spettacolo irripetibile.
Massima attenzione va posta alla viabilità pedonale di accesso al Teatro, con punti di sosta, panchine, cestini porta rifiuti, etc. Particolare attenzione va posta per le aree destinate al parcheggio ed ai servizi di interesse comune.
Tre – La Bonifica di Punta Castagna: L'idea è quella di realizzare un parco urbano e un'area di forte valenza panoramica sul promontorio sede dell'ultima colata lavica dell'isola di Lipari. La parte superiore della colata lavica di Rocche Rosse, è ancora oggi caratterizzata dalla presenza di una ricca macchia mediterranea, per contro il promontorio è stato utilizzato, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, prima quale deposito di materiale pomicifero e successivamente di discarica per rifiuti solidi urbani progressivamente inceneriti e ricoperti sempre con la pomice. “Liberare” dalla pomice il promontorio di Punta Castagna consentirà la rimozione dei rifiuti non mineralizzati e la successiva bonifica del sito per la realizzazione di un parco verde extra urbano che dia la possibilità ai visitatori di poter usufruire di servizi di tipo sportivo, ludico e ricreativo. I materiale rimossi potranno essere riutilizzati nell'opera di sistemazione e messa in sicurezza di cui al punto Uno e Due.
Quattro – Il centro visita di Porticello: Sino al momento della chiusura la lavorazione della pomice si realizzava in un impianto industriale all’avanguardia tecnologica, localizzato a Porticello.
Nel medesimo complesso sono, ancora conservate parti rilevanti del vecchio impianto, con indiscutibile valore di archeologia industriale. L'idea è quella di rendere fruibili al pubblico tali strutture in condizioni di assoluta sicurezza. L'idea è quella di realizzare all’interno dell’impianto esistente un centro visita, una porta ideale, per orientare la visita nel Parco.
Il predetto Centro Visita dovrà essere progettato in modo che sia possibile ai visitatori rendersi conto dei procedimenti di lavorazione della pomice nel tempo, attraverso percorsi guidati, realizzati sia all’interno dello stabilimento e sia nelle aree esterne oggetto dell’attività di escavazione (vedi successivo punto Cinque); si dovrà prevedere un bookshop; strutture per servizi ai visitatori (punti bar) la biglietteria ed un Info point multilingua (attenzione va posta ai turisti figli e/o discendenti degli operai della pomice emigrati in Australia e nelle altre parti del mondo).
Cinque – I percorsi della lavorazione: L’attività di estrazione della pietra pomice ha conosciuto diverse fasi, legate soprattutto alla tipologia dei prodotti da esportare. La coltivazione del giacimenti pomicei dopo la Legge 10 del 1908 è sempre stata disciplinata dalle leggi di polizia mineraria e dai relativi regolamenti. Soprattutto nel corso del ‘900 un Direttore tecnico Minerario del Comune collaborava col Distretto Minerario di Caltanissetta, e successivamente di Catania, per l'osservanza delle norme relative affinché il lavoro si svolgesse con la maggiore sicurezza possibile per gli operai.
La lavorazione in Galleria - Nel corso del 1700 e 1800 lo sfruttamento dei giacimenti pomiciferi era limitato alla produzione della pomice in pezzi con la coltivazione in galleria.
Una descrizione tecnica delle attività minerarie la troviamo in un allegato alla Delibera del Consiglio Comunale dell’8 settembre 1883, in una relazione dell’ingegnere Bartolomeo D’Arrigo redatta il 7 agosto dello stesso anno. "Il giorno 5 agosto corrente anno alle ore 5 p.m. io sottoscritto mi sono recato nella contrada Rocche Rosse e propriamente nella parte chiamata Serro, ad esaminare lo stato delle cose intorno a due cave di pietra pomice per le quali l’avv. Sig. Natoli domanda, come leso nei suoi diritti di proprietà, risarcimento di danni ed interessi. Dai rilievi fatti e dalle informazioni assunte risulta quanto segue: la parte della contrada Rocche Rosse, chiamata Serro è la cresta d’una montagna linea di displuvio tra le facce di Mezzogiorno e di Tramontana della stessa, delle quali la prima scende con dolce pendio e si prolunga insino al mare, e la seconda di ripidissima e rotta, spesso s’eleva a pieno sulla pianura sottostante di rocche rosse. Ora le due cave in parola hanno le bocche nella faccia di mezzogiorno e s’interrano quasi parallelamente nelle viscere della terra ed il loro asse taglia quasi ad angolo retto la linea di displuvio della montagna. Una di queste bocche, quella più a ponente dell’altra, si apre alla distanza di circa m. 60 della cresta del monte, e la cava s’interna in uso per la profondità di m. 31 e per la lunghezza di mt. 79 a partire dalla linea del livello della bocca. La lunghezza di questa cava oltrepassa la linea di displuvio per m. 12 circa, ed il suo estremo si trova alla distanza approssimata di m. 10 dalla faccia di Tramontana del monte. L’altra cava ha la bocca alla distanza di mt. 15 dalla linea di displuvio e scende sino alla profondità di m. 31 correndo quasi ad angolo retto con questa linea per una lunghezza di circa m. 50 e quindi si piega da Levante a Ponente quasi avanzandosi parallelamente ad essa. Questa cava oltrepassa la linea di displuvio per la lunghezza di circa m. 7. Stando cosi le cose si conclude:
1 - il signor Natoli ha il diritto di domandare il risarcimento d’interessi solo quando dimostri che quella specie di dente di [rega] che forma la montagna a partire dalla linea di displuvio insieme al margine del burrone soprastante alla sua proprietà, sia di suo assoluto dominio, poiché è nel mezzo di questo dente che arrivano gli scavi fatti.
2 – Visto lo stato delle cose, cioè la profondità dello scavo, la sua lunghezza e ampiezza e la sua distanza dalla faccia di tramontana del monte, non può aversi paura, a causa di esso, di possibili franamenti di terreno, e quindi non si può chiedere risarcimenti di possibili danni.
La coltivazione in galleria era condotta normalmente da tre/cinque operai detti "cavaioli", o più volgarmente "pomiciari" che lavoravano in conto proprio per poi rivendere alle diverse figure di commercianti (più volte citati nei contratti di concessione, speculatori, senzali, negozianti) la pomice grezza cavata. Le gallerie, comunemente chiamate grotte, si spingevano verso l'interno in linea retta e discendente; la profondità di esse - misurata in scalini - variava da zona a zona. Le galleria più profonde arrivavano anche a 300 metri prima di raggiungere lo strato di terreno ricco di pomice in pezzi che, a sua volta, era preceduto da stratificazioni alterne di elementi terrosi scuri (gerbo o gierbo) di lapillo e di detriti. La pomice in pezzi così estratta si suddivideva, a seconda dei periodi storici in varie voci qualitative.
L'ultima grotta di cui sono a conoscenza è stata dismessa nel corso degli anni Settanta del secolo scorso.
La coltivazione a “taglia” - La coltivazione a taglia tradizionale è stata eseguita, a cielo aperto, sino agli anni sessanta del Novecento con sistemi manuali da operai, detti tagliaioli, questi operavano generalmente sotto le direttive di un capo taglia che aveva una spiccata competenza tecnica in materia. Il lavoro di tali operai, riuniti in ciurma consisteva nello sfaldare la montagna con l'ausilio di utensili a mano (picozza). Infatti data la scarsa durezza della roccia non si faceva uso né di mine né di mezzi meccanici di perforazione perché bastava una semplice picozza per strappare alla montagna ingenti quantitativi di materiale. La coltivazione era effettuata dal basso verso l'alto ed il materiale veniva avviato ai sottostanti stabilimenti sfruttando la naturale pendenza dei giacimenti. Per lo scopo sul fronte di abbattimento la ciurma di operai, per evitare la caduta di quantitativi rilevanti di materiale friabile, procedeva a scalfire la montagna gradatamente tagliandola dal basso con la tecnica del dente e via via salendo dente dietro a dente. Ogni dente (o scalino) alto, spesse volte, fino a quattro metri era indebolito progressivamente praticando alla base quattro buche chiamate cafocchi, indi delicatamente e rapidamente si assottigliano i piedi degli stipiti delle quattro buche. Era a questo punto che la lavorazione, ovvero il taglio, richiedeva perizia ed attenzione da parte dei tagliaioli ma, principalmente, da parte del capo-taglia, poiché soltanto l'occhio acuto di questi sapeva distinguere il momento in cui la fase del
crollo era vicina. Allora tutti si allontanano e ne rimane solo uno sotto la massa di pomice per studiare il punto più debole da colpire col piccone. Indi la massa di pomice pencolava per un attimo, poi crollava, si sgretolava e rotolava verso il basso con moto tumultuoso. Questo genere di lavoro, non potendosi eseguire nei mesi di pioggia e di vento, aveva carattere stagionale.
Il sistema di sfruttamento dei terreni pomicei appena descritto con il taglio dal basso verso l'alto provocò più di un incidente mortale in quanto il tagliaiolo, mal calcolando il tempo occorrentegli per schivare la massa che si staccava dalla montagna sotto i colpi del suo piccone, restava vittima della massa stessa che lo travolgeva inesorabilmente nella sua caduta verso il basso. Proprio questo tipo di rischio provocò verso la fine degli anni ’50 l’emanazione di norme particolari da parte dell’Ente Minerario.
L'uso degli escavatrici a cingoli - che cozzava contro il regolamento della Legge del 1908 che inibiva l'impiego di mezzi meccanici nell'industria della pomice per consentire un più duraturo e razionale sfruttamento dei giacimenti – riuscì ad eliminare il problema della pericolosità presentato dalla lavorazione dal basso, in quanto - al contrario - la lavorazione era invece condotta dall'alto verso il basso. Il passaggio dal sistema tradizionale a quello con scavatori a cingoli fu graduale e per qualche anno, l'Amministrazione Comunale, al fine di ridurre la pericolosità del sistema tradizionale, decise di tollerare la lavorazione dal basso con la tecnica del dente purché l'altezza di questo dente o gradino non fosse superiore ad un metro (come previsto dall’Ente Minerario). Dal fronte di abbattimento, come già detto, il materiale grezzo così ottenuto era convogliato - per caduta naturale - verso il basso dove si apriva una tramoggia (fondo ad imbuto naturale). A fianco di tale tramoggia uno o più operai provvedevano, a mezzo di lunghi spingitoi, al passaggio del materiale pomiceo attraverso una bocca di legno munita di saracinesca, da dove detto materiale cadeva in una angusta sottostante galleria. Dei carrelli decauville, spinti a mano raccoglievano la pomice che era caduta dall'alto per riportarla al sole e scaricarla su di una balza inferiore. Il passaggio tra una balza e l'altra avveniva convogliando il materiale attraverso grossi canaloni a scivolo che avevano in testa una griglia di ferro e, tese in lungo, tele zincate. Pertanto, durante questa caduta, il materiale era sottoposto ad un primo selezionamento che si ripeteva tra una balza e l'altra per cui alla fine, su di un vasto terrazzo - centro collettore e di smistamento - la pomice veniva fuori bel selezionata e suddivisa nelle seguenti qualità: pezzame, granulato e lapillo. Sempre nel corso degli anni ’50, alcune imprese avviarono la progressiva sostituzione dei carrelli decauville, spinti faticosamente a mano, con nastri trasportatori di gomma lungo i quali il materiale pomiceo era trasportato da una balza all'altra scivolando attraverso gli accennati canaloni di selezionamento. Il procedimento era svolto prevalentemente a Campo Bianco, Spiaggia Arena, Porticello, Pietra Liscia.
La coltivazione Moderna - Dagli anni ’70 in poi hanno operano sull’isola di Lipari la Pumex S.p.A. e la Italpomice S.p.A. Nel processo produttivo si applicava il sistema del gradone discendente, dall'altoo verso il basso, per fette suborizzontali, con l'impiego di ruspe cingolate speciali che "rippano" il terreno, o lo spingono con pale gommate nel "tramoggione", in canali a doppia griglia che fanno la prima selezione del materiale. Il vaglio "Morghensen" consente una totale e molteplice vagliatura. I prodotti presentano una gamma ricca e varia, che si può scegliere, giusta le varie esigenze ed impieghi, come dopo vedremo nei diversi campi di applicazione. Sui lunghi pontili in ferro, nastri trasportatori meccanizzati stivano direttamente il materiale sulle navi.
Il processo produttivo moderno - Dal 1970 in poi, si sono avute delle crescenti automatizzazione e meccanizzazione, con successivi ammodernamenti dell'intera struttura ed un progetto di coltivazione, che giunge fino al 2000/2002. Il sistema è quello del gradone discendente; si procede iniziando dal "cappellaccio" - parte superiore gerbosa, (vegetale) - che una volta tolto, lascia una zona piana, su cui la macchina lavora, e
procedendo verso il basso, spinge il materiale che, per la forte pendenza del declivo naturale, cade facilmente verso il sottostante "fornello" (buco a forma di imbuto); a sua volta questo comunica con un tunnel, attraversato all'interno di nastro trasportatore (lungo 40 m., e dotato di un dispositivo di regolazione di portata) che porta il materiale fuori, per le successive elaborazioni. Questo sistema è detto per fette subverticali (o gradone discendente). Per l'avvicinamento del materiale agli impianti si utilizzano nastri a sezioni di 40 m., perché tale è la profondità del gradone discendente.
La lavorazione comprende due linee di produzione molto simili fra loro: quella della linea nera e quella della linea bianca.
Caricamento - Le spedizioni, che sino agli anni ‘70, avvenivano tutte via mare; con l'avvento dei traghetti, partono su camion, via strada, mentre per nave continuano a partire i quantitativi sfusi per l'edilizia, principalmente per l'estero.
Impiego del parco macchine nel ciclo di lavoro - Dal 1970 in poi, si ha nella coltivazione e sfruttamento della pomice una completa meccanizzazione ed un largo impiego del parco macchine nel ciclo di lavorazione. Gli apripista sul terreno provvedono allo sbancamento della pomice ed alla spinta sul ciglione, in modo che il materiale, per caduta, giunga alle tramogge; quando una porzione di collina sarà stata sbancata sino alla fine, cioè sino alla base, le macchine torneranno alla sommità per iniziare un nuovo terrazzo, le tramogge verranno arretrate, i nastri trasportatori allungati ed il ciclo comincerà da capo. E' importante notare la profonda innovazione del sistema di essiccamento, interamente meccanico e quasi privo di polverosità, in rapporto a quello precedente che prevedeva l'impiego di forni piani a lastre di ghisa, con conseguente immissione di grandi quantità di polvere nell'ambiente di lavoro. Anche la classificazione granulometrica ha subito, agli stessi effetti, importanti innovazioni: tutti i buratti, tanto nella parte di vagliatura che in quella di scarico nei sacchi, sono dotati di impianti di aspirazione che convogliano i fumi aspirati in camere di abbattimento per decantazione.
Sei - Il Percorso storico-letterario: L'idea è quella di conciliare un percorso di trekking con i riferimenti letterari relativi al medesimo percorso intrapreso dai viaggiatori del settecento e dell'ottocento. Un itinerario turistico percorribile nella sua ricchezza storica, culturale, ambientale e sociale.
I^ tappa Canneto - "Nella baia, delle navi caricavano la pomice. Le barche andavano e venivano lungo la riva, il mare era ricoperto di piccole pietre galleggianti. Ero sorpreso dall'importanza di quel commercio poiché l'uso di quella materia mi sembrava molto limitato." (Gaston Vuillier).
II^ Tappa Lami - Sopra le montagne su cui siamo addossati c'è una cima dal biancore straordinario. Si tratta di un antico vulcano, di proporzioni colossali, il cui cratere ha una profondità di tre o quattrocento metri. Si scende da lì per arrivare alle cave di pomice che si trovano all'interno del vecchio vulcano. Gli operai che lavorano all'estrazione sono circa 1500: abitano nei villaggi di Canneto e Acquacalda. Provvisto di un cestino, di un piccone e di una lampada di terracotta che ricorda nella forma quella romana, l'operaio esce di casa alle quattro del mattino e arriva, dopo un'ora e mezzo di cammino, all'antico cratere. Là comincia per lui l'ascesa molto faticosa sul pendio. Alla fine raggiunge il capo di grotta, che comanda una squadra che conta dieci o quindici lavoratori. Insieme scendono tre o quattrocento metri sotto terra attraverso un sentiero inclinato. (Gaston Vuillier).
III^ tappa Monte Pilato: Mi recai a vedere una terza montagna, detta Monte Pilato, situata nella parte settentrionale dell'isola; è meno alta delle altre due, ma è molto più difficile arrivare in cima, dove si trova il cratere meglio individuabile di tutta l'isola. Il cratere è di forma ovale, a imbuto e profondo; il bordo è un pò più basso e aperto dalla parte del mare, ed è orientato in modo da far credere che gettasse in mare i materiali eruttati.
Ho l'impressione che questo sia stato l'ultimo vulcano in attività, dal serbatoio magmatico ben distinto da quello dei vulcani del centro, e che
fosse poggiato su materiali assai diversi, visto che i prodotti lanciati dai
vari vulcani sono così dissimili. (Dèodat De Dolomieu)
IV^ Tappa – Monte Chirica Malupassu: [....] A nord il Monte Sant'Angelo si erge una seconda montagna conica un pò meno elevata della prima, ad essa attaccata alla base, di un accecante biancore. Mi recai sulla sua cima, culminante in un pianoro leggermente concavo, traccia evidente di un antico cratere. Questa montagna è formata da pietre pomici e da ceneri molto bianche che le conferiscono l'aspetto di una montagna di gesso. (Dèodat De Dolomieu)
Monte Chirica - Giunti lassù vedemmo un bel bacino perfettamente circolare ed in piano orizzontale, contorniato da un orlo pure liscio, perché formato da pomici, ed elevato pochi metri sul piano orizzontale. Quello era il cratere di Monte Chirica che le acque pluviali riempirono delle stesse sue materie staccate dai fianchi del suo imbuto. (F. Salino).
All'interno dell'area di Monte Chirica Malupassu ricade l'ex discarica dei
r.s.u., dismessa nei primi anni del nuovo secolo. All'interno dell'area ricadono alcuni dei sentieri più utilizzati dagli operai di Quattropani e Pianoconte che nel corso dell'Ottocento raggiungevano le cave di Pietra
Pomice attraverso i sentieri di Monte Chirica, Poggio dei Funghi e Lami.
V^ Tappa Rocche Rosse Punta della Castagna: Al di là di loro sorge una Montagna d'altra indone, chiamata della Castagna, che nella porzione che s'immerge nel mare si estende a un miglio scarso, e nella circonferenza oltrepassa le quattro. Ma chi crederebbe che questa Montagna fosse interamente un prodotto di smalti e di vetri? (Lazzaro Spallanzani)
All'interno di questa idea c'è da progettare il recupero dell’insediamento della fossa delle Rocche Rosse, con tale intervento sarà possibile riutilizzare alcuni dei manufatti esistenti all’interno del cratere, con la finalità di testimonianza della cultura contadina in rapporto al vulcano e soprattutto con le leggende medievali legate alle porte degli Inferi e la vicenda di Sant'Odilone con la commemorazione dei defunti.
VI^ Tappa Campo Bianco: Campo Bianco così chiamato per essere un'alta ed estesa montagna non d'altro formata, che di bianche pomici. Da lungi veduta sembra dalla vetta alle falde coperta di neve. Campo Bianco è una Montagna che quasi a perpendicolo si leva sul mare (Lazzaro Spallanzani)
Campo Bianco: La montagna... era completamente disseminata di rocce
biancastre, dalle quali aveva preso il nome. Non essendo prevenuto e pensando che quelle fossero vere rocce, volli appoggiarmi ad una di esse per aiutarmi nella salita; ma la mia sorpresa fu enorme quando, cedendo alla piccola scossa che gli diedi, il masso dopo aver vacillato per un attimo, comincio a rotolare a valle".(Alexandre Dumas)
VII^ tappa Porticello: Campo Bianco, è un ammasso di pomice che visto da lontano sembra un enorme mucchio di neve. Lunghe colate bianche,
rassomiglianti ad avalanghe, riempiono le gole della montagna, e il più debole movimento, il passo d'un animale o il soffio della brezza bastano per far distaccare dai fianchi scoscesi una pioggia di pietre che piombano tuonando di rupe in rupe fino nei flutti ai piedi del vulcano. Spesso nei
dintorni dell'isola vendosi galleggiare sul mare queste pietre leggiere in sembianza di fiocchi di spuma. (Elisée Reclus)
Sette – Un centro di Talassoterapia: È un’ipotesi tracciata dal P.T.P. (e ripresa dal piano di Gestione del Sito Unesco) di notevole interesse sia scientifico, per il tipo di attrezzature e soluzioni per il benessere, sia tecnico - economico e sociale, per la sua ricaduta sull’intero comprensorio delle Eolie. Occorre avviare delle ricerche per verificare attraverso un’indagine la presenza di energia termica latente nel sottosuolo, derivante dalla presenza delle camere magmatiche delle eruzioni geologicamente recenti (VIII sec. D.C.) ed energia termica manifesta ad Acquacalda e Porticello, anche al fine di realizzare acqua di
mare disponibile per uso sanitario terapeutico. Il centro di Talassoterapia va collocato in uno dei fabbricati dismessi.
Otto - riutilizzo fabbricati dismessi: Nell'area di Capo Rosso – Porticello insistono una serie di edifici industriali abbandonati, collocati sulla fascia costiera ed utilizzati per la lavorazione della pomice. Si tratta di beni culturali etno-antropologici di archeologia industriale da conservare fisicamente ma suscettibili di riutilizzazione ad uso culturale e/o turistico-sportivo.
La sede del parco - In una delle strutture si dovrà collocare la sede del Parco. La struttura si dovrà occupare di:
a) raccogliere, elaborare e diffondere informazioni scientifiche sul patrimonio naturalistico delle Eolie;
monitorare le attività in campo ambientale e relativamente allo sviluppo
sostenibile;
b) Prenotare le visite nelle aree del Parco;
c) Promozione dei percorsi di fruizione tematici e politematici;
d) Organizzare i pacchetti di fruizione turistica (sentieristica, tabellonistica, aree attrezzate);
e) Promozione di attività di tipo educational per scuole e famiglie;
f) Organizzazione di mostre ed eventi;
g) effettuare attività di monitoraggio dello stato di conservazione.
Un centro studi internazionale per la vulcanologia - Nell’ambito del
Parco dovrà essere prevista la creazione di un centro studi internazionale aperto ad esperti e cultori sia delle tematiche geovulcanologiche (es. la formazione geologica del monte Pelato; le diverse tipologie dei materiali eruttati; la loro datazione), sia degli aspetti relativi ad altre branche scientifiche specialistiche (conservazione della flora e della fauna, protezione ambientale etc.) inerenti specificatamente al comprensorio eoliano. Lo stesso centro studi, anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli enti scientifici attualmente operanti nel complesso insulare, potrà organizzare convegni, conferenze e dibattiti a livello nazionale e internazionale, nonché come sede di particolari attività didattiche (per es. scuole di alta eccellenza, scuole di specializzazione in Scienze della Terra).
Un Centro Congressi polifunzionale - Una delle strutture dovrà ospitare diverse sale adibite a congressi e conferenze con annesse sale di riunioni e servizi. Il complesso sarà dotato inoltre di sale di esposizione temporanea.
L'idea è, in questo caso, quella di realizzare, attraverso l’organizzazione di seminari e mostre, una sede di scambi culturali e sociali per la comunità Eoliana e per i numerosi turisti che visiteranno il centro.
I laboratori artistici - In una delle strutture sono da prevedere alcuni laboratori artistici per la lavorazione a carattere artigianale dei sagomati di pomice (produzione di topolini, sagomati di pomice, piccole opere artistiche della pomice a cura di artisti locali). All'interno dell'isola di Lipari ci sono ancora diversi operai che possono trasmettere, attraverso attività didattica, l'antica tradizione della lavorazione dei sagomati di Pomice alle nuove generazioni.
Nove – Il museo della Pomice di Acquacalda: Nello stabile già individuato dalla sovrintendenza di Messina occorre procedere alla creazione del Museo Regionale della Pomice il cui concreto avvio consentirebbe la tutela e la conservazione, garantendone al contempo la pubblica fruizione, di un gran numero di manufatti di cultura materiale e di attrezzature che costituiscono un prezioso patrimonio di archeologia industriale. Il museo adempirebbe così ad uno degli obiettivi principali di qualunque istituzione museale: il mantenimento della memoria storica di un fenomeno culturale attraverso la conservazione degli oggetti e la
ricostruzione dei contesti socio-economici che ne hanno determinato l'uso, creando nuova occupazione qualificata all’interno delle nostre isole.
Sono da ipotizzare alcune sezioni quali:
a) Le immagini;
b) I Video e i documenti sulla Pietra Pomice nell'isola di Lipari;
c) I racconti, i reportage
giornalistici;
d) I documenti storici del Comune di Lipari.
Dieci – Un centro studi internazionale per la biologia Marina: L'idea è quella di un centro studi che sia di supporto alla istituenda Area Marina Protetta delle Isole Eolie attraverso il recupero funzionale ed edilizio dello stabilimento dell'Italpomice. La realizzazione di un centro dove poter concentrare tutte le iniziative necessarie, oggi difficilmente attuabili data la mancanza di una efficace azione di coordinamento dei diversi programmi.
Un centro studi di cui tutti potranno usufruire; scuola, ricerca, industria e le maggiori organizzazioni internazionali (ONU, UNESCO, UNICEF,); un Centro in cui si potranno effettuare convegni, seminari, progetti di ricerca, informazione e cultura sui complessi problemi dell'ambiente marino e dell'ecologia planetaria.
Il centro studi avrà la funzione di promuovere e organizzare sul territorio dell’arcipelago eoliano attività di informazione, formazione ed educazione ambientale. Il Centro potrebbe portare avanti le seguenti attività:
− Meeting annuale sull’educazione ambientale per promuovere idee, scambiare esperienze e costruire networks con il coinvolgimento, oltre che di educatori, di scienziati, di enti gestori, di amministratori pubblici e di ricercatori;
− Realizzazione e diffusione di materiale divulgativo plurilingua;
− Realizzazione di “teacher resources packs”, materiale utile agli insegnanti per promuovere attività pre e post visita alle riserve naturali; − Realizzazione di “campi natura” residenziali rivolti alle scuole e a privati.
L’attività estrattiva della pomice ha rappresentato per quasi due secoli l’economia fondamentale del Comune di Lipari. Il declino, rapidissimo e fulmineo, della centralità del ruolo dell’industria pomicifera è iniziato nel corso degli anni ’70 e si è concluso in meno di un decennio, quando è stato sostituito dal nuovo fenomeno economico: il turismo.
Se la vicenda economica della pomice, quale minerale estratto, è conclusa, non così possiamo dire della “STORIA” della pomice con tutti i suoi risvolti. Il futuro sta nel riuscire a “raccontare” questa storia sul territorio alle nuove generazioni ed alle migliaia di turisti che annualmente visitano le nostre isole. Questo spirito mi ha mosso sin dal 2002 nel proporre alle diverse amministrazioni comunali di Lipari la mia idea di Parco Geominerario richiamato nel rapporto di Missione dell'Unesco del 21-28 marzo 2007. Naturalmente puntualizzo che in questa mia nota io esprimo pensieri ed opinioni a puro titolo personale e non rappresento assolutamente il pensiero e le opinioni di associazioni culturali presenti sul territorio.
Colgo l'occasione per inviarLe Cordiali Saluti.
Lipari, 20 dicembre 2021
Giuseppe La Greca
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