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venerdì 26 settembre 2008

Filicudi, anfore pronte per essere trafugate

Gazzetta del Sud/ Peppe Paino La secca di Capo Graziano non è al sicuro, nonostante il percorso archeologico subacqueo con tanto di custodia, inaugurato in estate dalla Soprintendenza del Mare di Palermo che consente, seppur a fatica ai meno esperti, di distinguere i resti dei relitti adagiati a poco più di 50 metri nel fondale. I reperti sono infatti costantemente nelle mirino dei tombaroli, che potrebbero avere facile accesso. Lo si evince dalla relazione inviata a Palermo dai tecnici che per conto della Soprintendenza hanno effettuato nei giorni scorsi gli ultimi sopralluoghi subacquei e nella quale é stata evidenziata e documentata la chiara alterazione del sito, rispetto ai controlli effettuati nella stessa zona ad agosto. Dall'ulteriore scavo di una fossa di circa tre metri di diametro, segnalata in precedenza, emergono ora a metà e più esposte rispetto al passato sette anfore greco italiche. È stato fortunatamente recuperato prima del sicuro trafugamento, dal relitto Roghi, un piattino in ceramica a vernice nera e come già noto da diversi giorni, nei pressi del relitto F, rispetto al sopralluogo di agosto, è stata riscontrata la presenza di un'altra anfora completamente esposta, all'interno piena di sabbia, e secondo fondati sospetti pronta per una prossima asportazione, probabilmente con un pallone di sollevamento. Sia chiaro un fatto: parte dei reperti più vari, tra anfore, vasetti a vernice nera, vasi acromi facenti parte del carico contenuto dai relitti, fatto in diversi porti, sono stati salvati dal saccheggio e si trovano esposti al museo archeologico Bernabò Brea di Lipari.Ma, evidentemente, c'è ancora molto da salvare e tramandare alle future generazioni, tanto da proteggere dai tentacoli di vere e proprie organizzazioni che oggi, rispetto alle depredazioni del passato, si muovono utilizzando le moderne diavolerie tecnologiche. In un vasto territorio, come quello eoliano, composto da sette isole, alcune delle quali con altri relitti nelle rispettive secche, e che non dispongono di sufficienti controlli, c'è da chiedersi seriamente fino a che punto la battaglia contro i pirati dell'archeologia sottomarina possa essere condotta ad armi pari. Di recente è stato calcolato che una sola anfora al mercato nero viene venduta tra i 2000 e i 2500 euro. Cifre che, visti i resti ancora da portare alla luce, non possono lasciare indifferenti i tombaroli disposti anche, ma questo è il caso dei più sprovveduti, a mettere a repentaglio la loro incolumità fisica. Sulla tutela di questi siti il soprintendente del Mare, prof. Sebastiano Tusa, si è già pronunciato favorevolmente per l'istituzione a Lipari di un nucleo distaccato di controllo per i tesori sommersi. «È l'ora di creare strutture di sorveglianza capillari e abbiamo bisogno che le strutture pubbliche ci vengano incontro in ogni modo, anche con dei decreti legge» ha dichiarato di recente. Ma è un problema di risorse e, soprattutto, di volontà politica.