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lunedì 19 agosto 2013

Eolie segrete, la Sicilia autentica (pubblicato da doveviaggi.it)

Stromboli, Panarea e Filicudi. Ma anche Strombolicchio e Ginostra. Un viaggio nell'arcipelago siciliano, in cerca di angoli segreti e poco battuti dal jet-set. Per una vacanza indimenticabile e all'insegna dell'autenticità
Prendono il nome da Eolo, il dio del vento, perché qui, al largo di Messina, la brezza regna sovrana. Sono aspre e selvagge, talvolta un po’ snob. Eppure, nonostante la sfilza di celeb che le frequentano in estate, mantengono un sapore di autenticità. Lipari, Salina, Vulcano, Alicudi, Filicudi, Panarea, Stromboli. In una parola, Eolie. Amate da sempre dai vip – Roberto Rossellini, Anna Magnani e Massimo Troisi, per citarne alcuni – affascinano anche i turisti meno famosi con le loro baie di sabbia nera, le spiagge bianche di pomice, i paesaggi vulcanici e i boschi di flora mediterranea. Dove ha scovato alcuni indirizzi segreti per un viaggio nell’arcipelago siciliano all’insegna della genuinità.
Stromboli
Stromboli è un’isola ruvida: poca mondanità e comfort, spiagge nere di lava, una manciata di ristoranti di buona cucina siciliana. Merita un salto La Libreria sull’Isola, un luogo surreale, abitato da libri e da gatti, nonché ritrovo dei vacanzieri più intellettuali, che nelle serate estive apprezzano i film all’aperto proiettati nel giardino (via Vittorio Emanuele III). Per la cena vale la pena fermarsi al ristorante Le Terrazze di Eolo, gestito dal cuoco napoletano Oreste Valletta (via Regina Elena 38). La cucina è un buon compromesso tra ricette campane e profumi siciliani, con tanto di vista suStrombolicchio, l’iconico faraglione in mezzo al mare. L’ascesa al cratere è un’impresa memorabile, tra le più intense che il Mediterraneo possa offrire. Si procede in cordata e con le guide vulcanologiche: sei ore circa tra salita e discesa e un’emozione unica da portare a casa. Si arriva a quota 900 metri, alle tre bocche del vulcano (Magmatrek, tel. 090.9865768). Il rito dell’aperitivo si consuma invece a Piscità, tra la Locanda del Barbablù e il nuovo Pardès, un wine bar con orto biologico (. La Locanda del Barbablù è un altro indirizzo fuori catalogo (non è raro incontrarvi il regista Paolo Sorrentino). Il miglior gelato è quello di Lapillo, struttura dallo stile rétro inaugurata nel 2012: granite e gelati sono artigianali e a base di ingredienti tipici come i fichi, i gelsi, le mandorle, il fico d’India; non mancano i gusti classici (via Roma). Prima di ripartire, bisogna comprare la Malvasia di Salvatore Cusolito, contadino eroico, emigrato in Australia e tornato sulla sua isola per produrre la Malvasia come faceva suo nonno, senza aromi artificiali. La si acquista al forno del paese, a pochi passi dalla chiesa.

Ginostra
L’escursione in barca a Ginostra – partendo da Stromboli - è un altro cult: un viaggio a ritroso nel tempo. Si può noleggiare un barchino al porto o alla spiaggia di Fico Grande, con o senza accompagnatore: Ginostra, dall’altra parte del vulcano, è un grappolo di case colorate strette intorno alla chiesa. Si raggiunge solo via mare approdando in quello che fino al 2004 (anno della costruzione del pontile) era chiamato “il pertuso”, il porto più piccolo del mondo. Dieci anni fa sono arrivate anche l’acqua e la corrente elettrica, ma la sensazione di straniamento è ancora forte. Il consiglio è di scendere a terra e salire fino alla piazzetta, aggirarsi nel silenzio quasi irreale del borgo (quaranta abitanti e qualche asino, unico mezzo di trasporto) e sedersi al ristorante L’Incontro, che regala uno dei panorami più belli di tutto l’arcipelago e un tramonto da cartolina. Superba la granita di limone nei pomeriggi assolati d’estate; ottima e semplice la cucina di mare.

Panarea
A mezz’ora di aliscafo da Stromboli, l’isola è il buen retiro del jet set. Evitando gli angoli più frequentati dai vip, però, non è difficile ritagliarsi luoghi tranquilli e lontano dal clamore. La baia di Drautto, sul lato sudoccidentale, è una sorta di isola nell’isola, con la spiaggia di sabbia chiara. Per mangiare la migliore carne dell’isola, l’indirizzo è uno solo, dal 1970: Da Antonio il Macellaio, il ristorante di Antonio Tesoriero, tornato a Panarea dopo venticinque anni in Argentina. In zona porto merita un salto Hycesia, gestito dalla famiglia Nanì dal 1979. I crudi di pesce sono la specialità; degni di nota anche i dolci. Da qualche anno Panarea ha il suo vino: è l’Insolita di Andrea Pedrani, un bianco secco da uve malvasia allevate sull’isola in contrada Ditella, altro luogo defilato e magnifico, per spiriti schivi e meditativi che si rintanano in case da sogno.

Filicudi
La più estrema dell’arcipelago, insieme alla vicina Alicudi, è rude e fascinosa. Enclave di un turismo radical-chic, si svuota in inverno (ci abitano poco più di duecento persone). Da segnare in agenda Villa La Rosa, ristorante e pizzeria, albergo, sala da gioco, emporio e pista da ballo. Si cena, in maniera davvero eccellente: Adelaide è cuoca sensibile, appassionata divulgatrice della cucina filicudara. I suoi piatti celebrano i sapori semplici e schietti di una volta, rigorosamente siciliani: i fagottini di pesce spada nella foglia di limone, i bucatini con le sarde al finocchietto e uvetta passita, e poi il pane fatto in casa e sfornato ogni giorno, le paste di mandorle, la caponata con capperi e i cocunci, le polpette di melanzane, la Malvasia di casa. Il consiglio è di andarci sul finire dell’estate, quando ci si addormenta cullati dalle onde sotto un cielo buio e stellato. E l’isola torna a essere dei filicudari: bella da vivere via mare, ma soprattutto via terra, inerpicandosi tra i tanti sentieri che la percorrono, antiche mulattiere che conducono a villaggi abbandonati, come Zucco Grande o Siccagni, e a panorami da vertigine.

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