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lunedì 1 luglio 2019

Assemblea territoriale idrica al lavoro, ma sono numerosi i nodi da sciogliere. Tra questi il dissalatore di Lipari.

L’Ati (Assemblea territoriale idrica), muove lentamente i suoi primi passi.
L’estate scorsa c’è stata la nomina del Cda, a marzo l’apertura della sede all’interno dell’Amam, ma subito dopo il presidente Liborio Porracciolo è decaduto da sindaco di Mistretta – Comune sciolto per mafia – e di conseguenza anche dal suo incarico all’Ati. Il suo vice, Orlando Russo, sindaco di Castelmola, eletto presidente nel corso dell’ultima assemblea, dovrà avviare adesso il percorso per rendere funzionale l’Ente, dopo un anno servito solo a consolidare l’assetto amministrativo e politico dell’organismo.
Tra i primi obiettivi la stesura del Piano d’ambito, poi l’affidamento della gestione del servizio idrico integrato per l’intera provincia. Stiamo parlando di un territorio complesso di 108 comuni, la maggior marte dei quali al di sotto dei tremila abitanti, che si servono da fonti idriche che si trovano anche nelle provincie di Palermo, Catania ed Enna.
La gestione del servizio potrebbe andare ad Amam e pare che ci siano tutti i presupposti verso questa scelta, ma non sono poche le resistenze che vengono dai territori: un muro di una cinquantina di sindaci che anche durante l’ultima assemblea ha mostrato il proprio dissenso. L’alternativa potrebbe essere una gestione assegnata ai privati dopo l’espletamento di una gara europea, ma i tempi sarebbero molto più lunghi.
“Dopo un’interlocuzione con il Governo regionale – ha detto Orlando Russo – è emerso che non si possono costituire sub-ambiti, quindi l’Ati dovrà gestire 108 Comuni, con situazioni diverse tra loro. Cercherò di condurre tutto in modo da trovare un’intesa indolore ma non sarà facile. Ogni Comune ha proprie necessità che non possono essere tutte rappresentate dall’Ati”.
“Nelle prime riunioni – ha aggiunto – abbiamo deliberato sul mantenimento dell’acqua pubblica. La legge dice che la gestione può andare a una società che gestisce almeno il 25% e l’unica è Amam. Andare alla gara europea significherebbe andare contro quello che l’Assemblea ha votato. Comuni importanti come Barcellona vedono solo svantaggi, anche per alcune esperienze negative del passato, come quelle dell’Ato rifiuti”.
“La mia – ha affermato Orlando – è una posizione scomoda: da un lato devo ragionare da sindaco, dall’altro da presidente Ati”.
I problemi li pongono soprattutto quei territori che hanno raggiunto un’autonomia nell’approvvigionamento, mentre sono per una gestione Amam quegli amministratori che faticano a garantire un servizio essenziale.
“Mongiuffi Melia – ha spiegato ancora Orlando – ha tutte le sorgenti e l’acqua oggi lì si paga quasi zero. Come si farà a spiegare ai cittadini che con l’Ati dovranno pagare dieci volte di più? Dobbiamo però adeguarci alla norma se non vogliamo che arrivi un commissario. Ci sono poi Comuni come Cesarò, Furnari e San Teodoro in un limbo da quando l’Eas non si occupa più della gestione dell’acquedotto, perché non possono prendersene carico, né fare fatturazione e determinare canoni. Bisogna trovare una soluzione nelle more che subentri Amam o un altro gestore”.
“Per questo e altre questioni – ha concluso il presidente dell’Ati – chiederò un incontro con l’assessore all’Energia Alberto Pierobon e il presidente Nello Musumeci. La situazione è complicata e su molte cose credo bisogna andare in deroga alla legge. Le Isole Eolie, che hanno problemi da sempre di approvvigionamento idrico, vedono positivamente una gestione integrata. Sul dissalatore di Lipari però la competenza è regionale quindi per il passaggio all’Ati sarà necessaria una delibera di Giunta con la cessione al nuovo Ente”.
Questa fase di transizione è quindi è destinata a protrarsi, anche se Russo si è definito un decisionista, poco propenso a perdere tempo. Intanto tra i sindaci c’è chi continuerà a dare battaglia, come hanno fatto finora gli amministratori di Tusa, appellandosi alla sentenza 33/2019 del 4 marzo della Corte costituzionale, che stabilisce come i Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti possano “sottrarsi alla gestione associata delle funzioni fondamentali se dimostrano che non realizzano risparmi”.

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